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«Non ho mai cambiato idea. Ecco perché»

Caro direttore, ho apprezzato molto il suo editoriale di venerdì scorso: chiaro, diretto e, soprattutto, mosso da una reale preoccupazione rispetto alle sorti della nostra Calabria. E, tuttavia, su u…

Pubblicato il: 31/08/2014 – 12:46
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Caro direttore, ho apprezzato molto il suo editoriale di venerdì scorso: chiaro, diretto e, soprattutto, mosso da una reale preoccupazione rispetto alle sorti della nostra Calabria. E, tuttavia, su un punto in particolare devo darle torto: partendo dalla sua stessa “universale” premessa, se è sempre vero che solo gli stupidi non cambiano idea, io allora, purtroppo, sono il primo degli stupidi perché per come lei evidenzia non ho mai cambiato idea. E le spiego perché.
In ogni occasione nella quale ho dovuto prendere una decisione ho sempre cercato di agire con coerenza non lasciandomi trasportare eccessivamente nella opportuna mediazione politica. In ciò devo ammettere sono un po’ “impolitico”.
La candidatura di Massimo Canale era frutto di un accordo su una candidatura unitaria, di superamento, come lei stesso scrive, che avrebbe potuto riconsegnare al Partito una compattezza tale da poter partire subito (all’epoca) con un programma di riscatto della Regione dalle mani del fallimentare centrodestra.
Come molti sottoscrittori di quella candidatura le possono confermare che io, che non conoscevo e non ho ancora oggi una conoscenza personale con Massimo Canale, chiesi un incontro con il potenziale candidato per ascoltare qual era a tal proposito il parere di Mario Oliverio e di coloro i quali lo avevano sostenuto nel congresso regionale. Mi si mostrò il documento firmato praticamente da una larghissima maggioranza di eletti del PD con in testa la firma di Marco Minniti, persona che apprezzo e ritengo persona affidabile e retta nelle intenzioni. L’intenzione era chiara ed era quella di coniugare il coinvolgimento di nuove energie con la ricerca dell’unità. Io non sono abituato a contorcermi nella dietrologia e ho accettato, mi consenta, con generosità l’adesione a quella prospettiva. Sappiamo tutti com’è andata a finire.
Quella prospettiva poteva creare una condizione utile a che nel PD ci fosse più chiarezza e soprattutto più chiusura verso coloro che io ritengo essere i “nemici della Calabria”.
Caro Direttore, questa storia dei “nemici della Calabria”, che mi ha accompagnato per oltre 25 anni, prima come docente universitario e poi come amministratore e politico, non è solo “farina del mio sacco” ma ha origine nel vissuto culturale del rapporto tra le Università calabresi e la Regione Calabria dalla fine degli anni ’80. Le farò dono di una copia degli Studi per il Piano Territoriale di Coordinamento redatti nel 1988 dalle Università Calabresi nei quali troverà la Presentazione a firma di Alessandro Bianchi e Giuseppe Frega in cui, dovendo prendere atto che i “nemici della Calabria” non consentivano l’approvazione del Piano in Consiglio Regionale, motivarono la scelta di pubblicare gli Studi.
Lo stesso “partito dei nemici della Calabria” non consentì nel 2004 l’approvazione del Piano Territoriale Provinciale di Cosenza, con Piano Paesistico e Piano dei Rifiuti, che io avevo coordinato, proposto da Antonio Acri per l’approvazione al Consiglio Provinciale di Cosenza.
Le cito questi due eventi, non solo perché li ho vissuti personalmente, ma perché sono emblematici della dicotomia “amici della Calabria”, che si battono per le regole, per la programmazione e per la speranza del cambiamento e “nemici della Calabria” che sono espressione, e allo stesso tempo lo alimentano, del clientelismo e della collusione tentando di mantenere lo status quo.
E allora, come vede, il mio interesse verso il rafforzamento degli “amici della Calabria” non è una trovata, o una piroetta, nella lunga corsa alle Primarie, strumento che garantisce prima di tutto il diritto agli elettori di scegliere non già un candidato ma il loro candidato e, io credo, soprattutto, un’idea politica e un programma chiaro e concreto.
Mi permetto di evidenziare un passaggio che lei decide di omettere nel ricostruire il filo logico della mia vicenda: le Primarie istituzionali sono state approvate all’unanimità dal Consiglio Regionale, il PD ha deciso di aderirvi all’unanimità dell’Assemblea Regionale e il Centrosinistra all’unanimità è stato della stessa opinione.
E fino a ieri mattina quasi nessuno metteva in dubbio l’opportunità di poter ricorrere a uno strumento che assicurava non solo, come ho già detto, il diritto di ciascun cittadino di poter scegliere ma, soprattutto, il diritto di ciascun candidato di poter concorrere in una situazione di legittimità e trasparenza.
Dopo aver raccolto innumerevoli sollecitazioni ho deciso di proporre un progetto per la Calabria che potesse legittimamente mettersi in “competizione” con le altrettante legittime altre proposte e candidati.
Le faccio notare che la nostra proposta non prevedeva una lista di candidati ma un solo candidato, consentito dalla legge, necessario a rappresentare una proposta politica e un metodo partecipativo per costruire il programma.
Le faccio inoltre notare, per come evidenziato nelle cronache, che altri candidati avevano propri delegati nella sede della Giunta Regionale pronti a presentare candidature ma, stranamente, solo all’atto del deposito della nostra candidatura si sono dileguati. Ci veniva inoltre riferito che la candidatura già presentata aveva motivi di esclusione.
E comunque, nel momento in cui, la nostra proposta avrebbe potuto mettere in discussione la possibilità di andare più rapidamente al voto, e soprattutto di far spendere risorse economiche per rappresentare esclusivamente il nostro progetto politico, non avendo in prospettiva altri candidati in competizione, ho ritenuto opportuno ritirare la proposta.
Un passo indietro che, le faccio notare, va nella direzione coerente della “responsabilità”, e che assolutamente non mitiga il progetto che, come spiegato, coltiviamo da tempo e che è quello di riunire le forze positive della Calabria e coinvolgerle in un processo democratico, perché condiviso, unitario e partecipato, di costruzione di un programma per la nostra Regione.
Caro Direttore, la ringrazio per l’attenzione posta alla mia azione politica, così come la ringrazio per lo spirito critico che da stampa libera, e sottolineo libera, ha il sacrosanto diritto di esercitare. Il titolo che un giornalista sceglie per i suoi articoli è spesso oggetto di maggiori critiche rispetto agli stessi contenuti dell’articolo, ma anche qui rispetto il giornalista. I fatti però, mi consenta, dimostrano che se le Primarie sono state una “foglia di fico” lo sono state per altri ma non per il sottoscritto che ha sempre affermato la validità delle Primarie istituzionali, alle quali ha tentato concretamente di partecipare, e che ha sempre affermato che mai più parteciperà a primarie organizzate dai partiti che purtroppo devono lavorare molto, e ne sono ancora molto lontani, per garantire rispetto delle regole e trasparenza.
Quanto alla documentazione della candidatura personalmente non sono in possesso degli originali presentati ma, se sono di suo interesse, le posso fornire copia di tutti gli atti con il timbro dell’avvenuto deposito. In conclusione, rivolgendomi a lei che è un attento osservatore e opinionista della società calabrese, voglio usare una metafora. Un partito è un organo all’interno del più ampio “corpo” sociale. La nostra Regione è un corpo magnifico, ma un po’ malconcio perché ha bisogno, come ogni organismo, per funzionare bene, del corretto funzionamento di ciascuna delle sue parti. Una metafora che, come lei ben saprà, ha più nobili e lontane origini nella storia del pensiero politico.
Oggi la metafora del corpo, in politica, è racchiusa nell’immagine del leader o, peggio, dei capofila: corpi mediatici dei quali la forza, la rappresentazione e la ripetizione ci investono con una forza quasi violenta, rincorrendoci dalla Tv ai Social Network, in immagini replicate fino alla noia. Il leader non è più un uomo capace di ascoltare, di “sentire”, il suo “popolo” ma un personaggio impegnato nella perenne lotta alla visibilità.
Non di “nomi unti dal Signore”, “aspiranti leader mediatici” e né di “uomini soli al comando” ha bisogno la nos tra Regione, ma di una rete di positività, di progetti e di programmi e, soprattutto, di ascolto: ascoltare chi costituisce il corpo vivo e pulsante della società calabrese è l’unico viatico per individuare i “nemici della Calabria” e lavorare perché, di contro, gli “amici della Calabria” si riconoscano tra di loro e diventino maggioranza per cambiare il volto della nostra Regione.

 

*consigliere regionale Pd Calabria

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