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Dialogo a distanza

Prove di dialogo a distanza? Forse è eccessivo definirle così, ma sta di fatto che, complice la festa dell’Unità in corso a Castrovillari, Ernesto Magorno e Mario Oliverio qualche convergenza la tr…

Pubblicato il: 13/09/2014 – 15:00
Dialogo a distanza

Prove di dialogo a distanza? Forse è eccessivo definirle così, ma sta di fatto che, complice la festa dell’Unità in corso a Castrovillari, Ernesto Magorno e Mario Oliverio qualche convergenza la trovano se non altro nei paletti da mettere a delimitazione del percorso che il Partito democratico dovrà seguire in Calabria.
Magorno dice dal palco che non cederà mai il passo rispetto a una chiara rottura con il passato e che il Pd calabrese ha molte cose da farsi perdonare in questi ultimi anni. Oliverio assente e poi rilancia: «Per dare un futuro alla Calabria, e un senso al nostro lavoro, non sarà sufficiente vincere battendo il centrodestra. Sarà indispensabile eliminare per sempre dalla scena politica calabrese il tarlo del trasformismo e del pendolarismo politico che fin qui ha inquinato e ammorbato l’azione della Regione Calabria, condizionato le scelte dei suoi protagonisti, pilotato e manipolato le stesse maggioranze che via via si sono seguite».
Musica per le orecchie del segretario regionale del Pd, che tuttavia ha appena riferito di avvertire «grande solitudine attorno alla sua persona e alla sua attività» ogni volta che tenta di imporre quella svolta capace di rigenerare il Pd e renderlo credibile. E in sottofondo si stagliano le figure dei compagni di viaggio, o almeno di quelli che tentano di mettere il cappello sopra la candidatura di Mario Oliverio. Che sul punto così argomenta: «I miei compagni di viaggio sono solo i calabresi. A loro mi rivolgo e con loro intendo andare avanti. Non con tutti: non chiedo voti e non voglio appoggi indesiderati e indesiderabili. Non voglio i voti degli affaristi trasversali, pericolosi e ripugnanti quanto quelli della ‘ndrangheta. Non intendo consentire che con il mio avallo si mischi l’acqua nel vino. Di più: vincere a certe condizioni non ha senso. Meglio perdere le elezioni che non essere liberi di governare in libertà di coscienza».
Già, la ‘ndrangheta: anche su questo nodo Ernesto Magorno aveva appena finito di spendersi con veemenza durante l’intervista pubblica rilasciata alla festa del Pd castrovillerese. «I voti dei mafiosi non li vogliamo. La ‘ndrangheta – ha quasi urlato – uccide non solo fisicamente ma anche socialmente. Uccide le nostre comunità, il futuro dei nostri ragazzi, i sentimenti della nostra gente. Su questo non ci sono e non di devono essere equivoci». E aggiunge ancora il segretario del Pd: «Il guaio è che troppo spesso queste cose le dicono tutti ma poi non le mettono in pratica, fanno finta di non vedere e di non capire e allargano le maglie. Io voglio un partito che su questo non dia segni di cedimento, altrimenti tolgo il disturbo».
Mario Oliverio non si limita ad assentire: «Anche per questa ragione io mi batto e mi sono battuto per le primarie. E quando invocavo le primarie istituzionali non lo facevo per un calcolo interno al mio partito, ma proprio per consolidare uno strumento democratico che deve servire a incontrare la gente e rendere trasparenti anche quei momenti di selezione della classe dirigente che in passato, invece, erano oggetto di trattative riservate tra gruppi di potere. La ‘ndrangheta è anche questo: un gruppo di potere che mira a inquinare non tanto i partiti quanto i candidati che poi dovranno rappresentarli nelle istituzioni. Questa gente deve restare fuori, i nostri uomini e le nostre donne debbono vigilare assieme a noi. È un impegno categorico che prendo come candidato e che ritengo debba essere preso da tutti i candidati. Non ci sono divisioni sul punto: Ernesto Magorno e il partito ci vedrà impegnatissimi nel collaborare a che nessuna ombra tocchi le nostre liste e, più in generale, le liste del centrosinistra calabrese».
Torniamo a Magorno che ha appena posto l’accento sul fatto che «non si appalta il futuro della Calabria a chi vince le elezioni», il Pd deve lavorare a un programma chiaro e definito e quel programma «deve essere parte integrante di quello sviluppato e proposto dai singoli candidati alle primarie». Ben per questo il Pd, è l’annuncio che da Castrovillari fa Magorno, sta lavorando a un manifesto programmatico che reca l’impegno del partito e dei candidati: «Lo scriveremo tutti insieme a partire da domani».
Divergenze con Oliverio? Anche qui difficile trovarle perché lo stesso Oliverio, sempre a Castrovillari, sottolinea: «Non ho mai creduto nell’uomo solo al comando. Poi stiamo vivendo in questi mesi i disastri che una simile cultura politica ha provocato con Scopelliti e il suo “modello Reggio”. Disastri, ancora neanche pienamente quantificabili, in tutti i settori, dalla sanità ai fondi comunitari, dalla gestione delle risorse umane alla nomina di amici e faccendieri in ogni posto di sottogoverno. Per formazione personale appartengo all’idea che si vince e si perde insieme. Facendo squadra, e la squadra non deve necessariamente essere fatta da gente che non discute e non si confronta. Anzi, arricchisce solo una costante ricerca del confronto onesto, aperto, costruttivo».
Proviamo a spingere l’asticella ancora più in alto: come non capire e non condividere l’ansia di cambiamento dopo che il centrosinistra calabrese, e il Pd in particolare, ha dato prova di inaffidabilità anche nel ruolo di oppositore a Scopelliti?
E qui il vecchio politico consumato si svincola con maestria: «Le responsabilità, anche quelle politiche, soprattutto quelle politiche, sono personali», tuona Mario Oliverio. E aggiunge: «Piuttosto che rinfacciarmi il numero dei mandati elettorali perché non mi si chiede conto di come li ho vissuti? Si punta su un dato anagrafico come se la giovinezza fosse un valore politico di per sé. Gianluca Callipo mi ricorda che quando lui doveva nascere io ero già in politica, sventola i suoi 33 anni come fossero un valore assoluto. E allora? Io ho una figlia che ha 36 anni. E che vuol dire? Un passaggio e un cambiamento devono esserci, ma non è necessario che siano traumatici e guidati dall’irrazionalità e dall’istinto. Io sono pronto ad accompagnare la nascita e l’affermazione di una nuova classe dirigente, ma accompagnare non significa subire. Potrei ribattere che il giovane Callipo proprio in quanto tale è molto più vulnerabile di me. E torno al tema del partito unico trasversale e dell’inquinamento politico». La cosa, Oliverio, a Castrovillari la spiega così: «Secondo voi, alcuni ambienti dovendo puntare su un candidato scelgono chi ha davanti un lungo arco di impegno politico oppure chi si avvia a concludere, mettendosi al servizio della propria terra e del proprio partito, una lunga militanza mai scalfita da alcun incidente, giudiziario o amministrativo che sia? Io posso assicurare che chiuderò la porta in faccia a certi ambienti e a certi personaggi perché li conosco. So dove annidano e chi li rappresenta. Non ho bisogno del loro appoggio perché non devo sviluppare alcuna carriera. Insomma non sono un buon investimento per quei pacchetti di voti e di interessi che fin qui, trasmigrando da un fronte all’altro, hanno avvelenato la vita politica e istituzionale della Calabria».
Residua l’impegno, assunto da Magorno come segretario regionale del Pd, di mettere fine al partito dalle porte girevoli: non si può entrare in un’istituzione con i voti del Pd, poi andarsene per conto proprio e alla fine pretendere di tornare come se nulla fosse accaduto. A Castrovillari, ad esempio, è capitato proprio questo: un pezzo del Pd fa cadere un sindaco eletto dal Pd e ora vorrebbe anche aprire un proprio autonomo circolo, sempre del Pd. Si dice che dietro tutta questa operazione ci sia l’avallo di Mario Oliverio. Ora, è corretto dire «si diceva», perché Oliverio decide di spazzare via l’equivoco e dal palco scandisce ad altissima voce: «Son venuto qui per dire che chi ha abbattuto la compagine amministrativa di Castrovillari non può restare nel nostro partito. Sono qui per dire che nessun circolo potrà essere aperto dai transfughi. Decide il Pd locale se, quando e come aprire altri circoli, ma nessuno osi mettere in campo il mio nome. Su queste cose e sulle cose di Castrovillari io e
Magorno la pensiamo esattamente allo stesso modo».
Al cronista non resta che affidarsi alla più becera delle provocazioni e chiede: «Ma mettetevi nei panni delle tantissime persone che qui, a Castrovillari, nella festa dell’Unità, hanno sentito Ernesto Magorno e subito dopo Mario Oliverio, rilevando che sul 95% delle cose, le loro parole, i loro impegni e le loro analisi convergono pienamente. Cosa devono pensare? Cosa impedisce una collaborazione trasparente? Cosa vi impedisce un confronto senza pregiudizi?».
Serafico e diplomatico al tempo stesso, Mario Oliverio la mette giù così: «Diciamo che se non ci siamo parlati fino a oggi è responsabilità del mio segretario regionale: se continueremo a non parlarci anche da oggi in poi sarà responsabilità mia».

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