«Devono comprare un’ambulanza da vent’anni. La Regione Calabria non manda i fondi. Si lavora in condizioni pessime». È la voce esasperata di un operatore sanitario dell’ospedale di Cosenza a introdurre il servizio sulla sanità calabrese, andato in onda su TV7, il settimanale del Tg1. Riccardo Giacoia, con una telecamera nascosta, ha attraversato i corridoi del nuovo Pronto soccorso dell’Annunziata tra pazienti in attesa da ore – spesso abbandonati a se stessi – e il degrado più assoluto. Alle telecamere di Raiuno Giacoia mostra lo stato in cui si trova l’ospedale della città dei Bruzi dopo quattro anni di tagli imposti dal Piano di rientro dal debito: zone transennate con materiali lasciati nelle sale della parte nuova del nosocomio, cornicioni venuti giù. Un bidone giallo nel corridoio per raccogliere l’acqua che cade dal tetto. «Non abbiamo neanche le barelle», spiega un operatore sanitario. Non solo degrado ma personale ridotto al lumicino, pochissimi posti letto disponibili, reparti a rischio chiusura. A causa del blocco del turn over mancano 204 medici e 453 tra infermieri, tecnici e assistenti.
«Non siamo alla frutta ma al grappino», sintetizza Carlo Truscello, direttore sanitario dell’Asp di Vibo. Da Cosenza a Vibo, altra situazione di degrado e disagio. Ma qui Giacoia entra con l’autorizzazione della direzione sanitaria e lo scenario che si presenta è allarmante. «Manca personale e non c’è organizzazione», è lo sfogo dei pazienti. Al quale si aggiunge quello dei medici. Piero Spinelli, dirigente medico del reparto di Ortopedia di Vibo, sbotta: «Non ce la facciamo più. Ho fatto la notte, ora sto operando e ieri ho operato. Rischio di far diminuire di molto le mie performance di chirurgo. Ma se commetto un errore nessuno avrà comprensione per me». Gli fa eco Michele Soriano, direttore di Ortopedia della struttura vibonese: «In Ortopedia abbiamo problemi seri legati alla carenza dei personale. Non si fa il rientro del debito sulla pelle dei pochi sessantenni che siamo rimasti».
«È un rischio per i pazienti. Ma che facciamo? Se una signora deve fare il cesareo, non lo fai perché sei stanca?», spiega un’anestesista. I pazienti sono esasperati. «Aspetto da ieri per una Tac. E ora devo andare a Serra San Bruno perché quella che c’è è rotta». «Abbiamo grossi problemi con gli infermieri, con gli operatori socio-sanitari. Sono pochissimi – spiega Truscello –. Posso mandare un infermiere dalla Cardiologia in Ortopedia, ma non posso mandare un cardiologo a fare l’anestesista». L’ex Commissione di inchiesta sulla sanità aveva assegnato alla Calabria la maglia nera per i casi di malasanità causati spesso da negligenze, inefficienze, disservizi e precarietà. L’ospedale di Vibo è finito sotto i riflettori, anni fa, per il caso di Federica Monteleone, la sedicenne morta dopo un intervento di appendicite. «Federica non è stata soccorsa. Mi sorge il dubbio che quando c’è stato il blackout fosse sola – dice a Riccardo Giacoia, Mary Sorrentino, la mamma di Federica –. È stato accertato che per 15-18 minuti mia figlia è rimasta senza ossigeno, ecco perché mi viene spontaneo pensare che nessun medico fosse con lei. Devo accertare la verità: lo devo a lei, ma anche a me stessa. Oltre a quella lapide c’è un’intera famiglia che è morta ugualmente».
È triste lo sfogo della mamma di Federica Monteleone e i calabresi, dal canto loro, hanno dovuto sintonizzarsi sul Tg1 e non sul Tg3 regionale per poter vedere il degrado dell’Annunziata, i pezzi di cornicioni caduti, le barelle che mancano, i medici super stressati da turni massacranti e la disperazione dei pazienti dell’ospedale vibonese e di quello cosentino. (0050)