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REGGIO CALABRIA Nuova vita per le Omeca di Reggio Calabria: nel piano del governo dovranno essere uno dei pilastri sui quali far poggiare il rilancio del Porto di Gioia Tauro come avamposto, commerci…

REGGIO CALABRIA Nuova vita per le Omeca di Reggio Calabria: nel piano del governo dovranno essere uno dei pilastri sui quali far poggiare il rilancio del Porto di Gioia Tauro come avamposto, commerciale ed economico, dell’Europa nella sua proiezione verso Africa e Medio Oriente. Gli altri sono rappresentati dalla realizzazione del rigassificatore e dal prolungamento dell’alta velocità da Salerno fino a Reggio Calabria. Proprio nel segmento dell’alta velocità AnsaldoBreda sta assumendo un ruolo leader in Europa. dalla realizzazione del rigassificatore e dal prolungamento dell’alta velocità da Salerno fino a Reggio Calabria. Proprio nel segmento dell’alta velocità An- saldoBreda sta assumendo un ruolo leader in Europa. Esattamente un mese fa, dallo stabilimento AnsaldoBreda di Reggio Calabria è iniziato il primo viaggio del treno numero 1 della nuova metropolitana di Milano. La commessa complessiva riguarda la costruzione per Atm (l’azienda di trasporto pubblico milanese) di 30 veicoli, di cui 20 destinati alla linea 1 e 10 alla 2 della metropolitana del capoluogo lombardo. Grande accoglienza a Milano, silenzio in Calabria. Eppure, anche in questo segmento, si tratta di mezzi di ultima generazione dal punto di vista tecnologico e di sicurezza, all’avanguardia per quanto riguarda il comfort del passeggero e con un design innovativo “open space” che consente ai viaggiatori di vedere dal fondo all’inizio del treno. La metro è dotata di strutture e carrelli capaci di garantire una marcia silenziosa, impianto di climatizzazione integrale estate/inverno, pareti resistenti ad atti vandalici, sistema di videosorveglianza con registrazione continua delle immagini del comparto passeggeri. Tutto questo viene realizzato, a ciclo completo, in quel di Reggio Calabria. Tasselli, tutti questi, di un mosaico che testimonia l’esistenza di un piano strategico di implementazione industriale delle Omeca. Si sta valutando, in sostanza, se le Omeca possono diventare un nucleo di eccellenza industriale dove lavorare a un progetto ambiziosissimo: creare macchine ferroviarie da utilizzare nell’alta velocità applicata al trasporto merci.
Un’economia fondata sul terziario e sull’edilizia. In via convenzionale e didascalica la realtà produttiva di Reggio Calabria è sempre stata descritta così. E, in effetti, in riva allo Stretto una robusta struttura industriale, nell’accezione più tradizionale, non c’è mai stata. Un ceto impiegatizio, tanti costruttori e poco altro. Un polo tessile mai decollato nel quartiere San Gregorio, il centro siderurgico di Gioia Tauro, che gli eventi hanno provvidenzialmente trasformato nel porto, e il disastro di Saline Joniche, dove l’illusione delle Officine grandi riparazioni delle Ferrovie e della Liquichimica hanno lasciato solo amianto, macerie e leucemie. Nella città capoluogo di provincia, la parola “industria” è stata per anni usata come sinonimo di Omeca, l’acronimo di Officine meccaniche calabresi. Lo stabilimento sorge in località Torrelupo, in un’area dove i più anziani ricordano solo la presenza di giardini. Adesso è la semiperiferia della città, dove termina il viale Aldo Moro e sorge il popoloso quartiere di Gebbione. A Reggio, l’unica immagine di un insediamento produttivo di grandi dimensioni è quella dei cancelli che delimitano la fabbrica. La dimensione industriale cittadina è tutta qui. Dove gli operai hanno sempre dimostrato un forte senso di appartenenza azien- dale, animati come sono da uno spiccato spirito identitario. Dove si sono svolte le prime vere lotte di una classe operaia schie- rata a difesa dello stabilimento. E dove continua a battere il cuore di una città orgogliosa del know-how di centinaia di lavoratori che hanno costruito e continuano a produrre vetture per la metropolitana di Milano e per quella di Miami, per le industrie ferroviarie spagnole e per le reti italiane: alle ex Omeca sono stati assemblati i treni a maggiore contenuto di tecnologia nel nostro Paese (dal Pendolino in avanti) e di mezza Europa.
Speranza, fiducia, ma anche preoccupazione e un pizzico di scetticismo. Più per quanto non è accaduto in passato che non per ciò che è stato annunciato da Matteo Renzi. Dopo tanti anni di incertezza e aspettative disattese, gli operai delle Omeca attendono il corso degli eventi con animo non rassegnato, ma attento. Da queste parti si è ereditato uno scetticismo atavico. Scetticismo che non risparmia nemmeno una realtà che oggi esprime un bacino occupazionale di circa settecento unità. In larghissima parte sono giovani, in virtù del robusto ricambio generazionale che negli ultimi dieci anni circa, ha abbassato notevolmente l’età media che si attesta intorno ai trentacinque anni. Eppure le parole del premier, piombato in Calabria alla vigilia di Ferragosto per l’annuncio, tra le altre cose, di nuove commesse per lo stabilimento di Torrelupo, sono state percepite dai lavoratori come una ventata d’aria nuova. Più che altro, tra gli operai, l’annuncio del presidente del consiglio viene messo in stretta relazione ai rumors che da tempo circolano dentro l’industria reggina. Voci insistenti che arrivano dagli uffici, che trovano qualche conferma a mezzo stampa e che poi si propagano nelle linee di produzione assumendo forme diverse. «Arriveranno i cinesi? Compreranno l’azienda? E noi che fine faremo?». Le domande ricorrenti sono soprattutto queste tra i lavoratori. Che preferiscono non esporsi troppo. Chiedono di omettere le generalità «per ragioni di opportunità», dicono.
(Il servizio integrale della storia di copertina, a firma di Paolo Pollichieni, Giampaolo Latella, Anna Foti e Luigi De Angelis, è pubblicato sul numero 168 del Corriere della Calabria in edicola fino al 25 settembre)