PAOLA Da circa 20 anni agiva in regime di quasi monopolio nell’aggiudicazione di lavori nel settore pubblico una delle ditte sequestrate da carabinieri e Guardia di finanza di Cosenza a Nella Serpa (che dichiarava un reddito complessivo da 6mila euro mentre le spese sostenute erano in realtà superiori per più di 10 volte quanto ufficialmente dichiarato al fisco), ritenuta la reggente dell’omonimo clan operativo a Paola. La ditta, la “Clima planet system”, operante nel settore dell’installazione di impianti idraulici, ha ottenuto, per anni, lavori anche dall’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza e dal Comune di Paola. Lavori ottenuti grazie all’affidamento diretto. Un aspetto questo su cui la Dda di Catanzaro ed i carabinieri del Comando provinciale di Cosenza stanno facendo ulteriori accertamenti sui quali c’è uno stretto riserbo. La vicenda è emersa nel corso della conferenza stampa nel corso della quale il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo e i comandanti provinciali di carabinieri e Guardia di finanza, Giuseppe Brancati e Giosuè Colella, hanno fornito i particolari dell’operazione. All’incontro hanno partecipato anche il comandante del reparto operativo dei carabinieri Vincenzo Franzese e il comandante del nucleo di polizia tributaria Ciro Ciavarella. Con l’operazione “Tramonto”, ha detto Lombardo, sono stati ricostruiti «i movimenti di capitale e le risorse accumulate da Nella Serpa e dalla sua famiglia nel corso degli ultimi 20 anni. Un’indagine nata dopo l’operazione “Tela del ragno”, nel corso della quale è stata arrestata la stessa Serpa, e che aveva evidenziato una sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati». «Nella Serpa – ha detto il colonnello Brancati – è inserita a pieno titolo nella consorteria criminale ed è estremamente pericolosa. Nel corso degli anni, lei e i suoi familiari hanno anche cercato di sviare le indagini intestando parte dei beni ad altre persone, ma sempre imparentate con la famiglia». La «splendida collaborazione» tra carabinieri e Guardia di finanza è stata sottolineata da Colella. Dalle indagini, ha riferito Colella, è emersa una sperequazione di 700mila euro tra le spese sostenute e i redditi dichiarati. Oltre ai beni per 11 milioni di euro, carabinieri e finanzieri hanno sequestrato anche 600mila euro in contanti custoditi su conti correnti, depositi bancari, polizze e titoli.
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