Alta Tensione, Zindato condannato a 16 anni
REGGIO CALABRIA È di sedici anni e due mesi di carcere la condanna che la Corte d’appello reggina ha inflitto a Checco Zindato, elemento di vertice del clan Caridi-Borghetto-Zindato, al pari del frat…

REGGIO CALABRIA È di sedici anni e due mesi di carcere la condanna che la Corte d’appello reggina ha inflitto a Checco Zindato, elemento di vertice del clan Caridi-Borghetto-Zindato, al pari del fratello condannato però a dodici anni e quattro mesi. Nonostante il rinvio a un nuovo processo d’appello disposto dalla Cassazione, che nei mesi scorsi aveva accolto il ricorso degli avvocati Gianfranco Giunta e Giuseppe Narco, i due fratelli incassano dunque solo una lieve riduzione delle condanne già in precedenza rimediate in secondo grado nel procedimento Alta tensione. A carico dei due viene confermata dunque l’accusa di associazione mafiosa, mentre cade l’aggravante delle modalità mafiose codificate all’articolo sette per il reato di intestazione fittizia di beni. Già da tempo definitiva è invece l’assoluzione di Checco Zindato per l’omicidio di Giuseppe Lauteta, suo rivale in amore freddato nel gennaio 2006 alla periferia sud della città.
I due fratelli erano finiti in manette nell’ambito dell’operazione “Alta Tensione”, l’indagine che ha duramente colpito la cosca Borghetto-Zindato-Caridi. In manette erano finite 34 persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio, estorsioni, danneggiamenti, detenzione e porto di armi, intestazione fittizia di beni e attività imprenditoriali. Sotto sequestro erano finite all’epoca 12 imprese e società operanti, per lo più, nel settore dell’edilizia, fra le quali la “Tesi costruzioni”, riconducibile a Santo Giovanni Caridi, che ha sede a L’Aquila, un panificio di Roma, la società proprietaria di un palaghiaccio mobile a Reggio Calabria, il circolo ricreativo “Las Vegas”, tre appartamenti e tre automobili.
Alessia Candito
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