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La vita in un cubo di Anna Cappelli

VILLA SAN GIOVANNI Nello spazio esiguo di una platea che può ospitare appena quaranta spettatori, tutta la vita di Anna Cappelli, testo scritto da Annibale Ruccello portato in scena ieri sera al “Tea…

Pubblicato il: 18/01/2015 – 14:12
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La vita in un cubo di Anna Cappelli

VILLA SAN GIOVANNI Nello spazio esiguo di una platea che può ospitare appena quaranta spettatori, tutta la vita di Anna Cappelli, testo scritto da Annibale Ruccello portato in scena ieri sera al “Teatro Primo” di Villa San Giovanni da Silvana Luppino per la regia di Christian Maria Parisi, ruota attorno a un cubo, un cubo alto appena un metro dal quale Silvana/Anna non esce mai che, come il cilindro di un bravo prestigiatore, ricrea l’ambiente in cui questa donna vive gli anni che vanno dal 1964 al 1968. Anna vive gli anni del boom economico in antitesi con il suo tempo. Emancipata e con un proprio lavoro, risiede a Latina in ristrettezze economiche, tanto da dover abitare in casa della signora Rosa Tavernini, donna che disprezza, perché altro non può permettersi. Non può neanche tornare a casa a Orvieto dai suoi genitori dal momento che «il babbo vuole dare la mia stanza a Giuliana!», strilla disperata. Lavora come impiegata in municipio e lì, l’incontro con il ragioniere Tonino Scarpa le permette di cambiare vita grazie a un nuovo amore. Si trasferisce a casa di lui, ma l’idillio dura solo due anni: Tonino decide di lasciare lei e il proprio lavoro e di recarsi in Sicilia. L’attaccamento e la follia di questa donna che possiede, «Tu sei mio. Il tuo corpo mi appartiene» urlerà in scena una splendida Silvana Luppino, la porteranno prima a uccidere l’uomo che ama e poi a mangiarlo, facendo delle di lui ossa candele con cui darà fuoco al suo amore e alla propria vita, indossando l’abito nuziale, emblema della concretizzazione della vita di una donna che vede nel matrimonio un sacramento importante, ma, soprattutto, una convenzione sociale necessaria alla sopravvivenza della propria dignità femminile.

Il testo di Annibale Ruccello, morto prematuramente all’età di 30 anni, è stato costruito in scena permettendo all’attrice di ruotare attorno alla storia e attorno al cubo che diventa prima cucina, poi sportello municipale, successivamente casa del ragioniere e luogo di abbandono su cui campeggia la scritta “Vendesi”,  per tornare dove tutto ha avuto inizio, nella cucina di Tonino Scarpa dove Anna entra in scena con una busta della spesa e una grande scatola sotto braccio. Il dramma di questa donna è costruito in maniere circolare. Come fosse un film l’inizio parte dalla fine che, con un flashback  mostra la storia. Il regista ha giocato molto con gli intermezzi musicali, come a voler fare un omaggio all’autore del testo «Ruccello era appassionato di musica italiana di quell’epoca, soprattutto di Mina – spiega Parisi -. In tutti i suoi spettacoli metteva un brano di Mina, ma mi sembrava banale rifarlo. Ho fatto, allora, una ricerca su quelle che erano le canzoni di quegli anni e le ho introdotte, in senso cronologico, nello spettacolo».

Il cubo/scenografia, realizzato da Aldo Zucco due anni fa, è stato rielaborato per l’occasione dallo scenografo Osvaldo La Motta. «Una prima scena l’aveva disegnata Aldo Zucco che aveva fatto il cubo esterno – spiega La Motta -. È come se questo spazio fosse il cervello di questa persona. Ho cercato di  dare la sensazione che la casa fosse il cubo, che tutto ruotasse attorno al suo cervello, cercando di farla muovere attorno al cubo che è il centro della vita di questa persona».

Miriam Guinea

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