L'ospedale è una trincea e il medico è senza armi
La sanità è un investimento. In più occasioni e in sedi diverse ho spiegato questa definizione. Penso che adesso sia giunto il momento di ridirlo pubblicamente anche in Calabria, senza secondi fini…
La sanità è un investimento. In più occasioni e in sedi diverse ho spiegato questa definizione. Penso che adesso sia giunto il momento di ridirlo pubblicamente anche in Calabria, senza secondi fini. Che ci siano miriadi di cose che in Calabria non vanno non è una novità, ed è giusto che chi le conosce le denunci, ma nello scoperchiare le pentole del “vecchio cuoco” regionale, troviamo un orda di irregolarità e nefandezze. Gli ospedali: nell’ottica della riduzione della spesa e del piano di rientro, sono stati chiusi degli ospedali così detti “di frontiera” (come Praia a Mare e Trebisacce), sono stati depotenziati quelli di montagna (Soveria Mannelli, Acri, San Giovanni in Fiore e Serre San Bruno), quelli mal gestiti e portati quasi alla chiusura (Locri, Rogliano, Palmi, Melito Porto Salvo, Gioia Tauro, Tropea e Cetraro), quelli che sono motivo di discussione territoriale (Paola).
Gli ospedali regionali di Catanzaro, Reggio Calabria e Cosenza, in particolare, sono legati a gruppi di potere che con luci e ombre esercitano la loro potenze e/o potenzialità ( dipende dai punti di vista). L’ospedale di Castrovillari, seppur da poco rimodernato, è privo di reparti fondamentali, quello di Rossano è un campo di battaglia con in trincea personale medico e sanitario senza armi.
L’ospedale di Scilla e di Polistena, fanno parte del vecchio grande progetto e quindi non si potrebbero toccare. L’ospedale di Vibo Valentia merita un discorso a parte da tutti punti di vista. L’Università Magna Grecia di Catanzaro vive momenti di fulgore scientifico, anche di valenza internazionale, sminuiti e vanificati da assoluti disastri gestionali (vedi inchieste televisive recenti o scandalo della fondazione Campanella) di attualità.
Le Rsa sono invece un mondo particolare della sanità calabrese, che chi sa perché sono state autorizzate e convenzionate in modo esagerato su tutto il territorio regionale, in particolare quelle appartenenti a uno specifico gruppo, (residente nell’area Lamezia-Catanzaro) parte di queste, dopo avere fruttato, versano in uno stato di insolvenza e quindi messe sul mercato. Già in “Codice rosso” di Badolati e Sabato, venivano denunciate e pubblicate una serie di notizie, ma leggere costa e fa perdere tempo.
La sanità territoriale, Adi: non viene proprio calcolata, i medici del Sumai, e quelli appartengono all’ex art.13, offrono anche servizi egregi ma nella ristrettezza di mezzi più assoluta. In detto ambito e su alcune operazioni e gestioni di graduatorie, si può aprire un autostrada di discussioni. Gli handicap sono visti come fonte di guadagno, solo alcune associazioni tutelano delle categorie indifese, cercando in tutti i modi di fronteggiare le enormi difficoltà in cui versano le famiglie. Patologie psichiatriche e neurologiche in genere, o dovute a menomazioni fisiche, sono da tutelare. Molto spesso la difesa dei diritti di queste persone deboli si scontra con la burocrazia di saccenti che si crogiolano nella loro ignoranza
Per quanto riguarda la sanità privata, è pur vero anzi verissimo, per come dice L’avvocato Paolini, presidente regionale Aiop, che essa eroga servizi per almeno il 40% del fabbisogno regionale, ma c’è da dire e sottolineare che spesso in questo settore ci sono stati rapporti poco chiari, zone d’ombra che spesso diventano buie ed impenetrabili, dove oltre la strana compilazione delle Sdo per alcuni Drg c’è anche la “persecuzione” del personale che spesso non è retribuito regolarmente o i cui contributi spesso sono congelati o versati al rallenty. Per non parlare, poi, della violazione delle leggi sulla privacy e dell’immunità di cui si crede di essere padroni assoluti, ultime elezioni regionali.
Gli ambulatori privati convenzionati esterni sono un altro discorso, autorizzazioni e convenzioni concesse “agli amici degli amici”, assoluta mancanza di attenzione per quelle che sono le esigenze territoriali, budget non rivisitati, servizi mai erogati eppur pagati, obblighi di gestionali ed amministrativi da far seguire a società amiche del “master chef” di turno o da chi ne fa le veci negli uffici delocalizzati.
Appalti, spese, gestioni non controllate e non controllabili. Personale carente, o, in esubero, sia amministrativo che medico con ruoli da accertare e/o definire. Assunzioni particolari e non chiare sotto elezioni. Ma un censimento no? Uno studio epidemiologico no? Possibilità di creare posti di lavoro qualificato nel riprendere in gestione le strutture finanziate e costruite con i fondi della Regione no?
La verità è che sarebbe necessario solo un servizio sanitario territoriale integrato dove i medici e il personale sanitario, dotato di mezzi anche solo sufficienti, possano essere riqualificati professionalmente, al di fuori di interessi che nulla hanno a che fare con la medicina, con un unico obiettivo: Tutelare il diritto alla salute, costituzionalmente garantito. Per tale motivo vorremmo una sanità agile, e non furba, nel far sparire i fondi, disponibile e disposta a curare i cittadini e le loro patologie. Vorremmo una sanità regionale di cui i loro cittadini possano fidarsi ed essere orgogliosi.
*membro del Collegio italiano dei chirurghi