REGGIO CALABRIA “Sant’Elena” è uno spazio chiuso, benché l’ampia finestra centrale e le quinte/corridoio lascino vedere gli altri luoghi. Un salotto di una casa romana, via Sant’Elena appunto, in cui la vita di quest’uomo si incrocia solo e soltanto con la propria. Alla guida della sua nuova regia, Lorenzo Praticò porta in scena a Reggio Calabria sul palco di “Spazio Teatro” l’ultima produzione dell’omonima associazione culturale guidata da Gaetano Tramontana. “Sant’Elena. Diario incompleto di un esilio mancato” parte da una storia autobiografica che lega l’autore/attore al periodo romano del 2006. «Sant’Elena si intitola così, perché vivevo in via Sant’Elena, 29 a Roma – spiega Praticò – . In casa c’era questo salone in cui passavamo gran parte del nostro tempo, non c’erano balconi, ma solo tre grandi finestre e io veramente ho vissuto a bordo finestra per anni. L’idea è nata stando seduto sul davanzale. A un certo punto, osservando la gente passare in strada, mi sono immaginato questo tizio che guarda tutti dall’alto come fossero formiche, una sorta di Napoleone in esilio, e “Sant’Elena” si sposava alla perfezione. C’erano delle immagini che mi piacevano e che ho cercato di raccontare».
L’esilio di quest’uomo è, soprattutto, all’interno di sé, chiuso tra le quattro mura in cui, lo scandire del tempo dall’alba alla notte, è giocato grazie alle luci (curate da Simone Casile) creato ad hoc. Con lui, quattro bambole di pezza rappresentano la famiglia “Tedeschi”: Franz, Lotte, Rutger e Maria, l’unica che merita di vivere sul divano del protagonista, con la quale passa le sue serate davanti alla tv facendo zapping. Le voci delle borgate romane entrano dalla finestra: l’uomo che urla nella notte, l’altro che impreca contro il Santo Padre, l’innamorato che lancia sassolini alla finestra della donna amata che ricambia con delle piume, sono sentite, ma non viste. Il tutto sulle musiche ( brani dei “Sitikitis” e “The passengers”), ed effetti sonori che riproducono suoni stradali e notturni, canti della tradizione romana e registrazione vocale dello stesso autore/attore che impersona “gli altri”, quelli che restano ai margini della sua vita, che ama osservare, ma con i quali non entrerà mai in contatto. In lui c’è solo l’impossibilità a creare un rapporto sociale. Solo le quattro bambole di pezza – dotate di occhi per osservare, ma sprovviste di bocche – , diventano sue compagne di vita. Altra grande protagonista la televisione che può spengere quando vuole.
«Quando senti di non riuscire nella vita per come il resto del mondo ti dice che andrebbe vissuta, in qualche modo diventi straniero in mezzo alla stessa – continua Praticò – . Il problema è che diventi straniero e solo. Noi abbiamo immaginato che lui parlasse con un esterno che un po’ è reale perché dato dalla luce, un po’ è qualcuno che lui si crea per avere un riferimento rispetto alla vita, perché tutto quello che lui racconta lo fa, ma non è detto che sia la verità. Scrivendo mi sono domandato se questo personaggio sia un visionario, o se sia così incapace di relazionarsi con il mondo tanto da avere bisogno del filtro delle bambole. Maria che è di lato a lui è la possibilità di rendere fisico qualcuno che capisci di non poter mai avere». A conclusione, la vita altrui è sempre meglio immaginarla. L’espediente migliore? Migliaia di paia di scarpe fotografate in giro per il mondo che portano con sé una propria storia. «Tante volte sono scarpe nuove. Mi domando concretamente: “Perché quella scarpe stanno là? Che cosa raccontano?» si domanda l’autore. La vita scorre attraverso le pagine di un diario le cui date sono scritte sulle pareti della stanza. Dopo gli applausi del pubblico, Gaetano Tramontana e lo stesso Praticò hanno voluto commemorare la memoria di Mimmo Martino, leader del gruppo musicale “Mattanza” scomparso nel gennaio scorso. Lo spettacolo sarà in replica sabato 14 e domenica 15 marzo, sempre negli spazi di Via San Paolo a Reggio Calabria.
Miriam Guinea
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