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Arte di riposizionarsi

Fermento? Forse è meglio parlare di inquietudine per descrivere ciò che sta accadendo in alcune formazioni politiche calabresi che non sono riuscite ancora a smaltire gli effetti di uno scontro vigor…

Pubblicato il: 17/03/2015 – 10:41
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Fermento? Forse è meglio parlare di inquietudine per descrivere ciò che sta accadendo in alcune formazioni politiche calabresi che non sono riuscite ancora a smaltire gli effetti di uno scontro vigoroso che, a giudicare dai rumors, si è lasciato dietro qualche vittima. Nessuna tragedia comunque, esiste sempre l’arte del riposizionamento che se ne infischia degli ideali e dei valori della militanza sempre sbandierati in tutte le occasioni. Ecco, infatti, che si parla di nuove scoperte idealistiche che come ebbe a dire, probabilmente con sarcasmo, l’ex presidente Napolitano «sono conseguenze dell’appannarsi di determinati movimenti dell’impegno politico, inteso come impegno di effettiva e durevole partecipazione». O, forse più pragmaticamente, come atteggiamento di un sistema mediante il quale continuare a garantirsi tutti o parte dei privilegi già assaporati e che non si vogliono perdere. Si tratta di un sistema che attecchisce prevalentemente tra le mezze figure della politica secondo quella celeberrima espressione idiomatica incastonata da Leonardo Sciascia ne “Il giorno della Civetta”: «Uomini, mezz’uomini, ominicchi e quaquaraquà».
Tra coloro cioè che hanno avuto il privilegio, o la fortuna, di una candidatura senza dimostrare un’adeguata preparazione, la dovuta capacità di rappresentanza e le idee per gestire la cosa pubblica. Miserrimi rappresentanti del popolo, spesso anche incapaci di convivere con la grammatica della lingua italiana, ma in compenso imbattibili nella costruzione del consenso che si poggia su vicende clientelari. Sembrerebbe che alcuni tra coloro che si sono visti chiudere recentemente la porta in faccia dal loro partito stiano scalpitando e, in alcuni casi, abbiano preso già contatti, con il nuovo leader calato da Pontida per cercare di crearsi al Sud e al Centro una nuova “verginità” nonostante nel suo Dna politico sia rimasto inalterato l’odio razzista verso le genti che popolano le terre al di sotto del Po. Popolazioni che fino a un tempo, non molto lontano, venivano additate al pubblico ludibrio sia perché aduse a ogni forma di delinquenza organizzata, sia perché sporche e parassite. Quelle stesse popolazioni alle quali ora si chiedono di pagare 70 euro ciascuno (neonati inclusi) per i debiti con l’Unione europea a seguito delle multe per le “quote latte” non pagate dai produttori della “Padania”.
Si facessero intruppare pure nel movimento leghista sperando che anche con i nuovi “padroni” possano riuscire a mantenere il loro stile di vita parassitario. I calabresi saranno curiosi di sapere che cosa potranno dire a coloro che in passato li hanno votati. Non cantassero vittoria perché di fronte all’ennesimo cambio di casacca persino i “clienti” più affezionati si potrebbero svegliare e rispondere picche. Politicamente è bene che si sappia che il modello che viene proposto è quello francese di Blu Marine che ha sostenuto madame Le Pen alle passate elezioni. E per qualche calabrese potrebbe persino essere una ghiotta occasione per un ritorno alle origini. Difficile comunque da digerire per tutti gli altri perché nel frattempo la storia è andata avanti, tanto che Salvini si guarda bene dal fare riferimenti e comparazioni con il mondo politico. Lui dice di rivolgersi all’“Italia vera” che identifica negli esodati, negli artigiani e negli agricoltori, nei disoccupati; dimenticandosi che proprio quell’Italia ha poco da spartire con CasaPound o con la Fpo austriaca. Per avere successo saranno sufficienti le magliette e gli slogan? Pensano davvero che la pancia del Paese si possa riempire con le parole? Senza pretendere grandi cose, qualcuno prima o poi dovrà spiegare all’elettorato del Centro e del Sud come si possa pensare di far convivere la “questione settentrionale” con quella “meridionale”; come si possa far superare la differenza che esiste tra la remunerazione di un lavoratore del Nord e quella che un operaio che svolge l’identico lavoro percepisce in Calabria o in qualsiasi altra regione del Sud.
Eppure hanno l’ardire di presentarci gli ideali del Carroccio facendoli passare come il mezzo che può difendere e far sviluppare il Meridione; perché non dire realisticamente che dopo il fallimento della Lega Nord nel triangolo industriale Salvini e soci hanno bisogno di nuova linfa e la vengono a cercare proprio in quel Sud bistrattato e insultato, abitato da persone che «non si lavano perché non sanno cos’è il sapone». Questa è gente che confida nell’esasperazione dei meridionali accumulata nei settanta anni di democrazia fatta viaggiare a due velocità: quella del Nord costruita sull’opulenza e quella del Sud che è soffocata dalla povertà. Di fronte a questa amara realtà, diventano insopportabili per chiunque persino i voltagabbana, che sono presenti dappertutto e che in Calabria purtroppo hanno consentito a Scilipoti di essere eletto. Sono persone che non conoscono la coerenza, che non sanno che cos’è il rossore anche quando vengono sorprese con la canna delle loro armi ancora fumante. Mestieranti della politica privi della benché minima motivazione ideologica in cui l’unico vero obiettivo è la “prebenda” a fine mese.

 

*Giornalista

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