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Truffa Ue, falsi occupati per drenare soldi

SCALEA Un meccanismo perverso messo in piedi da un uomo solo. Un dominus che sarebbe riuscito a pilotare le attività di altre aziende a lui in qualche modo riconducibili anche perché rappresentate tr…

Pubblicato il: 24/03/2015 – 17:34
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Truffa Ue, falsi occupati per drenare soldi

SCALEA Un meccanismo perverso messo in piedi da un uomo solo. Un dominus che sarebbe riuscito a pilotare le attività di altre aziende a lui in qualche modo riconducibili anche perché rappresentate tra l’altro dal fratello e dal cugino e trasformare il tutto in una sorta di macchina per drenare risorse pubbliche. Quello che emerge dall’inchiesta della Procura di Paola sull’Alto Tirreno cosentino e sul suo amministratore unico, Francesco Rovito (giovane rampollo vicino all’ex assessore regionale all’Ambiente e già presidente dell’Asi Cosenza, Diego Tommasi) dimostra come attraverso una serie raggiri fiscali, tributari, contabili e contributivi la società per la gestione dei rifiuti sia riuscita a raggranellare un mare di soldi.
Stando alla ricostruzione effettuata dai finanzieri, su delega della Procura della Repubblica di Paola, oltre 900mila euro. Ma non solo: sarebbe riuscita inoltre ad evadere imposte e contributi previdenziali per oltre 10 milioni di euro. Da qui il sequestro eseguito nei giorni scorsi dalle Fiamme gialle di un enorme patrimonio riconducibili alla stessa società, ad amministratori e responsabili dell’Alto Tirreno cosentino e di società satelliti nonché all’arresto dell’ex capogruppo dei Verdi nel consiglio comunale di Cosenza, Francesco Rovito. Si tratta di conti correnti, beni mobili e immobili per un valore di oltre 4 milioni di euro. Nel decreto di sequestro firmato dal Gip di Paola, Pierpaolo Bortone, in particolare viene ricostruito il sistema attraverso il quale la società gestita da Rovito sia riuscita ad ottenere finanziamenti pubblici in due occasioni per creare occupazione per un importo complessivo di 901mila euro. Posti di lavoro che una volta dimostrati sulla carta svanivano nel nulla. In totale l’Alto Tirreno cosentino avrebbe dovuto occupare 53 nuovi posti di lavoro, ma nella realtà questi dipendenti a pochi mesi dall’assunzione venivano messi alla porta.
Gli uomini delle fiamme gialle di Scalea e Paola avrebbero scoperto questo meccanismo messo in atto dalla società sia in occasione della richiesta di un contributo da 680mila euro messo a disposizione dalla Regione attraverso un bando sull’occupazione e regolarmente erogato e liquidato nel 2008, sia nell’anno successivo per un importo in questo caso di 221mila euro. E per ottenere questi contributi provenienti dai Fondi europei gli amministratori dell’Alto Tirreno cosentino – in primis Rovito, in qualità di amministratore unico – non si sarebbero fatti scrupolo di falsificare molti dei requisiti necessari per ricevere i sostegni. Dalla falsa certificazione della corretta posizione contributiva – in realtà la società era in debito con l’Inps e con l’Inail per oltre un milione e 253mila euro – allo stesso mantenimento del livello occupazionale: su 53 dipendenti che sarebbero dovuti rimanere in organico per almeno 3 anni, la gran parte viceversa sarebbe stata dopo pochi mesi licenziata. Un quadro sconfortante che dimostrerebbe ancora una volta l’utilizzo poco edificante delle risorse comunitarie per creare occupazione in Calabria.

 

Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it

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