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Un "tavolo" contro le interdittive antimafia

Le interdittive antimafia hanno portato negli ultimi anni a emettere centinaia di provvedimenti che, conseguentemente, hanno e stanno portando le imprese alla chiusura o al fallimento, oltre che, pri…

Pubblicato il: 07/04/2015 – 13:50
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Le interdittive antimafia hanno portato negli ultimi anni a emettere centinaia di provvedimenti che, conseguentemente, hanno e stanno portando le imprese alla chiusura o al fallimento, oltre che, principalmente, alla perdita di migliaia di posti di lavoro.
Si evidenzia, ancora, che allorquando dovesse essere distrutta una impresa “sana” il danno è ancora maggiore sia per le conseguenze subite da tale azienda e dai lavoratori licenziati, e sia per la possibilità, molto reale, che il relativo spazio venga occupato, veramente, da imprese in “odor di mafia” o gestite indirettamente da questa. E si evidenzia che la cosa era possibile in quanto queste nuove imprese spesso non venivano controllate nella immediatezza, aspettando, se fosse avvenuto, controlli a distanza di anni allorquando oramai l’attività era stata espletata. Si illustra, ancora: «Se poi i provvedimenti sono deboli e spesso si basano su ipotesi o su situazioni vecchie nel tempo e senza un tranquillo e sereno esame dei fatti, risulta evidente il “disastro” sociale ed economico che viene a subire il territorio. Senza aggiungere che la ‘ndrangheta ha un forte potere di attecchimento nelle zone degradate e povere sia economicamente che culturalmente. Tutti elementi questi che, invece di debellare questa, la rafforzano fortemente con la emissione di provvedimenti non adeguati e specificatamente motivati».
Motivi questi che hanno portato a chiedere, avendo registrato anomalie nelle segnalazioni, espressamente a ognuno dei destinatari per quanto di pertinenza e competenza, la creazione di un “tavolo tecnico” per affrontare il problema sopra illustrato con l’assunzione di una linea comune al fine di evitare così di lasciare all’umore dei singoli il destino di una intera regione.
Nel contempo, si segnalava, ancora, la possibile incompatibilità per coloro che avevano già fornito un parere o emesso un provvedimento nel caso di riesame della posizione. A tal fine si richiamava la normativa che stabiliva la incompatibilità del magistrato ad occuparsi di una pratica sulla quale vi era già stato un interessamento dello stesso. Con la precisazione, che l’astensione era obbligatoria e che in mancanza vi sarebbe stata la nullità degli atti emessi e la possibile contestazione del reato di cui all’articolo 323 codice penale. Si evidenzia, altresì, che nel caso delle interdittive e di richiesta di riesame, invece, erano sempre le stesse persone a dover valutare e decidere! Si contestava, quindi, tal metodo non potendosi, sicuramente, superare la criticità sopra evidenziata, essendo evidente la mancanza di quella trasparenza ed imparzialità riconosciuta e richiesta dai principi fondamentali della nostra Costituzione, oltre che dalla normativa europea. Lo scrivente, riceveva diverse telefonate ed anche lettere di ringraziamento e sostegno, ma tutti evidenziavano una pesante paura che eventuali interventi potessero portare ad azioni rivendicative da parte di alcuni appartenenti alle forze dell’ordine. Una situazione inconcepibile che portava a segnalare: “Grande Sud non teme di affrontare questi problemi che sono fondamentali per la crescita di un territorio e per lo sviluppo imprenditoriale ed occupazionale. In considerazione di ciò si sollecitano, fortemente, le Istituzioni, la classe dirigente di questa regione e tutte le forze sane affinchè tali problemi non restino chiusi all’interno di anonimi fascicoli, ma vengano affrontati pubblicamente e democraticamente. Vi è un sistema che non funziona e che deve essere corretto e reso maggiormente efficiente, al fine di porre, veramente, un argine serio alla criminalità organizzata. L’arroganza di chi può far male legalmente non porta da nessuna parte ed, anzi, spesso crea situazioni anomale per le quali si ottiene il risultato contrario».
Con la nota di sollecito del 24.01.2014, ai sensi della legge n. 241/90, si chiedeva, espressamente, che le Prefetture destinatarie della presente trasmettessero o rilasciassero una certificazione attestante le pratiche esaminate negli ultimi cinque anni e le interdittive emesse.
Si concludeva la nota affermando: «Il silenzio di una comunità è, certamente, un indice molto inquietante e di palese impoverimento culturale e della libertà e dignità di un intero territorio».
In relazione a delle specifiche pratiche, si denuncia, ancora, che vi era un possibile e probabile sistema di “connivenze”, per il quale le aziende veramente impermeabili venivano colpite, probabilmente, con interdittive non molto reali e chiare per lasciare spazio ad imprese vicine ai clan.
Ebbene, Grande sud aveva anticipato, con la dovuta prudenza, quello che poi è accaduto con gli arresti eccellenti del 26 febbraio 2014, presso la Questura di Vibo Valentia, e con la prosecuzione delle indagini che, certamente, molto probabilmente, potrebbero portare a scoprire che il problema è molto più radicato ed ampio di quello di cui alla ordinanza messa del gip distrettuale Abigail Mellace.
Grande sud, però, oggi si preoccupa di quello che è successo ed, in particolare, delle aziende colpite dai provvedimenti interdittivi che potrebbero essere stati “teleguidati”, ma, anche e principalmente, delle migliaia di posti di lavoro andati persi e di tantissime famiglie che non hanno la possibilità di sfamarsi.
Un danno pesantissimo al quale si deve immediatamente rimediare con la verifica di tutte le pratiche da parte di soggetti estranei all’ambiente di Vibo Valentia, per evitare che vi siano quelle incompatibilità sopraindicate.
Si affermava nella nota dell’1 marzo 2014: «La speranza di chi crede nella giustizia è la forza delle persone che non si lasciano influenzare o, ancora, che non si prestino a supportare posizioni poco chiare. Oggi le Prefetture di Vibo Valentia e Reggio Calabria hanno due persone di grande spessore morale e professionale che, però, devono avere il coraggio, che certamente non mancherà, di rivalutare tutte le posizioni interessate e di assumere, celermente, tutti i conseguenti provvedimenti, sospendendo, se necessario, le interdittive emesse, almeno per quelle dubbie, che possano consentire la ripresa economica ed occupazionale e nello stesso tempo ad avere ancora fiducia nella credibilità delle istituzioni».

In tale nota, tra l’latro, si chiedeva espressamente: «I destinatari della presente hanno il dovere morale, oltre che l’obbligo di legge per le posizioni di garanzia che ricoprono, di intervenire e supportare i Prefetti e le Forze dell’Ordine in questa difficile e pesante situazione, dimostrando che lo Stato esiste anche in condizioni di estrema gravità».

Ebbene, su tale problema di rilevante importanza per uno Stato democratico e per la vita ed esistenza dei cittadini, nessun intervento concreto vi è stato: silenzio assoluto da parte di tutti. Dimostrazione palese della paura che vige nei territori. Solo i Sindacati e gli operai hanno manifestato, giustamente, per difendere le migliaia di posti di lavoro andati perduti. Ma, poi il silenzio più assoluto.
Grande sud non teme di contrastare un “sistema corrotto e persecutorio” che, invece, di sostenere la vera legalità a volte sorregge il malaffare. Chiede, pertanto, ancora una volta, che le Autorità destinatarie della presente assumano tutte le iniziative di competenza per il vero rispetto della legge, e che venga nominata una Commissione di Inchiesta per accertare se le informative inviate siano conformi alla realtà dei fatti o se, invece, vi siano delle anomalie ed altri interessi. Si ha notizia di informative che non contengono dati veritieri, che richiamano fatti vecchissimi non pertinenti, che non indicano le sentenze assolutorio, che non aggiornano le pratiche e che dinnanzi alle richieste legittime degli imprenditori che comprovano documentalmente una situazione completamente diversa, omettono di correggere le proprie relazioni.
Grande Sud ha già diversi dossier di pratiche con relazioni che omettono di illustrare con precisione i fatti e gli eventi e con indicazioni che spesso non corrispondono al vero.
Per meglio comprovar e cosa sta succedendo si chiede, espressamente, alle associazioni di categorie di trasmettere, per quanto possibile, la copia degli atti che interessano gli imprenditori che si trovano nelle condizioni sopra indicate.
Si chiede, altresì, alla Commissione Antimafia di fissare degli incontri per audire lo scrivente e gli imprenditori che hanno subito le azioni sopra descritte.

*Coordinatore organizzativo regionale Grande sud

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