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Bancarotta fraudolenta al Papa Giovanni, condannato don Luberto

PAOLA Accumula una nuova condanna don Alfredo Luberto, amministratore del “Papa Giovanni” di Serra d’Aiello. Secondo i giudici del Tribunale di Paola l’ex monsignore (sospeso a divinis dal vescovo …

Pubblicato il: 24/04/2015 – 14:21
Bancarotta fraudolenta al Papa Giovanni, condannato don Luberto

PAOLA Accumula una nuova condanna don Alfredo Luberto, amministratore del “Papa Giovanni” di Serra d’Aiello. Secondo i giudici del Tribunale di Paola l’ex monsignore (sospeso a divinis dal vescovo di Cosenza Nunnari) proprio nella sua qualità di amministratore nonché presidente della Fondazione – che offriva servizi socio-assistenziali ad anziani, disabili e con disturbi psichici – avrebbe distratto dalle casse dell’istituto del Tirreno cosentino una cospicua cifra: si parla di oltre 3 milioni 554mila euro. Causando anche bancarotta fraudolenta dell’istituto per anni al centro di una lunga stagione di agonia economico-finanziaria. Proprio per questo il Tribunale in sezione unica – presieduto da Carmine De Rose – ha condannato don Luberto a 1 anno e 10 mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali, all’inabilità all’esercizio di un’impresa commerciale ed all’incapacità all’esercizio di uffici direttivi per dieci anni. Inoltre i giudici hanno sanzionato l’ex padre padrone del Papa Giovanni al risarcimento dei danni a favore curatela fallimentare dell’Istituto – che si era costituita parte civile del processo penale a carico l’ex presule – per 100mila euro. A questo scopo la corte ha disposto anche la provvisionale. Una condanna che si somma a quella di 5 anni di reclusione – già passata in giudicato – rimediata da don Luberto nel 2009 e divenuta definitiva nel 2013. La vicenda di don Luberto era finita al centro di un’inchiesta portata avanti dalla Procura di Paola e terminata con l’arresto nel 2007 del presule. Stando a quanto emerso da quelle indagini – che hanno poi portato alla condanna definitiva del monsignore –, l’amministratore intascava ingenti risorse distraendole dalle casse dell’Istituto serrese per mantenere un tenore alto di vita. Mentre proprio i pazienti del “Papa Giovanni XXII” erano costretti a vivere nell’indigenza in una sorta di lager proprio per la mancanza di soldi utili ad acquistare servizi, alimenti e farmaci per gli ospiti della struttura.

 

Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it

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