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Processo Cacciola, Pisani depone in appello

REGGIO CALABRIA Fa pesare la sua voce anche nel processo d’appello contro i familiari di Cetta Cacciola l’avvocato Pisani, ex legale della famiglia, divenuto collaboratore di giustizia dopo essere fi…

Pubblicato il: 27/05/2015 – 8:55
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Processo Cacciola, Pisani depone in appello

REGGIO CALABRIA Fa pesare la sua voce anche nel processo d’appello contro i familiari di Cetta Cacciola l’avvocato Pisani, ex legale della famiglia, divenuto collaboratore di giustizia dopo essere finito nei guai per la falsa ritrattazione cui, insieme al collega Cacciola, aveva costretto la testimone, qualche tempo dopo morta per una letale ingestione di acido muriatico su cui ancora si indaga. «Mi sono pentito di aver dato la mia disponibilità – dice collegato in videoconferenza da sito protetto – e mi sono pentito di essere entrato in contatto con una testimone di giustizia. Ho sbagliato. Non ho messo la giusta distanza fra me e la famiglia Cacciola. Quella che la mia scrivania d’avvocato mi imponeva di avere. Ho assecondato tutti i loro desideri. Me ne assumo tutte le responsabilità».
Rispondendo alle domande del pg Riva e dei suoi ex colleghi, Pisani ha spiegato – senza tentennamenti – anche a che scopo quella falsa ritrattazione fosse stata congegnata «dovevo tutelare la cosca Bellocco», dice Pisani ricostruendo tutte le fasi di quella vicenda. «I primi di luglio del 2011 incontrai per caso al tribunale di Palmi l’avvocato Cacciola e mi disse che all’interno del suo studio c’era stata una riunione, in cui oltre a lui e ai familiari di Cetta, c’era la zia Teresa, moglie di Gregorio Bellocco, e quest’ultima chiese che fossi nominato io anche come legale, c’era una strategia».
È proprio in questo periodo che la testimone di giustizia, pressata dai familiari, decide di abbandonare il programma di protezione. «Lei non voleva tornare – afferma l’avvocato – almeno così ho percepito io. Ma doveva rientrare, per ritrattare. L’avvocato Cacciola mi disse che i familiari erano andati a prenderla, ma attendevano nostre notizie per sincerarsi di non incorrere in responsabilità per aver fatto rientrare la ragazza». Ma anche dalla Procura, spiega il legale, confermano: Cetta Cacciola ha rinunciato al programma di protezione ed è una donna libera. Almeno formalmente. In realtà, è già un burattino nei mani dei suoi stessi familiari, terrorizzati non solo da quanto dichiarato sui loro affari e crimini, ma soprattutto sulle attività del clan Bellocco. Per questo, il 12 agosto la portano nello studio dell’avvocato Cacciola, di recente condannato per questo a 6 anni e 4 mesi, dove per l’accusa avrebbe registrato la microcassetta con cui smentisce tutto quanto in precedenza dichiarato.
«Quel pomeriggio del 12 agosto del 2011 – conferma Pisani – intorno alle ore 17 e 30 andai presso lo studio dell’avvocato Cacciola, suonai il campanello e la porta mi fu aperta da Michele Cacciola. Nella sua stanza c’era Maria Concetta, provai ad entrare, ma Michele me lo impedì; stavano registrando; così mi disse. Dopo pochi minuti entrai e vidi sulla scrivania 4 fogli scritti dallo stesso legale, erano scritti da lui perché conosco la sua grafia. Il collega li prese e li strappò, sono riuscito a veder però che in un foglio era scritto “rabbia nei confronti dei familiari”, erano i fogli letti da Cetta durante la ritrattazione. Ho visto la ragazza visibilmente imbarazzata per quello che stava succedendo». È allora che Pisani ha capito in che gioco fosse stato inserito e ha iniziato ad avere paura, cercando di tirarsi indietro, di tenersi fuori. Ma il clan lo ha capito e immediatamente ha provveduto a fargli capire che con loro non si scherza. «È bastata – racconta fra le lacrime – una visita in studio del fratello di Cetta, Gregorio, presentatosi insieme a un giovane che – dice ancora – aveva un giubbotto, ma era piena estate. Ho temuto fosse armato. Ho avuto paura per me, mia moglie e i miei figli. Non sapevo cosa fare, l’ho rincorso quando ho visto che si era arrabbiato, e ho sbagliato».
Sbagli di cui – spiega – si è assunto la responsabilità iniziando un percorso di collaborazione che ha permesso ai magistrati di precisare ulteriormente il quadro accusatorio a carico dei genitori e del fratello di Cetta Cacciola. Prima di pentirsi, da imputato, Vittorio Pisani in questo stesso procedimento aveva rimediato 4 anni e sei mesi perché riconosciuto colpevole di aver contribuito alla falsa ritrattazione di Cetta. Anche i familiari della testimone sono stati condannati a pene severe – 4 anni e 10 per Anna Rosalba Lazzaro, 5 anni e 8 mesi per Giuseppe Cacciola e 6 anni e 6 mesi per Michele Cacciola, più 4 anni e 6 mesi per lo stesso Pisani – che adesso dovranno passare il vaglio della Corte d’appello.

 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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