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Perseo, in aula il controesame del pentito Cappello

LAMEZIA TERME Nuova udienza del processo Perseo per i 21 imputati che hanno scelto il rito ordinario. L’udienza di questo venerdì è stata interamente dedicata al controesame del collaboratore di gius…

Pubblicato il: 05/06/2015 – 21:05
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Perseo, in aula il controesame del pentito Cappello

LAMEZIA TERME Nuova udienza del processo Perseo per i 21 imputati che hanno scelto il rito ordinario. L’udienza di questo venerdì è stata interamente dedicata al controesame del collaboratore di giustizia Rosario Cappello, ritenuto dagli inquirenti tra i componenti della “commissione” della cosca Giampà, che il 15 dicembre 2011 ha deciso di diventare collaboratore di giustizia. Tanti gli argomenti racchiusi nelle domande dei legali. I primi a prendere la parola sono stati i difensori di Franco Trovato, gli avvocati Di Renzo e Staiano, i quali hanno chiesto al collaboratore dei chiarimenti sul momento in cui avrebbe saputo della sparatoria compiuta ai danni del figlio Saverio, anch’egli collaboratore di giustizia, per la quale vengono indicati i fratelli Trovato. In particolare si è parlato di una lite avvenuta in una discoteca di Nocera Terinese tra Trovato e suo figlio Giuseppe e il collaboratore non esita nell’affermare che «Trovato picchiò mio figlio». È poi intervenuto l’avvocato Spinelli, legale di Antonio Notarianni, che ha chiesto al collaboratore notizie sui contrasti che ci sono stati tra Giuseppe Giampà e lo zio Vincenzo Bonaddio e sulla possibilità che esso potesse sfociare in azioni di sangue ai danni di chi parteggiava per l’uno o per l’altro. La risposta di Cappello è stata secca: «Giuseppe non andava più d’accordo con Angelo». La parola è poi passata all’avvocato Aldo Ferraro che difende Vincenzo Arcieri, Giuseppe Notarianni e Carmen Bonafè. Ferraro ha spostato l’attenzione sul ruolo di Cappello all’interno della cosca, su chi prendeva le decisioni e puntando al fatto che il teste non avesse alcun ruolo decisionale all’interno del clan nonostante quanto avesse affermato nell’udienza del 29 maggio. È poi emerso, addirittura, che anche se Cappello Rosario si fosse opposto a qualche omicidio o a qualche richiesta estorsiva, «loro la facevano comunque lo stesso». L’avvocato Ferraro ha poi fatto emergere che Cappello Rosario avrebbe avuto una dote di ‘ndrangheta, il “diritto di medaglie e medaglioni”, sconosciuta agli annali della ‘ndrangheta, che il collaboratore dice che sarebbe stata conferita solo a lui nel 2000 durante una detenzione nel carcere di Cosenza, e di cui anche i suoi associati erano all’oscuro. Quanto poi alle attività estorsive nelle quali Cappello aveva dichiarato di essere coinvolto, e delle quali accusava anche il cognato Arcieri Vincenzo, dalle domande dell’avvocato Ferraro è emerso che Cappello non ha compiuto, in tutta la sua carriera criminale, mai nessuna attività estorsiva nei confronti di nessun imprenditore, e che quanto aveva in precedenza dichiarato lo avrebbe appreso proprio dal cognato. Senza tuttavia riuscire a spiegare l’epoca a cui risalirebbero tali estorsioni, né il loro importo ovvero l’autore di esse. Il processo è stato quindi rinviato al prossimo 19 giugno, data nella quale sarà esaminato l’altro collaboratore di giustizia Giuseppe Cappello, figlio di Rosario.
Sono 21 le persone imputate nel rito ordinario del processo Perseo: Andrea Crapella; Giuseppe Grutteria; Antonio Curcio; Antonio De Vito; Franco Trovato; Antonio Donato; Fausto Gullo; Giuseppe Notarianni; Michele Muraca; Vincenzo Perri; Domenico Curcio; Giancarlo Chirumbolo; Giovanni Scaramuzzino; Carlo Curcio Petronio; Antonio Notarianni; Eric Voci; Antonio Voci; Vincenzo Arcieri; Pino Scalise; Davide Giampá e Carmen Bonafé, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, truffa alle assicurazioni aggravata dall’articolo sette, estorsione e reimpiego di fondi di provenienza illecita.

ale. tru.

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