«Veleni a Maierato? Lo dicemmo 5 anni fa»
VIBO VALENTIA Che la frana di Maierato fosse da attribuire alla forte incidenza di inquinanti e non alle precipitazioni di quel fatidico 15 febbraio del 2010, era chiaro fino a qualche mese dopo l’ev…

VIBO VALENTIA Che la frana di Maierato fosse da attribuire alla forte incidenza di inquinanti e non alle precipitazioni di quel fatidico 15 febbraio del 2010, era chiaro fino a qualche mese dopo l’evento che ha fatto precipitare a valle la zona vicino all’abitato. A stabilirlo – molto prima della Procura di Vibo che lo scorso 19 maggio ha reso noti i risultati del lavoro congiunto con tecnici dell’Unical e dell’Arpacal – era stata una commissione di esperti convocata cinque anni fa in tutta fretta da Cnr e dalla stessa Università della Calabria, per tracciare delle linee guida sulla frana che aveva divorato il Comune vibonese, secondo modalità che in quel momento apparivano inspiegabili.
Allora, il geologo e docente dell’Unical Alessandro Guerricchio e colleghi erano stati chiari: la pioggia non c’entrava niente, perché le precipitazioni non erano in grado di spiegare come gli oltre mille corpi franosi, suddivisi in macro-zolle, fossero rimasti inalterati, mentre a loro si era aggiunto un altra crepa preoccupante, la più grande, che, senza preavviso, aveva costretto gli abitanti a evacuare l’abitato in poche ore. In realtà, qualcosa che doveva mettere in allerta c’era già: «Tutte quelle aziende a meno di un chilometro di distanza che scaricavano inquinanti nel sottosuolo – ha spiegato Guerricchio – avrebbero dovuto attirare l’attenzione delle autorità che erano state messe a conoscenza tramite una relazione sulle alle condizioni chimico-fisiche che quel terreno aveva assunto».
Cosa ci fosse, lo stabilì il lavoro scientifico che Guerricchio e colleghi misero nero su bianco a rilievi ultimati: già senza le analisi chimiche «allora considerate troppo onerose», ha affermato Guerricchio, fu possibile stabilire una verità preoccupante «su cui – chiosa il geologo – allora non si volle procedere», e cioè che il terreno della frana non appariva solo interessato da inquinanti, ma addirittura «corroso», disintegrato dall’interno, a causa degli sversamenti delle aziende vicine. Una mela intatta all’esterno, ma pressoché divorata dentro, per intenderci.
«Tutti – ha affermato ancora Guerricchio – si misero subito a parlare di piogge. Mi opposi, contrapponendo all’affermazione le stesse caratteristiche del territorio di Maierato. Come mai i corpi franosi già esistenti non erano stati “attivati” dalla pioggia? Qualcosa, evidentemente, non tornava. Lo affermammo nella relazione che consegnammo, e fuori testo fummo anche molto più esaustivi».
Il lavoro di Guerricchio e degli altri esperti, però, non è stato preso in considerazione per quasi cinque anni. «Solo oggi – ha detto ancora il geologo – la Procura che era stata informata l’ha rispolverato, affidando tra l’altro le conclusioni finali a una onerosa commissione che ha dovuto stabilire di nuovo quanto era già noto allora: che le precipitazioni non c’entravano niente e che le colpe erano da attribuire esclusivamente alla zona industriale, che ha inquinato la falda con inquinanti e corrosivi e l’ha resa ulteriormente instabile con un quantitativo di acqua che il terreno non avrebbe mai potuto contenere senza rovinare verso valle».
Zaira Bartucca
z.bartucca@corrierecal.it