Reggio, sotto sequestro il cantiere di Corso Garibaldi
REGGIO CALABRIA Finisce sotto sequestro l’enorme area di cantiere del centralissimo corso Garibaldi di Reggio, da mesi bloccato dai lavori per il ripristino della vecchia pavimentazione di basolato l…

REGGIO CALABRIA Finisce sotto sequestro l’enorme area di cantiere del centralissimo corso Garibaldi di Reggio, da mesi bloccato dai lavori per il ripristino della vecchia pavimentazione di basolato lavico, insieme all’area di stoccaggio e deposito delle vecchie lastre. Per i carabinieri del Comando provinciale e quelli del nucleo Tutela patrimonio culturale di Cosenza, quelle opere sono state eseguite in violazione delle prescrizioni imposte dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici per le Province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, per questo sul registro degli indagati sono finiti il dirigente comunale Marcello Cammera, il rup Daniela Filomena Neri e i legali rappresentati delle ditte interessate ai lavori, Francesco Siclari della “Siclari Agostino Costruzioni generali srl”, e Antonino Porta dell’omonima ditta.
Raccogliendo probabilmente le numerose segnalazioni dei cittadini indignati, che avevano tempestato stampa e autorità competenti di lettere di protesta, i carabinieri hanno appurato che le ditte incaricate dei lavori non hanno proceduto al recupero accurato delle lastre in pietra lavica attraverso strumenti idonei che evitassero la rottura o il danneggiamento, tanto meno hanno individuato e stoccato le preziose lastre in buone condizioni, ma si sono limitati a rimuovere grossolanamente e affastellare in un’area di deposito tutto l’antico basolato. Per bilanciare l’interesse alla tutela dei beni di interesse storico e artistico con quello dell’esecuzione dei lavori pubblici, le aree di cantiere di Corso Garibaldi oggi messe sotto sequestro sono state date in custodia con facoltà d’uso al Responsabile unico del procedimento, Daniela Filomena Neri, al direttore dei lavori, Marcello Francesco Cammera e al funzionario sovraordinato, l’ingegnere Marcello Romano, nonché ai legali rappresentanti delle ditte esecutrici dei lavori, che avranno l’obbligo di osservare le prescrizioni già indicate dettagliatamente dalla Soprintendenza.
Il progetto inerente il ripristino della vecchia pavimentazione del Corso Garibaldi ha visto la luce nel 2007, quando è stato approvato in sede di conferenza di servizi. All’epoca però, in base a “non meglio precisate indagini” svolte dai progettisti di concerto con il Rup, sarebbe emersa l’impossibilità di recuperare o ripristinare la pavimentazione danneggiata a causa dell’estinzione della cava da cui il materiale era stato estratto, dunque si stabiliva di sostituire del vecchio basolato con uno di nuova fattura.
Eppure, sette anni dopo, quando i lavori hanno concretamente preso il via, i vecchi lastroni sono apparsi immediatamente integri, nonostante le colate di asfalto che nel tempo li hanno coperti, dunque tutt’altro che “irrecuperabili”. Ai lavori è stata dunque interessata la Soprintendenza (Sbap), perché valutasse la conservazione o comunque il riutilizzo del materiale, ma alle istanze di Palazzo San Giorgio è stati risposto – senza nessuna documentazione di supporto – che solo il 10% del materiale era riutilizzabile. Nei mesi successivi però la Sbap non è mai stata messa nelle condizioni di controllare le modalità di svolgimento dei lavori, né di verificare le condizioni del basolato, materiale “storico”, ben lavorato, di forte spessore e di ottima resistenza, preziosa testimonianza delle pratiche tradizionali del fare, connesse all’impiego dei materiali locali. Problematiche segnalate al Comune che più volte ha – inutilmente – ordinato di dare il via libera alle ispezioni dei tecnici della Sovrintendenza, obbligata nel febbraio 2015, a disporre la sospensione dei lavori. Un provvedimento poi revocato, in seguito gli impegni assunti dagli amministratori comunali e dalla direzione dei lavori di recepire le prescrizioni dettate dalla Soprintendenza, ma rimasti lettera morta come dimostrato dall’ultimo sopralluogo dei tecnici della Sbap, che nel luglio 2015hanno accertato che i lavori di rimozione del basolato lavico si stavano svolgendo in difformità delle prescrizioni impartite.
Al contrario, le tecniche di rimozione che le ditte continuavano a utilizzare avevano provocato la rottura di gran parte delle preziose storiche basole. Per questo, oggi sui cantieri del centro di Reggio è intervenuta la Procura, con lo scopo di tutelare un’area sottoposta a vincolo paesaggistico, dichiarata di notevole interesse pubblico e sottoposta a tutti i vincoli propri di un bene culturale.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it