Sanità, ora un cambio di marcia
I titoli dei giornali di questi giorni provocano non poco imbarazzo e tante preoccupazioni in relazione alla conflittualità istituzionale insorta intorno alla sanità da esigere, a mente della Costitu…

I titoli dei giornali di questi giorni provocano non poco imbarazzo e tante preoccupazioni in relazione alla conflittualità istituzionale insorta intorno alla sanità da esigere, a mente della Costituzione, quella sanità normale che altri godono tranquillamente. Basta vedere la vicina Basilicata per morire di invidia oltre che di malasanità!
Tutto questo contribuisce a consolidare una organizzazione della salute allo stato primordiale, peggiorata a causa del pensionamento dei migliori, dal blocco del turnover e, ove dribblato, dalla mancata selezione meritocratica dei sostituti, dalla invadenza della politica, finanche nello scegliere le gomme e le matite, dalla concorrenza sleale generata recentemente tra il ceto politico e il commissario, da sempre non all’altezza della situazione. Oggi si aggiunge il vezzo di discutere di sanità così come se si trattasse di un acceso derby calcistico, ove ad incidere sull’esito sono anche le pressioni degli ultrà, dei quali entrambe le parti in contesa sono all’affannata ricerca. Il tutto a discapito della leale collaborazione che dovrebbe di contro caratterizzare le istituzioni in assurda contesa.
Una situazione sgradevole e dannosa, venuta fuori da errori commessi serialmente e, in quanto tale, difficile a rimediare senza assumere il coraggio di chiedere scusa ai calabresi e ricominciare da capo. Non è importante capire chi comanda la nave, peraltro costretta a solcare un mare in tempesta con tendenza al peggioramento. Ciò che conta è sapere ciò che c’è da fare.
Per farlo bene necessita:
– un passo indietro della politica, quella che è stata per decenni dominante ritenendo la sanità la preda da domare e da riportare allo stato “domestico”, consono al migliore sfruttamento. Un difetto che occorre ripudiare perché fa male alla salute più del fumo, atteso che produce gestione clientelare, polverizzazione delle risorse, indebiti privilegi lavorativi, protezionismo politico assicurato ai privati più emergenti, uso improprio delle regole sull’accreditamento e incapacità a sostenere le politiche privilegianti il territorio e aggregative delle strutture esistenti, che necessitano per rendere una sanità che rigetta il criterio che una cardiochirurgia non si rifiuta ad alcuno;
– un passo in avanti del commissario ad acta, che sembra avere assunto una prerogativa più politica che di governo della salute. Troppe le uscite pubbliche, eccessive le riunioni, le interviste, le assicurazioni e le critiche, manifeste e sibilline, nei confronti di chi i calabresi hanno scelto a capo della Regione. Poche, se non del tutto assenti, le cose che si fanno, soprattutto quelle dolorose che verranno fuori dall’applicazione del nuovo regolamento (numero 70 del 2015) recante i requisiti standard della assistenza ospedaliera pubblica e privata. Un atto dovuto che imporrà il riordino dell’assurda riorganizzazione ridisegnata, incoscientemente, nelle more e la conseguenziale chiusura di mezzo sistema della spedalità calabrese. Un evento oramai prossimo, che sta preoccupando tutto il Paese, impegnato nei necessari confronti inter-istituzionali, che in Calabria pare non preoccupare alcuno.
Dunque, occorre un cambio di marcia, un freno della politica e un’accelerazione del commissario, entrambi seduti sulla stessa autovettura, indipendentemente da chi svolge il ruolo di pilota e chi esercita quello del navigatore, ma soprattutto non interessati ad apparire sul podio.
Nella sanità il podio tocca ai calabresi, sofferenti da decenni per una tutela della salute che non c’è e che si è costretti a rintracciare altrove!
Insomma, bisogna rimediare un rapporto nato male che si rischia di far finire peggio. Il tutto ha preso inizio con l’errore di ipotesi di supporre come possibile la nomina del neoeletto presidente della Regione a commissario ad acta. Uno svarione giuridico che ha creato non pochi problemi alla legislatura regionale, finanche da arrivare a comprometterne la credibilità politica e tecnica, attesa l’insistenza di sostenere l’impossibile come percorribile.
Una circostanza che ha inciso negativamente nei rapporti Governo-Regione, fortunatamente “aggiustati” a seguito delle trattative post “rimborsopoli” propedeutiche alla formazione della nuova giunta. Un terremoto, quello causato dai provvedimenti della magistratura reggina, destinati quantomeno per alcuni a sgonfiarsi, che creerà qualche pericoloso (ma forse giustificato) dissapore all’interno della maggioranza che condivide l’attuale governo regionale.
Questo è quanto accaduto che, al netto dei malumori generati nella politica, ha provocato una profonda delusione nella società civile, sempre più ingombrata da liti “condominiali” e dalla inesigibilità dei diritti. Evitiamo (tutti) di darle addosso rimediando una sanità accettabile. Un dovere, solo che si sappia da dove cominciare e dove arrivare.
*Docente Unical