COSENZA Il Tribunale di Cosenza ha rigettato tutte le questioni preliminari avanzate dalle difese degli imputati del processo sullo scandalo dei confidi d’oro a Cosenza, la presunta truffa perpetrata con i fondi statali antiusura, stanziati dal ministero dell’Economia e delle Finanze negli anni 2008-2012, dai responsabili delle cooperative di garanzie fidi “Opus homini” e “Finlabor”. Nella vicenda sono coinvolti Gianfranco Vecchione, Giuseppe Carotenuto e Giovanni Falanga, responsabili degli enti all’epoca della vicenda, accusati anche di truffa e associazione a delinquere. Il collegio difensivo aveva chiesto la nullità del capo di imputazione relativa all’associazione a delinquere e aveva evidenziato anche una questione relativa al mancato rispetto dei termini di 20 giorni tra la chiusura indagini e la richiesta di rinvio a giudizio.
Questa inchiesta non riusciva a superare una fase di stallo anche perché il fascicolo era stato affidato a pm che oggi non sono più in servizio alla Procura di Cosenza. Determinata a far decollare il processo è stata il nuovo procuratore aggiunto Marisa Manzini, che ha riformulato i capi di imputazione individuandone 65. Così, questa mattina, il processo è entrato nel vivo.
Secondo l’impianto accusatorio, i tre nel loro ruolo di organizzatori e promotori si sarebbero associati per commettere più reati di truffa aggravata. In particolare, Carotenuto, Vecchione e Falanga – in qualità rispettivamente di presidente e direttore generale della “Opus homini” i primi due e l’altro di presidente della “Finlabor” – mediante la costituzione dei confidi “Opus homini” e “Finlabor” avrebbero presentato richieste di erogazioni dei fondi da parte del ministero dell’Economia e della Finanza, si sarebbero resi responsabili della fraudolenta valutazione delle condizioni di merito creditizio delle aziende richiedenti le garanzie, l’inoltro di istanze di finanziamento a istituti di credito convenzionati con i due organismi. Avrebbero falsificato le lettere bancarie di rigetto del finanziamento, presentando agli istituti di credito convenzionati istanze di accesso ai fondi antiusura con il certificato di rigetto del finanziamento, inducendo in errore il ministero dell’Economia. In questo modo, si sarebbero procurati un ingiusto profitto per 513.475 euro, successivamente incrementato in virtù del ricorso alla procedura di reinvestimento delle somme percepite secondo il meccanismo del moltiplicatore con corrispettivo danno per il ministero.
Si prosegue il prossimo 23 febbraio con i primi testimoni della Procura.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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