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La «gestione domestica» della Municipale di Bagnara

BAGNARA CALABRA Un signorotto, un feudatario che si «arroga diritti che non gli sono propri, esercita quelli che gli spettano con margini di insindacabile e incontrollabile discrezionalità, ingeneran…

Pubblicato il: 08/02/2016 – 23:01
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La «gestione domestica» della Municipale di Bagnara

BAGNARA CALABRA Un signorotto, un feudatario che si «arroga diritti che non gli sono propri, esercita quelli che gli spettano con margini di insindacabile e incontrollabile discrezionalità, ingenerando situazioni foriere di discriminazioni e iniquità, dispensa forme di giustizia sommaria, opera secondo criteri di dubbia opportunità ed evidente parzialità, offrendo un ombrello di impunità ad alcuni e mostrandosi integerrimo con gli altri, chiudendo un occhio di fronte a certi abusi, se non tutti e due». È un ritratto devastante del comandante dei vigili urbani di Bagnara Calabra, Raimondo Cacciola, quello che viene fuori dall’ordinanza con cui il gip Karin Catalano ha disposto l’arresto in carcere per lui e i domiciliari per la moglie Giuseppina Luppino, agente al suo comando, e Pasquale Clemente, collega dei due. A pochi mesi dalla sentenza che ha visto il precedente capo dei vigili Giuseppe Bellantone, condannato a sei anni di carcere per falsità ideologica e omissione e abuso di atti d’ufficio, una nuova bufera si abbatte sulla polizia municipale di Bagnara e sui suoi rinnovati vertici.
LA MUNICIPALE? COSA MIA Per il pm Cristillo, che ne ha chiesto e ottenuto l’arresto, tanto Cacciola come Luppino e Clemente sono tutti a vario titolo responsabili del sistema di illegalità diffusa generato da una «gestione domestica, sen non del tutto contraria alla legge» della polizia municipale di Bagnara Calabra. Nel piccolo centro turistico della tirrenica, tutto era demandato alla personalissima concezione delle leggi e del codice del comandante. Cacciola – si legge nell’ordinanza – «si permette ora di non dare corso alle assillanti richieste di intervento avanzate da privati cittadini, come pure dalle stesse forze dell’ordine, ora di non elevare sanzioni o di comminarle in misura ridotta, ora di selezionare le violazioni da contestare, limitandosi a quelle di carattere amministrativo e non penale, ancora di omettere deliberatamente di trasmettere le informative di reato, ovvero di lasciare inevase le subdeleghe da parte dei carabinieri, infine di soprassedere di fronte all’evidenza delle violazioni di legge, compiacendosi di riconoscere a sua discrezione ad alcuni soggetti – piccoli imprenditori, appaltatori, albergatori, privati cittadini – una patente di impunità, un ombrello protettivo rispetto alle violazioni commesse in materia di edilizia o di smaltimento dei rifiuti».
LA DENUNCIA ALL’ORIGINE DELL’INDAGINE Un «dominio assoluto ed esclusivo su ogni aspetto nevralgico dell’attività dell’ufficio» scoperto grazie alla denuncia di una donna che più volte ha visto ignorate le sue segnalazioni su abusi e violazioni commesse da un’impresa, impegnata in lavori di ristrutturazione nei pressi della sua casa. L’indifferenza della municipale e del suo comandante di fronte ai reiterati abusi ha indotto la donna a rivolgersi ai Carabinieri. Ma anche di fronte alle pressioni del sindaco e dei militari, Cacciola ha continuato a ignorare la situazione, permettendo alla ditta Fazzari di agire impunemente. Lo hanno scoperto i carabinieri, quando la donna si è nuovamente presentata in stazione per presentare denuncia per abusivismo edilizio, inducendo gli investigatori ad approfondire. Quello che è emerso, anche grazie ad una fortunata perquisizione che ha permesso di scoprire persino un registro di protocollo con una serie di progressivi lasciati in bianco per essere compilati alla bisogna, è una serie infinita di irregolarità, abusi e reati, tramutatisi in una lunga lista di contestazioni a carico di Cacciola, della moglie Luppino e del collega Clemente, ma anche di altri dieci indagati.
LA LEGGE DI CACCIOLA Fra loro c’è anche il titolare della ditta Fazzari, più volte “graziato” da un Cacciola curiosamente miope di fronte ai reiterati illeciti commessi. Quando costretto dalle circostanze, come nel caso di una volontaria demolizione di un muro, si limitava ad una semplice multa, al posto della doverosa denuncia. Stesso “trattamento di favore” di cui ha beneficiato Domenico Libro, beccato a ristrutturare interamente una casa senza uno straccio di autorizzazione, o Vittoria Ruggiero, titolare dell’omonimo hotel, che nei mesi estivi ha popolato di sedie e tavolini la piazza su cui l’attività affaccia senza averne alcun titolo. Un caso quest’ultimo che si è tradotto anche in un danno non di modesta entità per l’Ufficio tributi, cui la titolare dell’hotel ha potuto omettere di versare quasi diecimila euro.
PADRONI DI CASA Tutto era concesso, purchè lo decidesse Cacciola. Del resto, per lui, come per la moglie Giuseppina Luppino, il comando della municipale era un prolungamento della casa padronale, dove loro e solo loro potevano dettare legge. Lo hanno dovuto rendere noto con una lettera di protesta consegnata al sindaco e al segretario generale i colleghi dei coniugi, cui veniva interdetto persino l’accesso alla fotocopiatrice, al fax e al computer su cui erano installate applicazioni necessarie, come quella che consente le visure delle targhe delle automobili. Allo stesso modo, il comandante aveva tentato di imporre all’impiegato del protocollo di consegnare solo ed esclusivamente a lui posta e documenti, presumibilmente per smistare a suo piacere le pratiche. «Avevano accesso completo agli atti Cacciola e la Luppino – mette a verbale uno dei colleghi – Questa situazione coniugale ci appariva potesse creare una certa incompatibilità, visto che il Cacciola era comandante e la Luppino era sua sottoposta».
INCIDENTE CON ESTORSIONE E da bravi padroni di casa, i due gestivano in maniera autonoma anche le ore di permanenza al comando, dove il canonico orario di servizio era d’obbligo solo per i sottoposti. È divenuto evidente ai carabinieri che hanno cercato di capire cosa stesse succedendo a Bagnara, quando si sono ritrovati in mano il verbale di un sinistro stradale causato dalla Luppino nelle ore in cui – almeno in teoria – avrebbe dovuto essere in servizio. Ma con la complicità del marito e di un collega, la donna non solo ha tentato di alterare l’orario dell’incidente, ma anche di estorcere soldi sia all’Inail con un’inesistente causa di servizio, sia allo sventurato automobilista. A qualche settimana dal tamponamento, il comandante Cacciola, in completa divisa, si è infatti presentato a casa dello zio dell’uomo pretendendo parte del risarcimento versato dall’assicurazione. Un’iniziativa che per il pm è qualificabile come tentata estorsione, ma che non esaurisce la lunga lista di illeciti commessa dai coniugi. Che d’altra parte, sapevano essere anche generosi. Quanto meno con il loro protetto, Pasquale Clemente. A lui è stato permesso – con il beneplacito del comandante Cacciola – persino di intervenire in favore di un parente.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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