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Cinquefrondi, cittadinanza onoraria ad Anna Maria Scarfò

REGGIO CALABRIA Un gesto simbolico per rimediare un torto di altri, ma che ha il pregio di ricucire il filo fra una calabrese che ha avuto il coraggio di denunciare e la sua terra d’origine: è questo…

Pubblicato il: 25/02/2016 – 18:37
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Cinquefrondi, cittadinanza onoraria ad Anna Maria Scarfò

REGGIO CALABRIA Un gesto simbolico per rimediare un torto di altri, ma che ha il pregio di ricucire il filo fra una calabrese che ha avuto il coraggio di denunciare e la sua terra d’origine: è questo il significato della delibera con cui il Comune di Cinquefrondi ha voluto insignire della cittadinanza onoraria Anna Maria Scarfò. Per anni ritenuta “malanova” del suo paese d’origine, San Martino di Taurianova, per aver avuto il coraggio di denunciare le angherie e le violenze subite da un branco di compaesani, Anna Maria è da tempo costretta a vivere lontano dalla Calabria. A causa delle minacce ricevute, da tempo vive in regime di protezione insieme alla famiglia, che come lei è stata costretta a lasciare il paese quando la sua lunga battaglia legale è iniziata. Ci sono voluti oltre quattordici anni perché i suoi aguzzini – Antonio Cutrupi, Maurizio Hanaman, Giuseppe Chirico e Antonio Cianci, condannati a 7 anni, e Fabio Piccolo punito con 7anni e 8 mesi – fossero condannati in via definitiva per le violenze commesse. Adesso però anche il territorio sembra volersi riconciliare con Anna Maria e restituirle una casa. L’amministrazione di Cinquefrondi, guidata dal sindaco Michele Conia, non solo ha conferito la cittadinanza onoraria ad Annamaria, ma ha anche approvato una delibera con cui si impegna anche a costituirsi parte civile in tutti i processi per femminicidio riguardanti vittime del territorio. “Cinquefrondi città del coraggio”, scrive al riguardo il sindaco, ringraziando l’assessore alle pari opportunità Gabriella Valentino, che non solo ha lavorato per raggiungere tale obiettivo, ma da tempo ha anche avviato un percorso di sensibilizzazione sul tema delle violenze sulle donne insieme alle femministe della Collettiva Autonomia, che in questi anni hanno sostenuto Anna Maria, dentro e fuori dai processi. «Quando il 4 febbraio scorso finalmente la Cassazione ha confermato la condanna definitiva dei suoi aguzzini – scrivono le femministe – sapevamo che questa era solo una vittoria parziale, perché il vero successo sarebbe stato farla “tornare” a testa alta nella sua terra, una promessa che avevamo fatto ad Anna Maria anni fa e che abbiamo perseguito con forza. Una terra che le aveva tolto tanto, troppo, marchiandola come la “Malanova” e costringendola ad andar via vivendo in una località protetta sotto scorta». Un obiettivo – sottolineano con orgoglio – raggiunto anche grazie a «quella parte di Calabria che condanna, con determinazione la ‘ndrangheta e la violenza maschile contro le donne alimentata, dal complice silenzio dei più, con azioni concrete e testimonianza reale e, correndo il rischio di essere considerate “stucchevoli” (cit.) nel ribadirlo, che mantiene programmi e promesse senza paura di esporsi e di prendere posizioni forti assumendosi delle responsabilità precise. Una Calabria che ha fatto, fa e farà di tutto affinché storie come quella di Anna Maria non abbiano più a ripetersi».

a. c.

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