L'eredità di De Magistris
Il rispetto che nutro nei confronti della magistratura del mio Paese (non di tutta, ovviamente) mi ha indotto a tacere per nove lunghi anni. Da tanto va avanti il processo a mio carico. Contravv…
Il rispetto che nutro nei confronti della magistratura del mio Paese (non di tutta, ovviamente) mi ha indotto a tacere per nove lunghi anni. Da tanto va avanti il processo a mio carico. Contravvengo alla regola solo perché avverto l’esigenza e il dovere di una completa informazione.
Sulla scorta delle 98 (dico novantotto!) audizioni che il sindaco di Napoli ha reso dinanzi ai suoi ex colleghi di Salerno, la Procura ha formulato l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Cosa mi viene contestato? Avrei corrotto il compianto dottor Mariano Lombardi, procuratore capo di Catanzaro, affinchè costui, subito dopo l’emissione da parte di De Magistris di un’informazione di garanzia nei miei confronti, escludesse lo straordinario magistrato dall’inchiesta sì da rallentarne gli esiti investigativi. Il prezzo della corruzione? Avrei consentito al figlio della moglie del dottor Lombardi, giovanissimo avvocato, di frequentare saltuariamente il mio studio. Quando? A far data dall’anno 1999!
Ebbene, qualcuno ricorda che il giorno dopo l’estromissione del sostituto, convocata una conferenza stampa, definii «improvvido» il provvedimento del dottor Lombardi poiché, di fatto, sottraeva il suo sostituto a responsabilità gravissime.
Ma ritengo opportuno segnalare che da quell’inchiesta io venni prontamente prosciolto in seguito a richiesta di archiviazione non già in ragione della debolezza del quadro indiziario a mio carico ma per mancanza della notizia di reato, ossia di una qualsivoglia traccia di comportamento illecito.
Della vicenda nella sua interezza e dei suoi risvolti parlerò diffusamente all’esito della decisione dei giudici salernitani nei quali ripongo la massima fiducia.
Mi rimane l’amarezza del ricordo delle sofferenze di centinaia di persone la cui vita è stata devastata dalle spregiudicate iniziative giudiziarie dell’ex pm assurto agli scranni della politica sospinto dal vento della notorietà conquistata sulla pelle dei cittadini a colpi di indagini senza alcuna consistenza.
Penso spesso a Pietro D’Amico, magistrato straordinario e integerrimo che, per il solo fatto d’essere additato a sospetto di slealtà, ha preferito porre fine ai suoi giorni.
Questo e non altri il segno che il brillante inquisitore ha lasciato del suo passaggio in Calabria.
*Avvocato ed ex deputato