CATANZARO È tutto nelle sue mani. È lui l’ago della bilancia che potrebbe scatenare un vero e proprio tsunami sulla testa della pubblica amministrazione regionale. Basterebbe che l’ingegnere Francesco Grosso facesse un semplice gesto, sul quale sembra invece tentennare parecchio: rivolgersi all’autorità giudiziaria per chiedere di rendere esecutiva la sentenza numero 4139 emessa dal Consiglio di Stato lo scorso 21 aprile. Così facendo giungerebbe a realizzare l’obbiettivo che si è prefissato da oltre dieci anni: azzerare gli esiti di un concorso che ha portato 985 funzionari della Regione ad essere promossi alle categorie D3 e D1. Un concorso considerato illegittimo dal ricorrente che impugnò i decreti dirigenziali alla base del bando perché – era la sua tesi – l’ente avrebbe dovuto coprire i posti vacanti con un concorso pubblico e non con uno interno. Nel 2006, il Tar di Catanzaro rigettò il ricorso, ma Grosso si rivolse al Consiglio di Stato che la scorsa primavera si è espresso accogliendo l’appello dell’ingegnere e quindi annullando i decreti dirigenziali del 26 giugno e dell’8 luglio 2003 di indizione delle selezioni verticali alle categorie D1 e D3. Ma non solo. Oltre ad annullare il bando di concorso, il Consiglio di Stato ha dato ordine all’autorità amministrativa, ossia alla Regione, di eseguire la sentenza. Il che vuol dire rifare il bando, annullare le graduatorie e le promozioni assegnate a 985 funzionari e ripartire da zero ammettendo al concorso anche gli esterni. Dal canto suo, la Regione Calabria, al momento, non ha mosso un dito per dare esecuzione alla sentenza, così come ordinato dal Consiglio di Stato, e il protagonista di tutta questa vicenda, ossia l’ingegnere Grosso, non si è (ancora) rivolto all’autorità giudiziaria per chiedere di intervenire nei confronti della pubblica amministrazione inadempiente. Gesto che comporterebbe la nomina di un commissario ad acta col compito di mettere mano al concorso.
I TENTENNAMENTI DEL VINCITORE C’è da dire che, secondo la legge, si hanno 10 anni di tempo per chiedere l’esecuzione di una sentenza. Ma se si pensa che il bando che l’ingegnere è riuscito far annullare risale al 2003, e che nonostante una prima sconfitta delle sue ragioni davanti al Tar di Catanzaro il ricorrente non ha esitato a rivolgersi al Consiglio di Stato per far valere le proprie ragioni, un po’ di perplessità su questi tentennamenti sorgono spontaneamente. È come essere arrivati al traguardo senza fare il passo decisivo per superare la meta. C’è anche da aggiungere che gli interessi che si aggirano intorno a questo bando – e che sono venuti a maturare nel corso degli anni – non sono da poco. Innanzitutto ci sono gli avanzamenti di carriera ottenuti grazie al concorso interno per le progressioni verticali. In più, per alcuni funzionari si apre la possibilità di andare in esodo anticipato grazie a una legge dal consiglio regionale di dicembre 2015. E tra questi funzionari ve ne potrebbe essere qualcuno che ha beneficiato delle progressioni bocciate dal Consiglio di Stato. E che non abdicherebbe, è facile immaginare, ai propri benefici con troppa mansuetudine.
DUE ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Sono due gli orientamenti giurisprudenziali alla base di questa sentenza che tendono a rispondere alla domanda che nasce spontanea e che già il Corriere della Calabria si era posta: l’annullamento dei concorsi comporterà – inevitabilmente – che le promozioni dei funzionari nate su quei bandi, siano nulle a loro volta? Secondo un primo orientamento, non basta impugnare il bando per vedere annullati anche gli atti successivi. Riguardo alla seconda scuola di pensiero, invece, basta impugnare il primo atto, ossia il concorso – o, per quanto ci riguarda, i decreti dirigenziali alla base del bando – per annullarne tutti i successivi effetti.
Prendiamo due esempi di sentenze di giustizia amministrativa. La prima è una decisione del Consiglio di Stato, la numero 5463 del 4 novembre 2014 secondo la quale: «… una volta impugnati il bando e/o l’esclusione dal concorso (o da una procedura ad evidenza pubblica), occorre poi impugnare anche l’atto conclusivo del procedimento nel frattempo intervenuto, pena l’improcedibilità del ricorso avverso l’atto presupposto».
La seconda è una sentenza del Tar del Lazio, la 10434 del 2006, che stabilisce: «L’annullamento del bando comporta per logica consequenzialità la caducazione automatica della graduatoria “medio tempore» formata e implica l’automatico travolgimento di tutti gli ulteriori atti successivi”. Ora, nel primo esempio, il Consiglio di Stato aveva dichiarato il ricorso di primo grado improcedibile. Cosa che non è avvenuta nel caso calabrese. Questo particolare è indicativo di come il Consiglio di Stato abbia abbracciato la tesi secondo la quale basta impugnare il bando per ottenere l’annullamento di tutti gli atti successivi.
Una risposta certa, però, potrà arrivare solo da un’eventuale esecuzione della sentenza. Per il momento c’è una spada di Damocle che pende sulla testa della pubblica amministrazione regionale e su quella di 985 funzionari promossi alle categorie D3 e D1. Uno tsunami da scongiurare con trattative e pressing diplomatico.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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