REGGIO CALABRIA «Non c’è solo un caso Rende, c’è un caso Calabria». È stanco e provato da una lunga giornata di audizioni ma non rinuncia a parlare fuori dai denti il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, Claudio Fava e va dritto al nodo del rapporto perverso fra ‘ndrangheta e politica che contamina non solo l’intero tessuto amministrativo regionale, ma anche i partiti. Incluso il suo Pd.
Per questo, nonostante Rende sia lontana da Reggio Calabria e dalle sue più immediate emergenze, il tema è di attualità anche per la delegazione oggi in visita nella città calabrese dello Stretto.
Un tema scomodo, su cui la presidente, Rosy Bindi cerca di glissare «Siamo nella Calabria di sotto, quando saremo nella Calabria di sopra ne parleremo». Solo di fronte all’insistenza dei cronisti ha rivendicato l’operato della commissione, che prima dell’arresto di Principe aveva esaminato il caso Rende e le conclusioni di quella commissione d’accesso che ha deciso di non sciogliere il Comune. «Non avevamo torto noi. Eventualmente c’erano state delle carenze da parte di chi ha fatto il lavoro di accertamento», si lascia strappare la presidente. Di fronte alle nuove vetrine del negozio che l’imprenditore antiracket Tiberio Bentivoglio è riuscito a inaugurare, nonostante i clan abbiano tentativi di sabotaggio dei clan, Fava invece non si sottrae alle domande.
«La vicenda di Rende – dice Fava – non è lontana da altre cronache che da tutta la Calabria ci sono arrivate. C’è un tema complessivo, che affronteremo nei due anni di legislatura che ci restano, che è il rapporto fra mafia e politica». Un rapporto inquietante in Calabria e che diventa priorità per la Commissione che in vista dei prossimi appuntamenti elettorali è determinata a fare la sua parte. «Per le amministrative ci sono degli strumenti che vanno oltre la visita alla vigilia delle elezioni, ma che consistono nel lavoro che è stato fatto l’anno scorso, cioè una verifica sul modo in cui il codice di autoregolamentazione votato da tutti i partiti venga rispettato». Per Fava, «confinare il problema del rapporto fra ‘ndrangheta e politica esclusivamente alla vicenda di Rende sarebbe un errore di prospettiva, perché è una questione che riguarda tutte le province». E – si lascia strappare il numero due dei parlamentari antimafia – «assolutamente anche il Pd e un dirigente che aveva, ha avuto, ha pesi, responsabilità e ruoli di particolare rilievo. Per questo, non possiamo limitarci all’analisi della vicenda in sé ma il modo in cui una stagione di governo è stata inaugurata anche attraverso l’ombra di un sospetto pesante. Ovviamente, bisognerà vedere cosa tireranno fuori i magistrati, però è una vicenda che pretende particolare attenzione». Ma il problema – non si stanca di sottolineare Fava- non riguarda solo la provincia cosentina. «Le storie che abbiamo oggi raccolto, le conferme che abbiamo avuto e che riguardano la provincia di Reggio Calabria ci dicono che ovunque c’è capacità di infiltrazione, di controllo, di condizionamento delle amministrazioni. È particolarmente imbarazzante quando scopriamo che in un Comune viene rieletto il sindaco, il cui Consiglio comunale era stato sciolto due anni prima, che era considerato incandidabile, ma nonostante questo si ricandida, viene rieletto e con grande senso di impunità ritiene che quel paese sia cosa sua. Si tratta di una vicenda magari marginale rispetto ad altre vicende giudiziarie, ma induce a interrogarsi sulla capacità di autonomia che la politica in Calabria sta provando a recuperare o sta tentando di conservare».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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