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Processo Scajola, la confessione di Politi

REGGIO CALABRIA «Io non ho mai conosciuto Claudio Scajola prima di questo processo. Ero a Roma solo per motivi di lavoro».  A mesi dall’inizio del processo, cui ha assistito senza mai sal…

Pubblicato il: 15/04/2016 – 16:02
Processo Scajola, la confessione di Politi

REGGIO CALABRIA «Io non ho mai conosciuto Claudio Scajola prima di questo processo. Ero a Roma solo per motivi di lavoro».  A mesi dall’inizio del processo, cui ha assistito senza mai saltare un’udienza, Martino Politi, storico braccio operativo dell’ex parlamentare oggi latitante, Amedeo Matacena, rompe il silenzio. Poco prima, a tirarlo in ballo era stato il sostituto commissario Maurizio Falappa, incaricato delle operazioni di pedinamento e monitoraggio dell’ex ministro Scajola a Roma. Un servizio durante il quale Falappa e la sua squadra hanno visto Politi, in compagnia di Chiara Rizzo, aggirarsi attorno alla casa della prima moglie di Matacena, Alessandra Canale, dove tuttora vive il primogenito di Matacena, Amedeo jr.

È NECESSARIO UN ACCORDO «Sono andato a Roma insieme alla signora Rizzo – spiega Politi nel corso delle sue dichiarazioni spontanee – perché c’era da dirimere la controversia che era nata con la signora De Carolis. Con l’ultima sentenza, Matacena era stato legalmente interdetto, ma sia la signora Rizzo sia la signora De Carolis volevano che venisse loro affidata la tutela legale. Presentandosi di fronte al giudice senza un accordo avrebbe significato correre il rischio che l’affidamento venisse dato al figlio di Matacena, all’epoca già maggiorenne». Parole ascoltate con un mezzo sorriso tanto da Claudio Scajola, che a fine udienza si affretterà a complimentarsi con Politi, dicendogli «Bravo, bravo, sei stato bravo. Hai detto tutto bene e chiaro», tanto dal pm Giuseppe Lombardo. Il sostituto della Dda reggina ascolta e non commenta, ma sembra soddisfatto.

INVOLONTARIE CONFERME? Le parole di Politi sembrano involontariamente confermare una tesi che il pm Lombardo sostiene da tempo e che carte e approfondimenti anche di recente depositati non fanno che confermare. Quando Matacena ha attraversato il confine per sfuggire all’esecuzione di quella sentenza definitiva per mafia che lo avrebbe portato dietro le sbarre, è toccato alla seconda moglie, Chiara Rizzo, occuparsi del suo patrimonio e dei suoi affari. Mentre raffinate manovre finanziarie svuotavano fondi e trust riferibili alla galassia politico-imprenditoriale dei due coniugi, la donna, con il supporto e i consigli di Scajola, continuava a gestire gli affari del marito, come quelli legati alle centrali in Albania, da realizzare con il supporto finanziario della misteriosa “Osj Knights of Malta Foundation”, o quelli che hanno spinto l’ex ministro a scortarla a Bernareggio nel giorno del suo compleanno.

L’INCONTRO DI BERNAREGGIO Lì, hanno svelato le indagini, la bionda moglie del parlamentare latitante non si è presentata per un aperitivo alla moda o una delle riunioni dell’alta società monegasca che in passato le hanno regalato titoli e copertine dei giornali rosa, ma per discutere di affari con vecchi attrezzi della grande imprenditoria italiana, riuniti sotto le insegne di Tecnofin. Un gruppo dai trascorsi chiacchierati se è vero che tra i soci figurano gli immobiliaristi Gabriele Sabatini, coinvolto nell’affaire della Cascinazza di Monza (indagati anche Paolo Romani e lo stesso Paolo Berlusconi) e nella storia della presunta tangente al leghista Davide Boni, ex presidente del consiglio regionale lombardo, e Massimo Dal Lago, fratello di Alberto, ex amministratore delegato della Torno, immobiliare fallita dopo essere uscita malconcia dalla bufera Tangentopoli. All’incontro con la Rizzo, ha rivelato ai pm Mariagrazia Fiordelisi, c’erano quasi tutti.

L’OMBRA DI TECNOFIN «In relazione all’incontro di Bernareggio –dice la segretaria in sede di interrogatorio –  intendo specificare che lo stesso era legato all’affare delle abitazioni a basso costo: a tale incontro erano presenti Piero Bartoloni e Gabriele Sabatini; era presente anche tale Dal Lago che io non conoscevo. Il Sabatini mi ha presentato il Dal Lago come suo socio». Del resto,  c’era da parlare di affari importanti. In ballo c’erano  due maxi-commesse per la costruzione di new town prefabbricate in Russia. Commesse che tramite Matacena e la Rizzo, o meglio i loro buoni uffici, i caporioni della Tecnofin avrebbero sperato di ramazzare anche in Cina, Brasile, Libia, Iraq, India, Etiopia e Nigeria. Erano questi i Paesi verso cui i coniugi Matacena sono  stati, in varie fasi, delegati a operare come “consulenti”.

IL “VANTAGGIO” DI SCAJOLA A confermarlo sono le carte rinvenute nell’archivio segreto dei coniugi, rintracciato a casa della loro storica segretaria Maria Grazia Fiordelisi, in cui emerge – «in maniera chiara» dice chi l’ha analizzato – che ad agevolare la coppia di “consulenti” sarebbero stati proprio i contatti e le relazioni che Scajola avrebbe nel tempo messo a loro disposizione. Un’ipotesi confermata anche dall’ex ministro in persona, che in attesa che l’incontro fra la Rizzo e gli uomini di Tecnofin finisca, inganna il tempo parlando al telefono. Dall’altra parte, c’è la sua segretaria di fiducia, Roberta Sacco, cui confida «È lì è a una iniziativa con suo marito, che l’ha portata avanti lui, che avevo seguito anche io, che lei dice “ se per caso andasse avanti e funzionasse io ne avrei un vantaggio”, capito? Per quello l’ho fatto volentieri».

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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