COSENZA Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha emesso la misura degli arresti domiciliari per Adolfo D’Ambrosio, ritenuto uno degli esponenti di vertice della cosca Lanzino-Ruà e finito nell’inchiesta della Dda, denominata “Sistema Rende”, che cerca di fare luce su presunte collusioni tra ‘ndrangheta e politica. Il difensore di D’Ambrosio, l’avvocato Cesare Badolato, aveva presentato ricorso al Tdl contro l’ordinanza del gip di custodia cautelare in carcere. D’Ambrosio – che al momento si trova ristretto al 41 bis perché coinvolto in altre inchieste – dopo la pronuncia del Riesame per l’operazione “Sistema Rende” passa da una misura di custodia cautelare in carcere ai domiciliari. In attesa di conoscere le motivazioni del Tribunale della libertà, il suo legale ha espresso soddisfazione per l’esito dell’appello. Nell’operazione dello scorso 23 marzo il gip aveva disposto il carcere anche per altri presunti capi del clan, come Francesco Patitucci, Michele e Umberto Di Puppo, e i domiciliari per politici eccellenti, ovvero: l’ex sottosegretario Sandro Principe, l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli, gli ex consiglieri provinciali Pietro Ruffolo e Giuseppe Gagliardi, l’ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo, e domiciliari pure per Marco Paolo Lento ritenuto dagli inquirenti l’elemento di congiunzione tra la cosca e i politici.
Per i politici – che devono rispondere di corruzione elettorale e voto di scambio – il Riesame si è già espresso lo scorso 11 aprile, revocando la misura cautelare per Ruffolo, Mirabelli, Gagliardi, Bernaudo e Lento e rigettando invece la richiesta di scarcerazione per Principe che – del troncone politico – è l’unico che resta ai domiciliari. Per i presunti esponenti del clan, al momento, il Tribunale della libertà si è espresso revocando la misura cautelare per Umberto Di Puppo (che torna libero) e Francesco Patitucci (che resta in carcere perché lo scorso 19 febbraio è stato arrestato per detenzione e porto illegale di arma comune). Il Tdl deve sciogliere la riserva per la posizione di Michele Di Puppo il cui Riesame si è discusso martedì mattina.
Adolfo D’Ambrosio – secondo l’impianto accusatorio – era il trait d’union tra la cosca e Principe e sarebbe stato lui a procacciare i voti per la coalizione dell’ex sottosegretario. Anzi, a volte si sbilanciava sui candidati delle fazioni opposte e non sui suoi “favoriti”. È questo lo stratagemma che il presunto esponente del clan Lanzino-Ruà durante la campagna elettorale del 2011 per le amministrative di Rende. A raccontarlo ai magistrati della Dda di Catanzaro è il collaboratore di giustizia Pierluigi Terrazzano nel verbale confluito tra le carte dell’operazione “Sistema Rende”.
Nel verbale del 27 dicembre del 2012 Terrazzano spiega come D’Ambrosio avesse effettivamente appoggiato la candidatura di Vittorio Cavalcanti «in aiuto a Sandro Principe». Era il candidato a sindaco sostenuto dall’ex consigliere regionale. Terrazzano precisa che D’Ambrosio non voleva esternare le sue preferenze per evitare accertamenti della magistratura e per «deviarla». Particolari che Terrazzano conosce perché D’Ambrosio abitava vicino ai suoi zii dove lui andava spesso. Circostanze che vengono poi supportate da altri elementi investigativi, come alcune intercettazioni telefoniche. Nelle conversazioni, captate dagli inquirenti, emerge come D’Ambrosio si accordasse con gli attacchini per l’affissione dei manifesti elettorali.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
x
x