Il disastro della depurazione
LAMEZIA TERME Va bene il NoTriv. Va bene la preoccupazione sacrosanta per le piattaforme petrolifere al largo delle coste calabresi. Ma siamo proprio sicuri che i problemi più impellenti per l’ambien…

LAMEZIA TERME Va bene il NoTriv. Va bene la preoccupazione sacrosanta per le piattaforme petrolifere al largo delle coste calabresi. Ma siamo proprio sicuri che i problemi più impellenti per l’ambiente siano quelli legati all’estrazione (attuale ed eventuale) di gas e idrocarburi? Non proprio, verrebbe da dire analizzando i dati forniti da #Italiasicura (e pubblicati su Avvenire) e lo stato dell’arte della depurazione. La Calabria, infatti, è tra le dieci Regioni commissariate in quanto inadempienti in fatto di depurazione delle acque. Conseguenza del fatto che – non da oggi – non rispetta né le norme italiane né tantomeno le direttive europee. In realtà, tutte le regioni italiane, tranne il Molise non rispettano in pieno gli obblighi Ue ma il governo ha deciso di intervenire solo in quelle dove, malgrado i finanziamenti affluiti, le opere erano bloccate.
Questa inerzia si traduce, a partire dal 2016, nel pagamento di ben 480 milioni l’anno di sanzioni. Poi si andrà avanti a colpi di quasi 800mila euro al giorno fino a quando le opere non saranno terminate e le norme rispettate.
Inoltre, per una serie di altri gravissimi ritardi delle Regioni (la Calabria è nell’elenco anche questa volta), l’Italia sta già pagando decine di milioni. Si tratta di quelli stanziati per la chiusura, la bonifica e la messa in sicurezza delle discariche abusive di rifiuti.
Ma torniamo alla depurazione. In questo settore, nessuna regione si salva malgrado i non pochi finanziamenti ricevuti. Tra il 2011 e il 2012 tre delibere del Cipe avevano stanziato 3,2 miliardi di euro per depuratori, sistemi fognari e acquedotti. Ben 2,8 miliardi erano riservati alle regioni del Sud, per circa 900 opere. Invano o quasi. E non parliamo di paesini. Tra le 86 città con più di 150mila abitanti, il 31,8% non è connesso con la fogna e il 41,9% non è in regola per il trattamento secondario delle acque reflue. Se scendiamo al di sotto dei 150mila abitanti scopriamo che i comuni fuori legge sono più di 2.500. Tutto questo ci pone all’ultimo posto tra i Paesi europei per numero di abitanti raggiunti da fognature e allacciati a collettori e depuratori. Non una questione di fondi che, come abbiamo scritto, c’erano, ma di capacità di spesa, di progettualità, di efficienza. Così il governo è intervenuto commissariando le opere da realizzare, e non realizzate, in Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Veneto, Lazio, Sicilia, Abruzzo, Marche e Liguria (notare che le prime cinque sono tra i promotori del referendum sulle trivellazioni…). Ma qual è la situazione in queste regioni? Secondo i dati forniti da #Italiasicura, la struttura di missione della Presidenza del Consiglio che si occupa anche dei servizi idrici, come copertura del servizio depurazione, la Basilicata è al 62,6%, la Campania al 58,6%, la Calabria al 51,6%, la Puglia al 66,3%, il Veneto al 48,8%, le Marche al 49%, la Liguria al 60,9%. Stando alla statistica, è come se un milione di Calabresi scaricasse direttamente in mare per colpa di impianti non a norma o non funzionanti. Questi ritardi hanno già provocato varie condanne Corte Ue per le quali, secondo calcoli di Palazzo Chigi, quest’anno il Paese dovrà cominciare a pagare circa 480 milioni. Ma anche qui scatterà la rivalsa. E i conti sarebbero già stati fatti: 185 milioni la Sicilia, 74 la Lombardia, 66 il Friuli, 38 la Calabria, 21 la Campania, 19 la Puglia e la Sardegna, 18 la Liguria, 11 le Marche, 8 l’Abruzzo, 7 il Lazio, 5 Valle d’Aosta e Veneto. Almeno per ora, perché poi potrebbe andare addirittura peggio. Con l’approssimarsi della stagione estiva, il pericolo inquinamento arriva innanzitutto dalle condutture fognarie. Alcuni casi sono già emersi dalla cronaca, il resto del problema emerge dai dati di #Italiasicura. (ppp)