FATA MORGANA | Le mani dei clan sulla "Perla dello Stretto"
REGGIO CALABRIA «È triste pensare che le iniziative economiche più significative del territorio finiscano sempre in mano alla ‘ndrangheta». Con queste parole, il procuratore capo Federico Cafiero de…

REGGIO CALABRIA «È triste pensare che le iniziative economiche più significative del territorio finiscano sempre in mano alla ‘ndrangheta». Con queste parole, il procuratore capo Federico Cafiero de Raho, ha commentato l’operazione Fata Morgana, che oggi ha portato al fermo di sei fra imprenditori e professionisti, tutti coinvolti nella rete impastata di massoneria e ‘ndrangheta tessuta nel tempo dall’avvocato Paolo Romeo. Per ordine dei pm Giuseppe Lombardo, Rosario Ferracane, Stefano Musolino e Luca Miceli in manette sono finiti Romeo, il suo braccio destro, l’avvocato Antonio Marra, gli imprenditori Emilio Angelo Frascati e Giuseppe Chirico, il commercialista Natale Saraceno, Antonio Idone e Domenico Marcianò.
BAGAGLI PRONTI Un provvedimento parziale, per certi versi monco, ma necessario e urgente. Gli indagati da tempo sentivano il fiato di investigatori ed inquirenti sul collo, ed erano pronti alla fuga. Per questo in modo assolutamente strumentale – si legge nelle carte – il commercialista Natale Saraceno, oggi finito in manette, il 23 marzo scorso si è precipitato a denunciare di aver trovato una microspia all’interno della sua auto.
Ma quella ed altre cimici, come le intercettazioni telefoniche e ambientale proprio in quelle settimane registrano conversazioni che lasciano pochissimo spazio ad equivoci. Gli investigatori ascoltano il commercialista Saraceno fare di tutto per intestare beni alla moglie, quindi prepararsi a una non meglio specificata partenza, lo stesso fa nei medesimi giorni l’imprenditore Giuseppe Chirico, l’avvocato Marra viene avvertito dai carabinieri di un’imminente convocazione e invita ad un interessato caffè un maresciallo dei carabinieri della cui amicizia gode – si legge nelle carte – «tanto da poter ottenere informazioni su fatti evidentemente non noti».
PRIMO TASSELLO Tutti elementi che hanno indotto inquirenti e investigatori ad accelerare, tanto da procedere all’esecuzione dell’operazione “Fata Morgana”, che tutto sembra indicare solo come un tassello di un’indagine ben più ampia. Lo rivela la lunga lista di indagati, cui vengono contestati reati diversi, dalla violazione della legge Anselmi alla turbativa d’asta, lo ha ammesso lo stesso procuratore Cafiero de Raho, che ha annunciato che le indagini proseguiranno a ritmo serrato. Anche perché il quadro che emerge è sconcertante.
Al centro c’è Paolo Romeo, l’avvocato che nonostante la condanna passata in giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa, Paolo Romeo ha continuato a dettare tempi, modi e metodi della politica e dell’economia reggina, inclusa quella che vive di finanziamenti pubblici.
PUBBLICO O PRIVATO, COMANDA SEMPRE ROMEO Ed è proprio nel piatto ricco della città metropolitana che l’avvocato nero – così chiamato per i suoi trascorsi con la destra eversiva – si preparava a mettere le mani. «La politica che elargisce i finanziamenti – ha detto al riguardo il procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho – li deve dare alla Calabria perché è una regione che deve risorgere, ma c’è necessità di selezione perché non possono finire sempre in mano alla criminalità organizzata». E proprio a chi svolge incarichi nella pubblica amministrazione Cafiero de Raho si è rivolto, sottolineando «la politica non può essere aperta a tutti, bisogna fare una selezione. Non è possibile che in una città come reggio Calabria, i protagonisti occulti della politica siano i condannati per mafia. È ora che i reggini inizino a pensare al futuro di questa città a prescindere dai capitali e dalle linee direttive della ‘ndrangheta». Ma anche il mondo degli affari che poco o nulla avevano a che fare con il settore pubblico ha dimostrato di essere pronto a prostrarsi al cospetto dell’avvocato conosciuto come storica eminenza grigia del clan De Stefano.
L’AFFARE “PERLA DELLO STRETTO” Lo hanno scoperto inquirenti e investigatori, quando hanno deciso di comprendere chi davvero ci fosse dietro le attività di riapertura del centro commerciale “Perla dello Stretto”. Un’indagine sviluppata a partire da quanto emerso nel corso delle indagini sull’ex consigliere comunale Dominique Suraci e sull’imprenditore Crocè, che ha permesso di fotografare una vera e propria monopolizzazione del settore della grande distribuzione da parte della ‘ndrangheta. E ai clan non è sfuggito neanche centro commerciale “La Perla Dello Stretto”, del quale Paolo Romeo si è dimostrato il vero e proprio dominus. «Il consorzio dei commercianti – ha detto al riguardo il procuratore Cafiero de Raho – finisce per subire l’influenza di Romeo, che diventa l’elemento trainante della strutturazione della nuova attività». E a Romeo non si poteva dire di no. Lo ha scoperto a proprie spese l’imprenditore che aveva deciso di resistere alle profferte dell’avvocato e si è trovato il negozio in fiamme. Come da copione, sarà il consorzio ad acquisirlo. Circostanze che sono costate a Romeo, Idone e Chirico l’accusa di estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Ma quello della “Perla dello Stretto” è stato un affare di ‘ndrangheta fin dal principio.
SEMPRE E PER SEMPRE COSA DEI CLAN Tutti gli imprenditori edili che si sono succeduti nel tempo nella ristrutturazione e, quindi, nella manutenzione dell’immobile sono uomini dei clan di Archi. Tali erano Pino Rechichi e Franco Audino, come quel Natale Saraceno che dopo l’arresto dei due li ha sostituiti. Ma anche lui come i predecessori è finito dentro per associazione mafiosa e altri reati, lasciando l’onere e l’onore di proseguirli ai cognati Bruno e Giovanni Trapani, suoi cognati. D’altra parte, l’impresa principale, subentrata per la prosecuzione dei lavori a quella di Saraceno dopo il suo arresto, benchè priva dei requisiti strutturali ed organizzativi per potervi adempiere (per come riferiva l’Idone al Romeo in una conversazione intercettata) era quella di Felice Nava, anche lui imprenditore degli arcoti. Non diversamente si è arrivati alla definizione dell’impresa chiamata a installare alla Perla un nuovo ipermercato. A vantare diritto di prelazione era in principio l’impresa riferibile a Giuseppe e Barbara Crocè, che in seguito ha ceduto l’affare Emilio Angelo Frascati, uomo storicamente vicino alle ‘ndrine di Archi. Grazie alla mediazione di Romeo, la gestione dell’ipermercato è finita nelle mani di Giuseppe Chirico, un altro degli imprenditori su cui gli arcoti tra Reggio Calabria e provincia possano contare. «Ogni volta che si va avanti nelle indagini – conclude Cafiero de Raho – si si rende conto che gli imprenditori che vogliano lavorare nella legalità non hanno riferimenti, mentre quelli che hanno a che fare con la ‘ndrangheta dimostrano ogni volta di avere relazioni ampie ed estese».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it