«Anche i "colletti bianchi" silenziano la stampa»
COSENZA «La libertà di stampa è limitata anche quando a un giornalista viene impedito con qualsiasi strumento di fare il proprio lavoro. Non è solo la criminalità organizzata a farlo, ma soprattutto…

COSENZA «La libertà di stampa è limitata anche quando a un giornalista viene impedito con qualsiasi strumento di fare il proprio lavoro. Non è solo la criminalità organizzata a farlo, ma soprattutto i colletti bianchi». Fa esempi concreti Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno per l’informazione, parlando ai ragazzi dell’istituto superiore “Pezzullo” di Cosenza in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa nel corso di un convegno organizzato dal circolo della stampa “Maria Rosaria Sessa”.
Dopo i saluti della dirigente scolastica Elisa Policicchio e del presidente dell’associazione “Sessa”, Gregorio Corigliano, si è entrati nel vivo del dibattito. Spampinato ha elencato i dati dei giornalisti intimiditi, di quanti – specialmente in Calabria – ricevono lettere di minacce o trovano l’auto bruciata soltanto per aver pubblicato un articolo. Ai ragazzi è stato fatto vedere un video realizzato dall’Osservatorio. «Un giornalista anche se scomodo o non si lascia condizionare dai suoi capi – ha detto agli studenti, Nuccio Fava, giornalista e presidente dell’Associazione giornalisti d’Europa – deve andare avanti. Voi in Calabria siete in una fase di voto e per votare bisogna avere coscienza e consapevolezza delle persone a cui votare. Bisogna tener presente il valore dei candidati e questo è un elemento fondamentale per l’informazione».
Un momento di commozione è stato regalato dalla vedova di Franco Falbo, uno dei primi caporedattori della Rai calabrese che ha donato un libro di suo marito al presidente Fava e anche dei dolci per «ricordare i sapori della nostra terra».
Il caso di Padre Fedele Bisceglia è stato al centro dell’intervento di Arcangelo Badolati, caporedattore della Gazzetta del Sud, che ha cercato di spiegare ai ragazzi il significato delle intercettazioni telefoniche nell’ambito dell’informazione giornalistica «perché – a suo dire – a volte vengono inserite nei fascicoli delle inchieste intercettazioni che nulla hanno a che vedere con la vicenda giudiziaria in sé. È successo con il caso di Padre Fedele, ma anche con il caso che riguardava il compagno di Anna Falchi, dove sono finiti in pasto ai giornali conversazioni della show girl con il suo compagno che non avevano alcuna relazione con la vicenda giudiziaria. Serve quindi una regolamentazione delle intercettazioni. Ma ci sono stati anche cronisti coraggiosi che con magistrati intelligenti sono riusciti a far venir fuori la verità. Dobbiamo alenare a un giornalismo che si fa consumando le suola delle scarpe, andando sul posto. E non procurandosi le intercettazioni o lavorando solo con le mail. I politici sono, per un giornalista, la razza più difficile da trattare. Il modo, adesso, più brutto per limitare la libertà di un giornalista non è soltanto la querela, ma la citazione in giudizio nel procedimento civile».
«Io rimpiango la censura: è una provocazione la mia ma almeno c’era meno ipocrisia». Paolo Pollichieni, direttore del Corriere della Calabria, vuole raccontare agli studenti la sua professione fatta di esperienza quotidiana e non si può prescindere dal dire che «non ci sono editori puri». E anche sulle intercettazioni è diretto: «C’è una responsabilità nostra: perché quando le intercettazioni riguardano noi c’è preoccupazione e riservatezza. Quando non ci toccano direttamente allora c’è morbosità. C’è, ovviamente, anche una responsabilità di chi fa le indagini. Il magistrato ha l’obbligo di non rendere noti alcuni documenti. Il giornalista ha l’obbligo inverso: se ha quei documenti deve pubblicarli. Quindi, dobbiamo avere una regola. È dovere del giornalista pubblicare una notizia dopo averla pubblicata. Succede che i giornali vengono usati anche per bloccare le indagini: ecco il perché della pubblicazione di intercettazioni o di alcune notizie. Hanno cercato di mettere nei guai anche una indagine di Nicola Gratteri».
Per Pollichieni, «non bisogna dimenticare che le intercettazioni vengono fatte da società private. Per non parlare quello che succede con gli incroci telefonici: basta ricordare quello che ha fatto un magistrato. Abbiamo l’obbligo di spiegare le cose altrimenti si rischia di far passare il nostro lavoro è quello di Ossigeno come una difesa della casta».
Sulle conseguenze della diffamazione a mezzo stampa si è soffermato Rocco Valenti, direttore del Quotidiano del Sud: «Molti nostri colleghi vivono sotto scorta. E non è più vita se devi andare a fare la spesa con i poliziotti. Per quanto riguarda il tema delle intercettazioni, sono d’accordo con il collega Pollichieni perché rimane forte il dubbio che veniamo strumentalizzati. La libertà di stampa è un diritto ma anche un dovere. A Cosenza sono successe nei mesi scorsi situazioni anomale: sono stati utilizzati i verbali dei pentiti come dossier per colpire il determinato politico. Stranamente questi verbali, con parti che dovevano essere omissate e invece non lo erano, sono finiti prima in giro e poi sui giornali».
Badolati è tornato sulla vicenda dei verbali: «È successa una cosa gravissima che ha indebolito le indagini. Io ho tenuto quei verbali sulla scrivania per due mesi perché non ero convinto. Quei verbali sono diventati un gioco di società che passavano da una scrivania a un altro e un passaparola tra avvocati. Eppure, a distanza di mesi il responsabile di quell’errore gravissimo non è stato punito né individuato».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it