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Una norma "made in Calabria" per contrastare la corruzione

ROMA L’obiettivo è chiaramente indicato: dare concretezza all’azione di contrasto della dilagante corruzione nella pubblica amministrazione del nostro Paese. Il mezzo legislativo: l’introduzione de…

Pubblicato il: 23/06/2016 – 8:28
Una norma "made in Calabria" per contrastare la corruzione

ROMA L’obiettivo è chiaramente indicato: dare concretezza all’azione di contrasto della dilagante corruzione nella pubblica amministrazione del nostro Paese. Il mezzo legislativo: l’introduzione dell’articolo 421-bis del codice penale, concernente il reato di associazione con finalità di gestione e di controllo della pubblica amministrazione. Un disegno di legge, quello presentato il 4 maggio scorso dai senatori Enrico Buemi e Fausto Guilherme Longo, che «intende sanzionare attraverso l’introduzione della nuova fattispecie incriminatrice, i cartelli che inquinano e infiltrano la pubblica amministrazione». Un fenomeno, spiega la relazione che accompagna il disegno di legge, «particolarmente grave per la sua capacità di diffusione e di coinvolgimento di settori pubblici, imprenditoriali e professionali e per la sua capacità di inquinamento delle (e di infiltrazione nelle) pubbliche amministrazioni, che lo rende meritevole di particolare attenzione sul piano politico-criminale».
Del resto l’allarme sociale che la corruzione solleva è ben descritto in un editoriale sul Corriere della Sera, a firma di Ernesto Galli della Loggia: «ormai l’intreccio sempre più organico tra politica, amministrazione e malavita è – si direbbe – la fase immediatamente precedente la conquista del potere direttamente da parte del crimine».
Il diritto penale, evidenziano i senatori Buemi e Longo deve relazionarsi alla realtà sociale, da qui la necessità «che sia inserita nel codice penale una (prima) norma adeguata a prevenirlo e reprimerlo (il reato associativo pensato dal nuovo articolo, ndr)». E sempre nella relazione presentata al Senato, i firmatari spiegano di avere strutturato la nuova norma «seguendo prevalentemente le riflessioni che l’avvocato Antonio Mazzone ha sviluppato, in materia, su Il Fatto Quotidiano e sul Sole 24 Ore».
Nel merito, la nuova fattispecie associativa si caratterizza, in particolare, per la previsione della necessaria partecipazione di almeno un pubblico ufficiale. È il coinvolgimento del pubblico ufficiale e, quindi, la capacità di inquinamento e di infiltrazione che ne deriva, a «costituire il disvalore specifico della nuova fattispecie associativa e a giustificarne l’inserimento nel sistema penale». La nuova norma, inserita tra i reati contro l’ordine pubblico, mira a «tutelare i beni giuridici del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione», individuando e colpendo quanti «si associano», al fine di commettere più delitti tra quelli più significativi contro la pubblica amministrazione, di acquisire la gestione o il controllo di settori pubblici di particolare rilevanza, «mediante l’abuso della qualità o dei poteri del pubblico ufficiale partecipante e al fine del conseguimento di un ingiusto vantaggio patrimoniale privato».
Al fine di bene caratterizzare la nuova fattispecie incriminatrice sia sul piano della funzione politico-criminale, sia su quello della migliore tipizzazione per note interne del fenomeno criminale che si vuole reprimere mediante il suo inserimento nel sistema, sono previste come modalità di condotta programmate quelle dell’abuso della qualità o dei poteri che, in quanto a capacità di esprimere di per sé il disvalore della condotta, possono ritenersi equivalenti «alla forza di intimidazione nascente dal vincolo associativo e dalle condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano» di cui alla norma dell’articolo 416-bis del codice penale.
A seconda del ruolo all’interno dell’associazione si sono differenziate le sanzioni, secondo il modello adottato dal legislatore per le altre fattispecie associative. Infine viene prevista una circostanza aggravante agganciata al numero delle persone associate.
L’adozione del disegno di legge Buemi-Longo comporterà, in caso di approvazione da parte del Parlamento, l’inserimento, dopo dell’articolo 421 del codice penale di un nuovo articolo, il 421bis che recita: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, quando tre o più persone, di cui almeno un pubblico ufficiale, mediante l’abuso della qualità o dei poteri del pubblico ufficiale partecipante e al fine di conseguire un ingiusto vantaggio patrimoniale privato, si associano per commettere uno o più delitti di cui agli articoli 314, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 322, 323, 325, 326, 336, 338, 353, 353-bis e 356, ovvero per acquisire, in modo diretto o indiretto, la gestione o il controllo di attività amministrative o economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o di servizi, di procedure volte ad assunzioni o allo svolgimento di concorsi pubblici, coloro che costituiscono, promuovono, organizzano o dirigono l’associazione sono puniti con la pena della reclusione da cinque a nove anni. Alla stessa pena soggiacciono i pubblici ufficiali partecipanti all’associazione. Chiunque partecipa all’associazione di cui al presente articolo è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è aumentata se il numero degli associati è superiore a dieci».

red. cro.

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