L'ospedale di Paola è tra gli edifici pubblici più a rischio in Calabria
PAOLA L’ospedale di Paola non è sicuro. E il dato, ben prima che da relazioni e perizie (ri)emerse negli ultimi mesi, è stato messo nero su bianco ormai quasi 20 anni fa. Nel cosiddetto rapporto Barb…

PAOLA L’ospedale di Paola non è sicuro. E il dato, ben prima che da relazioni e perizie (ri)emerse negli ultimi mesi, è stato messo nero su bianco ormai quasi 20 anni fa.
Nel cosiddetto rapporto Barberi – il Censimento di vulnerabilità ai terremoti degli edifici pubblici strategici e speciali svolto nel 1999 in alcune regioni – l’edificio compariva al settimo posto tra le strutture esaminate. Per intenderci, era classificato come uno degli immobili più a rischio in Calabria. Quel documento, nel corso degli anni è diventato una sorta di talismano per geologi e associazioni che difendono il territorio. E oggi torna di prepotente attualità. Adesso che i commissari al Piano di rientro Scura e Urbani si interrogano su quale dei due ospedali – Paola o Cetraro – si debba puntare nella nuova rete ospedaliera, anche il report firmato dall’ex capo della Protezione civile nazionale torna in gioco.
Indicazioni meno nette, invece, arrivano dalle carte dell’Autorità di bacino. Il Pai, Piano per l’assetto idrogeologico redatto dall’organismo regionale (documento che non viene aggiornato dal 2001), classifica come R4, area per la quale esiste il rischio della perdita di vite umane in caso di movimenti franosi, una zona piuttosto vasta attorno alla struttura sanitaria. È qui che intervengono le interpretazioni sulle carte e i ragionamenti in base ai quali sul presidio ospedaliero non sono state prese decisioni drastiche. In sostanza – lo spiegava a blogtortora.it Gianfranco Bartolo, geologo incaricato dal Comune di Paola di seguire i lavori di consolidamento della collina franata – «sono a rischio le scarpate della collina, che andrebbero consolidate. Infatti l’unico spicchio di collina su cui sono stati fatti lavori simili non è crollato». 
(Le carte del Pai con le due zone R4 a forma di “L” proprio nei pressi dell’ospedale di Paola)
Il tecnico dice implicitamente che l’edificio che ospita i reparti non ricade nell’area a rischio. Ma il rapporto Barberi dice l’esatto contrario. A sostenere questa tesi c’è anche la relazione del direttore della Protezione civile regionale Carlo Tansi, della quale vi abbiamo dato conto nei giorni. Quando l’ha redatta, Tansi era “soltanto” un geologo incaricato dall’Asp di Cosenza, ora ha un importante ruolo istituzionale nella Protezione civile, stesso organismo presieduto (ma a livello nazionale) da Barberi ai suoi tempi.
I dati (e i timori) tecnici sulla struttura si incrociano con le previsioni della programmazione sanitaria. È previsto, infatti, che l’area chirurgica tutta venga allocata nello stabilimento ospedaliero di Paola: anche la rianimazione, la ginecologia e la neonatologia, che ora sono nel presidio di Cetraro, andranno risistemate al San Francesco. E i dubbi, alla luce della perizia di Tansi e della relazione Barberi, restano: quel presidio è sicuro?
Ovviamente non è questa l’unica critica che arriva alla nuova rete ospedaliera, finita nel mirino di sindaci e amministratori regionali perché non risponderebbe alle esigenze del territorio. Ma la querelle Paola-Cetraro porta su di sé il peso delle questione tecniche, prima di quello politico (legato, banalmente, alla ricerca di consenso in quel bacino elettorale). In attesa che i lavori di consolidamento vengano avviati, i dubbi restano tutti in piedi. E gravano su pazienti e operatori.
p. p. p.