CATANZARO C’è un nuovo scontro tra il ministero della Salute e la Regione Calabria. E questa volta i commissari al Piano di rientro non c’entrano (se non indirettamente). I tavoli romani che sovrintendono alla sanità calabrese hanno lanciato un allarme legato alla ristrutturazione burocratica completata tra luglio e agosto. Nulla da ridire rispetto alla rotazione dei dirigenti: i rilievi si appuntano su una posizione particolare. Vediamoli. Al ministero, che ne ha avuto notizia «per vie brevi», sono preoccupati per la decisione di «attribuire l’incarico di direzione dell’ufficio assessoriale competente in materia veterinaria e alimentare».
La lettera, spedita prima del tavolo di verifica del 26 luglio, ha azzeccato la previsione. La rotazione, infatti, il giorno dopo ha assegnato quel posto a Giorgio Piraino, dirigente e veterinario trasferito dal dipartimento Agricoltura per tornare nel posto che ha occupato fino al 2011. Piraino, nelle ultime settimane, ha gestito il contestatissimo bando che assegna i fondi agli eventi culturali storicizzati. Contro quella procedura si sono espresse molte associazioni, che hanno annunciato un ricorso al Tar e un esposto all’Autorità nazionale anticorruzione. È stato quello l’ultimo atto della sua vecchia vita burocratica. Poi è arrivato il trasferimento contro il quale si è espresso il ministero della Salute. Ma perché nei Palazzi il nuovo ruolo viene considerato addirittura pericoloso per il futuro del Piano di rientro? Lo spiega la lettera riservata della quale il Corriere della Calabria è entrato in possesso: «Si verificherebbe una duplicazione del ruolo e responsabilità di vertice (sul settore veterinario “governa” già una task force, ndr) e dunque gravissima incertezza e conflittualità organizzativa circa l’attribuzione dei compiti e dei poteri di intervento, nonché l’inevitabile vanificazione dell’importante percorso di rientro alla normalità ed efficacia operativa, avviato nel 2011».
È questo il vero nodo, il ritorno al passato. Un passato che la comunicazione riassume in poche efficaci righe: «Si deve rappresentare che le competenze in materia furono avocate dal governo, in conseguenza della constatazione di un’inaccettabile inerzia e criticità assessoriale e territoriale e attribuite con specifica delega ai commissari ad acta, ai fini dell’esercizio del potere sostitutivo e del ripristino del livello essenziale di assistenza previsto».
Praticamente un disastro, al quale a Roma non vorrebbero tornare. La scelta della Regione fa tornare alla mente anni in cui i rapporti con il governo erano tesi e i risultati del settore insoddisfacenti. Il succo tecnico-burocratico della questione è che «le competenze in materia in materia veterinaria e alimentare non possono che rimanere attribuite al commissaria ad acta, per esercitarle secondo le modalità con esso concordate, ivi inclusa la task force operante ai sensi dei decreti commissariali».
Le competenze assegnate al “nuovo” dirigente sarebbero “abusive”: «Non è possibile, per la regione e i suoi dirigenti, gestire competenze e attribuire incarichi a essi giuridicamente e formalmente sottratti per i motivi anzidetti e la cui riattribuzione è subordinata alle valutazioni del Tavolo e Comitato Lea (Livelli essenziali di assistenza, ndr) nonché alle deliberazioni del Consiglio dei ministri». Il nuovo fronte, dunque, è aperto. Con una raccomandazione, girata ai commissari, che sa di guerra aperta: Scura e Urbani devono «impedire o invalidare con tempestività e rigore» tutti gli atti che trasgrediscono le attribuzioni conferite dal governo.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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