REGGIO CALABRIA «Non stiamo facendo nulla di strano per due persone che si amano. Anzi, non fosse stato per problemi economici e burocratici lo avremmo fatto prima». Volenti o nolenti, Fatima Ferro e Bernadette Ficara sono delle pioniere. Dall’istituzione delle unioni civili con la legge Cirinnà sono le prime calabresi a presentarsi di fronte a un sindaco per giurarsi amore eterno. «Odio essere la prima, odio che questo stia diventando notizia, perché dovrebbe essere una cosa normale», quasi sbotta Fatima. «Non mi sento importante perché sono la prima donna a sposare la mia compagna, né ci vedo nulla di anormale – le fa eco Bernadette –. Magari per molti è anormale che lo faccia così presto, ma mi sembra molto più strano che molti trentenni non vogliano assumersi la medesima responsabilità».
Ma il fastidio per il clamore che la loro unione ancora suscita non sembra offuscare la felicità delle due ragazze. Giovanissime, 20 anni Fatima, quattro di più Bernadette, sono convinte di voler passare insieme il resto della loro vita. Per questo, da subito, con il supporto dell’Arcigay hanno avviato le pratiche per istituzionalizzare la loro unione, nata nell’aprile scorso e da allora divenuta indissolubile. «Stiamo insieme da un anno e mezzo e dalla prima sera non siamo mai state lontane per più di dieci ore», raccontano quasi rubandosi le parole.
Da sei mesi, le due ragazze convivono e insieme hanno anche ristrutturato e riempito la casa che abiteranno. «Il lavoro che non c’è o è troppo poco, i soldi che non sono mai abbastanza, i nostri problemi sono quelli di tutte le giovani coppie. Le nostre famiglie ci hanno anche aiutato a mettere insieme casa». Dichiarata fin da giovanissima, per Bernadette non è stato un problema annunciare la propria decisione a casa. La sua battaglia l’ha vinta tanto tempo fa. «Uno dei miei fratelli era un omofobo convinto, il 21 sarà il mio testimone di nozze», racconta Bernadette. «Prima si è rassegnato, nel corso del tempo ha cominciato a capire che non c’è nessuna differenza, si tratta sempre di amore». Ad aiutarla, probabilmente è stato un altro fratello, Rocco, da anni una delle drag queen più famose della Calabria, che insieme a lei ha mostrato in famiglia che non c’è alcuna anormalità nell’omosessualità. Per Fatima forse è stato più complesso. «Mia madre era una grande omofoba, pensava fosse solo una questione di ribellione adolescenziale». Con il tempo ha capito, o quanto meno sta provando a farlo. In generale, spiegano, «Reggio Calabria non è così omofoba come molti credono. Certo, l’ignorante di turno che provoca o fa la battutina, capita. Ma non tutti sono così. E poi, se noi stesse continuiamo a nasconderci, a non prenderci per mano o a non baciarci in pubblico, a sentirci diverse, non cambierà mai nulla».
«Questo matrimonio è la prova concreta del lavoro di coscientizzazione che abbiamo fatto all’interno e all’esterno della comunità omosessuale a Reggio Calabria», dice Lucio Dattola, presidente della locale Arcigay, «Il mio augurio personale» è che riescano a costruire un nucleo familiare basato sul rispetto e sulla felicità». Esattamente quello che augurerebbe a qualsiasi coppia, gay o etero che sia.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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