Processo "Alta tensione", pioggia di assoluzioni e riduzioni di pena
REGGIO CALABRIA Conferma dell’impianto accusatorio, ma ridimensionamento di quasi tutte le pene inflitte e del numero delle condanne. Così ha deciso la Corte d’appello per gli imputati del processo “…

REGGIO CALABRIA Conferma dell’impianto accusatorio, ma ridimensionamento di quasi tutte le pene inflitte e del numero delle condanne. Così ha deciso la Corte d’appello per gli imputati del processo “Alta Tensione”, scaturito dall’inchiesta che ha raccontato il regno clan Caridi-Borghetto-Zinda sui quartieri reggini di Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra. Un regime di cui, per i giudici, non sarebbero responsabili una serie di imputati condannati in primo grado anche a lunghe pene detentive.
ASSOLUZIONI Per decisione della Corte d’appello, cade ogni accusa nei confronti di Tullio Borghetto, in precedenza condannato a 10 anni di carcere, Tommaso Paris, in passato punito con 11 anni, Demetrio Giuseppe Cento, in precedenza punito con 9 anni, Osvaldo Massara, in passato condannato a 15 anni, Fabio Pennestrì, Giuseppe Zindato e Sebastiano Sapone, in primo grado puniti con 12 anni di carcere e Carmelo Gattuso, in passato condannato a 1 anno e 6 mesi. Il tribunale ha poi disposto il non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di Antonia Contestabile, Concetta Modafferi, Carmela Nava e Massimo Orazio Sconti.
RIDUZIONI DI PENA Per decisione della Corte d’appello, vengono inoltre ridimensionate le pene inflitte a quasi tutti gli imputati. Passa da 20 a 17 anni e 6 mesi di carcere la pena inflitta a Eugenio Borghetto, mentre per Bruno Caridi, la Corte ha stabilito una pena di 18 anni e 2 mesi in luogo dei 20 in precedenza rimediati. Passa da 20 a 17 anni e 6 mesi di carcere la pena inflitta a Eugenio Borghetto, mentre per Bruno Caridi, la Corte ha stabilito una pena di 18 anni e 2 mesi in luogo dei 20 in precedenza rimediati. Ancor più sensibile la riduzione di condanna decisa per Vincenzo Quartuccio, condannato a 20 anni in primo grado e a 16 in appello, come per Giuseppe Modafferi, condannato a scontare 13 anni e 6 mesi di carcere in luogo dei 20 in precedenza rimediati. Passa da 16 a 10 anni e 6 mesi carcere Natale Alampi, mentre per Natale Iannì la Corte ha disposto una condanna a 9 anni, sei mesi e 20 giorni in luogo dei 15 in precedenza rimediati. Dovrà scontare 13 anni in luogo dei 16 come in primo grado definito, Natale Iannì, mentre si vede ridurre la condanna di due anni Santo Caridi, che passa da 16 a 14 anni di carcere. Erano stati condannati tutti a 12 anni, ma ne dovranno scontare solo 8 Domenico Malavenda, Giampiero Melito e Domenico Serraino, mentre passa da 16 a 9 anni la condanna inflitta a Matteo Perla.
CONFERME È stata invece confermata in toto dal tribunale la condanna inflitta a Biagio Consolato Parisi e Giuseppe Parisi, puniti con sei mesi di carcere.
L’INCHIESTA Al netto di assoluzioni e riduzioni di pena, si conferma la validità dell’impianto accusatorio costruito dal pm Stefano Musolino, che ha svelato il regime imposto su Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra. Un sistema che per anni ha schiacciato i quartieri, condannandoli al degrado, ha schiacciato i cittadini, gli imprenditori, i lavoratori riducendoli al silenzio e all’omertà. Ad emergere è stato un quadro devastante e desolante, dove il degrado morale dell’oppressione mafiosa si trasforma in degrado sociale, visibile, palpabile, nelle facciate mai finite dei palazzi come nelle parole e soprattutto nei silenzi della gente comune, nello squallore dei luoghi, sottomessi alla ferocia di più cosche che nel tempo si sono contese e divise un unico territorio, come nell’omertà quasi compiacente delle vittime dei clan.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it