LAMEZIA TERME Le due aerofotogrammetrie consegnano una prova devastante rispetto allo scempio, ambientale, finanziario e geologico consumato, fin qui impunemente, nella Sila cosentina. Sono sul tavolo del procuratore capo di Castrovillari, Eugenio Facciolla che ci sta lavorando senza risparmio e con la dovuta determinazione. I documenti raccolti, in uno con gli ampi stralci delle dichiarazioni rese ai magistrati della Procura distrettuale di Catanzaro da Paolo Furgiuele dopo il suo arresto, stanno alla base della forte accelerazione avuta, in queste settimane, dall’inchiesta avviata dal procuratore Facciolla ed ora alla vigilia di sviluppi eclatanti.
La prima aerofotogrammetria è del 2010, la seconda è stata effettuata nei mesi scorsi. Sovrapponendole si ha la testimonianza di tagli boschivi effettuati contro ogni legge ed in barba a qualsivoglia regolamento. Interi boschi rasi al suolo, ampie parti di territorio desertificate. Aziende in odore di mafia padrone del campo ed una burocrazia regionale che, complice le “distrazioni” della politica, ha autorizzato di tutto.
Al danno ambientale e di sicurezza del territorio si sovrappone quello erariale: le prime stime parlano di decine di milioni di euro sottratti alle casse regionali e di licenze concesse a prezzo vile. Un intreccio di collusioni che ha sterilizzato qualsivoglia controllo, ivi compreso, in alcuni casi, anche quello devoluto alla polizia giudiziaria. È un capitolo delicato, questo, ma trova robusti riscontri: da Calabria Verde erano partite segnalazioni; nei vari accessi agli uffici dell’ente che ha ereditato le competenze dell’Afor, alla Guardia di Finanza è stato chiesto di acquisire anche quelle relazioni ma, almeno a sentire le dichiarazioni di Furgiuele, tali inviti non sono stati mai raccolti.
Intendiamoci, era una guerra, quella tra Calabria Verde e il dipartimento regionale competente sul demanio boschivo, combattuta senza esclusione di colpi e spesso in nome di interessi particolarissimi. Tuttavia inizialmente pare si sia preferito raccogliere gli elementi prodotti solo da una delle fazioni in lotta, sorvolando su tutto il resto. Un andazzo al quale hanno messo fine l’indagine aperta dal procuratore Eugenio Facciolla e le relazioni prodotte in questi mesi dal generale Aloisio Mariggiò, che Mario Oliverio ha chiamato alla guida di Calabria Verde conferendogli pieni poteri.
È lungo l’elenco degli indagati stilato negli uffici della Procura di Castrovillari, ancora più lungo l’elenco delle autorizzazioni rilasciate dalla Regione Calabria in questi ultimi sei anni a vantaggio delle aziende più “accreditate”. Eppure non era per nulla difficile, agli uffici regionali del dipartimento, cogliere i segnali della grave truffa messa in piedi nel settore boschivo della Sila cosentina. Documenti falsificati; autorizzazioni con i dati alterati; licenze concesse e poi revocate ma senza notificare la revoca; controlli eseguiti solo virtualmente. E, si badi bene, il “modello” scoperto a Castrovillari non rappresenta certo un unicum. Già dai primi rilievi sta emergendo che in provincia di Reggio Calabria è andata anche peggio.
Da ultimo non mancano i tentativi di depistaggio, affidati a campagne di stampa che dovevano servire a portare l’attenzione in segmenti diversi da quelli poi finiti nel mirino della Procura di Castrovillari. Anche questi affiorano dalle indagini della Procura distrettuale di Catanzaro, consegnando ancora una volta un quadro devastante rispetto al quale la magistratura sta egregiamente svolgendo il suo ruolo ma non deve essere lasciata sola o, peggio, utilizzata come alibi per sfuggire da responsabilità che restano di natura strettamente politica.
pa. po.