ROMA Nel giorno in cui il governo guidato da Paolo Gentiloni incassa la fiducia alla Camera, a Montecitorio non si respira aria di festa. In passato, quando Letta e Renzi fecero il loro esordio, c’era la fila per stringere le mani ai ministri. Volti scuri in maggioranza e la consapevolezza che senza provvedimenti concreti sull’occupazione e sul Mezzogiorno, la sconfitta alle urne è dietro l’angolo. L’onda grillina rischia di trasformarsi in uno tsunami.
In Aula il dibattito è moscio, più vivace di quello in Transatlantico e alla buvette. Chiusa la partita dei ministri, con la Calabria che ha incassato la nomina all’Interno di Marco Minniti, adesso le attenzioni dei peones sono tutte rivolte ai nomi dei viceministri e dei sottosegretari. Il Consiglio dei ministri per definire la squadra di governo dovrebbe svolgersi dopo il Consiglio Ue, nella prossima settimana.
Su questo versante non dovrebbero esserci grossi stravolgimenti, nel senso che gran parte degli uscenti potrebbe guadagnare la riconferma. Tra loro c’è il centrista Tonino Gentile, sottosegretario uscente al ministero dello Sviluppo economico. Attenzione alle sorprese: l’uscita dalla maggioranza del gruppo Ala-Sc apre spazi che potrebbero essere sfruttati da Gentiloni e Alfano per soddisfare gli appetiti dei famelici senatori centristi, decisivi per il mantenimento in vita del governo a Palazzo Madama.
E in questo senso potrebbe arrivare per Gentile una promozione a vicemininistro del Mise. Un’ambizione che il sottosegretario cosentino coltiva da tempo, tanto che già all’inizio dello scorso anno si lasciò scappare che con la nomina di Carlo Calenda, all’epoca vice della ministra Federica Guidi, a Bruxelles, come rappresentante del governo italiano presso l’Ue, per lui sarebbe arrivata la promozione. Non successe nulla per via del deflagrare dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata, che portò alle dimissioni di Guidi e alla promozione di Calenda. Gentile, insomma, conta adesso di portare a casa ciò che gli è sfuggito di recente.
Alla finestra c’è anche la crotonese Dorina Bianchi, sottosegretaria uscente ai Beni culturali. Da Angelino Alfano, il leader del suo partito, ha ricevuto rassicurazioni sulla possibilità di proseguire l’esperienza al Mibact. E la stessa cosa avrebbe fatto il ministro Dario Franceschini, con cui vanta un buon rapporto sin dai tempi della comune militanza nel Pd.
Fin qui le riconferme. Ma occhio alle sorprese, soprattutto nel Pd. Con il congresso alle porte, si attende l’annuncio ufficiale nell’assemblea di domenica, le nomine al governo servono per puntellare vecchi assi e, magari, dare vita a nuove alleanze interne. Di tutto ha bisogno Matteo Renzi, tranne che di consentire di aprire nuovi focolai di tensione tra i suoi sostenitori.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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