Ma il primo pensiero è per Matteo
VILLA SAN GIOVANNI «Sarà veramente così?». «Che ne pensate?». C’è qualche perplessità anche tra la folta schiera dei giornalisti che dalle nove di giovedì mattina sta seguendo il ministro alle Infras…

VILLA SAN GIOVANNI «Sarà veramente così?». «Che ne pensate?». C’è qualche perplessità anche tra la folta schiera dei giornalisti che dalle nove di giovedì mattina sta seguendo il ministro alle Infrastrutture Graziano Delrio nel suo tour sulla Sa-Rc, anzi – pardon – su quella che assieme al premier Paolo Gentiloni dalla splendida cornice di Altafiumara, a Villa San Giovanni, è stata ribattezzata l’Autostrada del Mediterraneo. Perché è così che si chiamerà la A3. Il 22 dicembre era una data a cui non tanti credevano e non solo la stampa estera. Quando Matteo Renzi promise che il 22 dicembre avrebbe inaugurato la “nuova A3” i risolini erano diffusi. Così come, subito dopo le sue dimissioni, sui social dilagava la preoccupazione su chi avrebbe inaugurato la A3. Eppure tutto si è svolto come da programma. Con nessun incidente di percorso o particolari cambi di programma. Il ministro Delrio ha affrontato il tour in pullman senza seguire particolari protocolli istituzionali, ma come «una gita» su quell’Autostrada che – ha ripetuto più volte ai giornalisti – «non sarà più un incubo».
Pranzo al sacco, preparato da Anas assieme alla cartellina stampa, ma rigorosamente in autobus per evitare ritardi sulla tabella di marcia. E dopo il – tanto atteso – taglio del nastro nella galleria Laria sotto il viadotto Italia, tutti verso Villa San Giovanni dove arriverà il presidente del Consiglio Gentiloni. Il pensiero da parte di Delrio, ma anche del presidente dell’Anas Gianni Vittorio Armani, è andato spesso al povero Adrian il giovane operaio morto mentre lavorava nei cantieri del Viadotto Italia. Così come anche i riferimenti ai continui interessi della ‘ndrangheta sui lavori di quella che – per dirla con le parole del ministro Delrio – è l’ormai ex eterna incompiuta.
Tre gli autobus al seguito di Delrio nel tour sulla A3. Tanti i giornalisti accreditati al seguito del ministro. Un viaggio sempre in diretta tra audio e immagini da versare e «pezzi di intervista da lanciare». Quando si avvicina la tappa di Rosarno si diffonde la voce che lì ad attendere c’è proprio Gentiloni. Ma così non è. Il premier aspetterà direttamente a Villa San Giovanni. La sosta a Rosarno è breve ma serve per la consegna delle chiavi delle nuove automobili alla polizia stradale perché «il territorio – dicono Delrio e Armani – va presidiato costantemente». Salta però la pausa caffè rosarnese perché «Gentiloni è già atterrato».
L’arrivo a Villa è veloce e vissuto con l’ansia di beccare Gentiloni per interviste e riprese. Ansia inutile. L’arrivo ad Altafiumara è accolto da un rigido protocollo che sposta la stampa nelle sale apposite salvo accogliere operatori, giornalisti televisivi e cronisti che si sono riusciti a intrufolarsi nella sala della conferenza stampa. Taccuini e telecamere in fondo, al centro istituzioni e autorità, ai lati forze dell’ordine. «Per motivi di sicurezza» è impossibile avvicinarsi per scattare una foto al neo premier. Però tutto si svolge in modo regolare e senza troppi formalismi. La A3 racchiude un po’ la storia dell’Italia ed è per questo che l’Anas ha preparato alcuni video che ricostruiscono la storia, lo stato dell’arte dei lavori e infine prospettive future in un mix di tecnologia e innovazione. Gentiloni va al sodo e non fa sconti. Tanto che ricordando un film di Troisi con ironia chiede scusa per il ritardo. In modo sintetico ma incisivo va dritto ai problemi del Sud e della Calabria in particolare. Con un invito però non al vittimismo ma al fare collaborativo. E un grazie va per ben due volte a Matteo Renzi, anzi a quello che lui la prima volta cita come «il presidente Renzi». Alle 17,30 in punto i riflettori si spengono. Il servizio di ordine dirige «il traffico per motivi di sicurezza». Tutti di corsa sull’autobus 3 in direzione Salerno. La preoccupazione, stavolta, non è più tanto quella di mandare i pezzi in redazione ma quella di sperare in un viaggio di ritorno che non sia più davvero un incubo. Altrimenti sarebbe stato meglio «fermarsi a dormire a Villa e svegliarsi con il panorama dello Stretto».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it