FIRENZE La Direzione investigativa antimafia di Firenze ha sequestrato un patrimonio stimato in oltre cinque milioni di euro nei confronti di tre imprenditori calabresi operanti in Toscana. Il provvedimento, emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Firenze, giunge dopo accurate indagini su una ipotesi di riciclaggio a carico dei tre e dei loro familiari, condotte dalla Dia e coordinate dalla locale Procura della Repubblica.
L’inchiesta ha consentito di accertare non solo ingenti movimentazioni di capitali e investimenti immobiliari effettuati dai tre imprenditori (frutto di reati fiscali e altre attivià illecite) a fronte di esigui redditi dichiarati, ma anche i legami con la criminalità organizzata calabrese. I dettagli dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà questa mattina, presente il procuratore della Repubblica di Firenze Giuseppe Creazzo.
I sequestri di beni per un valore complessivo di 5 milioni di euro a tre imprenditori calabresi attivi da una ventina di anni in Toscana sono stati eseguiti dalla Dia di Firenze in base a indagini economico-finanziarie che hanno fatto emergere grandi spostamenti di capitali e ingenti investimenti immobiliari rispetto ad una lampante esiguità dei redditi dichiarati al fisco dagli indagati. Per questo la procura di Firenze ha chiesto e ottenuto dal tribunale un decreto urgente per la misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di conti correnti bancari, libretti, veicoli, fabbricati, terreni, quote di società a Firenze, Prato, Montecatini Terme, Buggiano e Strongoli.
I beni, intestati a 21 persone, sono comunque riconducibili alle disponibilità di Giuseppe Iuzzolino, 80 anni, Martino Castiglione, 60 anni e Vincenzo Benincasa, 57 anni, tutti originari di Strongoli ma radicati in Toscana. Le indagini, coordinate dal procuratore Giuseppe Creazzo e dirette dal sostituto Eligio Paolini, hanno anche riscontrato, come riferito stamani in una conferenza stampa, «contatti economici» tra gli indagati e appartenenti alla famiglia “Giglio”, ritenuti organici all’omonima ‘ndrina dominante a Strongoli verso cui sarebbero state fatte transazioni di denaro senza alcuna giustificazione lecita. Gli accertamenti hanno riguardato anche conti correnti personali aperti alla filiale di Strongoli della Banca Carime dove sono stati versati dal 2009 al 2014 contanti per oltre un milione di euro. «Siamo in presenza di ingenti capitali di incerta provenienza – ha spiegato il procuratore Giuseppe Creazzo – a fronte di redditi bassissimi dichiarati che dal 1998 al 2016 sono stati in media di 9.000 euro l’anno».
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