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SOLDI SPORCHI | I Bagalà, fra 'ndrine e politica

REGGIO CALABRIA «Esiste un’organizzazione ‘ndranghetistica denominata Bagalà che controlla, per tutto il territorio calabrese e anche altrove, l’appaltistica pubblica». Sono parole granitiche quell…

Pubblicato il: 19/01/2017 – 23:46
SOLDI SPORCHI | I Bagalà, fra 'ndrine e politica

REGGIO CALABRIA «Esiste un’organizzazione ‘ndranghetistica denominata Bagalà che controlla, per tutto il territorio calabrese e anche altrove, l’appaltistica pubblica». Sono parole granitiche quelle con cui i magistrati della Dda di Catanzaro, coordinata da Nicola Gratteri, definiscono i Bagalà, gruppo imprenditoriale di Gioia Tauro, che ha finito per allungare i propri tentacoli fino a Cosenza. Un’espansione possibile – ha ricostruito la Dda di Reggio Calabria, coordinata da Federico Cafiero de Raho – grazie ai rapporti dei Bagalà con uno dei più potenti e strutturati casati di ‘ndrangheta, quello dei Piromalli, e la politica.

I RAPPORTI CON I PIROMALLI Che gli imprenditori di Gioia Tauro fossero in odor di mafia lo avevano svelato già le indagini del filone “Ceralacca” che già in passato li hanno visti coinvolti. Tipicamente ‘ndranghetistici – valutano oggi gli inquirenti – erano i metodi che i Bagalà utilizzavano, come le intimidazioni e i pestaggi progettati ai danni di funzionari e dipendenti delle varie stazioni appaltanti, resilienti alle richieste del gruppo. Oggi però a testimoniarlo ci sono anche le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, nonché le parole – ascoltate e registrate con interesse dagli investigatori – di Pino Bagalà, che senza timore si accredita come mediatore fra gli opposti interessi di diversi clan della Piana.

RAPPORTO STRUTTURATO Un ruolo confermato dai pentiti – cinque quelli su cui la Dda abbia potuto contare – che hanno addirittura indicato in Pino Piromalli, detto Facciazza, il principale riferimento dei Bagalà. Ma non si tratta di rapporti recenti. I Bagalà – ha detto senza esitazioni un pentito – sono legati al potentissimo clan della Piana fin dagli anni Ottanta. Inizialmente con uomini vicinissimi al clan, poi dall’inizio degli anni Novanta, direttamente con don Mommo. Per questo, ha spiegato un collaboratore, Gino Bagalà si è potuto presentare per conto dei Piromalli a chiedere conto ad un imprenditore, reo per chiedere conto di un affare senza chiedere permesso.

DA MURATORI A IMPRENDITORI Rapporti – ha spiegato un altro pentito – che sono stati all’origine della fortuna dei Bagalà, che da semplici muratori si sono trasformati in patron di una holding attiva nel settore delle costruzioni e degli appalti. Nel corso del tempo, hanno imparato a non disdegnare contatti più che cordiali con altre consorterie della zona, come i Pesce, i Bellocco e i Molè. Con questi ultimi, per un lungo periodo – ha aggiunto un altro pentito – non c’era solo un rapporto tanto confidenziale da indurre Gino Bagalà a custodire il cavallo di Nino Molè, ma anche veri e propri comparati con esponenti della consorteria. Almeno fin quando Piromalli e Molè erano un’unica cosa. Dopo l’omicidio di Rocco Molè, che ha segnato la definitiva rottura con il potente casato di ‘ndrangheta, anche i Bagalà hanno voltato le spalle al clan perdente, tagliandolo fuori da ogni affare. Soprattutto quelli gestiti grazie a rapporti, agganci e parentele all’interno del comune di Gioia Tauro.

IL PALLINO DEI BAGALÀ PER LA POLITICA Del resto, ai Bagalà la politica è sempre piaciuta. In due, Pino Bagalà e il nipote Francesco (cl.77) si sono anche impegnati personalmente, anche grazie ai legami familiari stretti con storici esponenti politici della città. Si tratta di Giorgio Dal Torrione, ex sindaco di Gioia Tauro imputato nel procedimento Cent’anni di storia come uomo dei Piromalli, ma assolto da ogni accusa, e Giuseppe Pedà, ex sindaco di recente sfiduciato dal suo Consiglio comunale. La figlia di Dal Torrione, Patrizia, è infatti sposata con Francesco Bagalà, mentre la cugina Diana Bagalà, figlia di Pino, è sposata con l’ex sindaco, Giuseppe Pedà. Altra parentela la possono vantare con l’ex vicesindaco, poi consigliere provinciale Raffaele D’Agostino. Secondo i pentiti è grazie a tali addentellati istituzionali che i Bagalà avrebbero sempre trovato porte aperte all’interno dell’amministrazione, così come comode vie per accaparrarsi lavori e appalti. Fin dai tempi in cui il sindaco Dal Torrione ha ordinato di rifare i marciapiedi a Gioia Tauro.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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