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Marra, il confidente che lavorava per Romeo

REGGIO CALABRIA All’interno dell’associazione segreta che per i magistrati della Dda di Reggio Calabria ha addomesticato le dinamiche economiche e politiche di Reggio Calabria e non solo, l’avvocato…

Pubblicato il: 23/01/2017 – 18:33
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Marra, il confidente che lavorava per Romeo

REGGIO CALABRIA All’interno dell’associazione segreta che per i magistrati della Dda di Reggio Calabria ha addomesticato le dinamiche economiche e politiche di Reggio Calabria e non solo, l’avvocato Antonio Marra aveva un compito precipuo e speciale. Era lui a «garantire all’associazione segreta un’efficace capacità di incidenza sugli equilibri di potere sociale e criminale» anche «mantenendo relazioni privilegiate con uomini delle istituzioni».

IL SOFFIA DEI CLAN Traduzione, Marra faceva il confidente, ma – ipotizza la Dda – quelle informazioni che con solerzia soffiava nelle orecchie delle forze dell’ordine erano funzionali al programma criminale di Paolo Romeo. Nell’infinito gioco di specchi che Paolo Romeo è stato in grado di creare, per i magistrati della Dda colui che sembrava utilizzato dalle forze dell’ordine per arrivare a ricercati e latitanti, ha utilizzato gli investigatori per regolare conti interni ai clan e gestire la pressione dello Stato. Un ruolo ambiguo che l’avvocato ha mantenuto per anni, se non decenni.

LAVORO ANTICO I primi contatti documentati fra Marra e le forze dell’ordine risalgono infatti agli anni Novanta. Ed è lui stesso a raccontarlo – intercettato in ambientale – a Maurizio Arcudi e Domenico Melara. Il legale si vanta dei suoi presunti contatti e rapporti con uomini della magistratura e delle forze dell’ordine, raccontando come risalgano agli anni in cui è diventato procuratore speciale del clan Serraino. «C’era il generale, che all’epoca era colonnello, oggi generale Pellegrini alla Dia. Io gli dico colonnello, vedi che mi hanno cercato questa cosa ma voi che dite, mi ha detto lui onestamente, datemi due tre giorni di tempo. Dopo due tre giorni ci siamo incontrati e mi ha detto, avvocato firmatele quelle carte, fate tutte le carte in regola tutto dal notaio, tutte cose perché a noi i coglioni e le donne non ci interessano». Una frase su cui sarebbe stato lo stesso legale a chiedere spiegazioni. «Gli ho detto che vuoi dire? Mi ha detto i coglioni è Mimmo Sconti che si atteggia, che fa il boss erede di Ciccio Serraino, le donne sono le due figlie di Ciccio Serraino, quindi dice non abbiamo nessuna difficoltà in questa cosa».

I PRIMI SOSPETTI SU MARRA A Marra però il ruolo di procuratore del figlio minore di don Ciccio Serraino porta guai. Quando la prima Dda esegue l’operazione Mare Monti, che rade al suolo il clan Serraino, il procuratore Francesco Mollace si convince che il legale è il consigliori della cosca. Anche all’epoca Marra gode di amicizie speciali che lo informano per tempo. «Minchia questo si è convinto che ero il consigliare della cosca Serraino. Un carabiniere di allora mi ha detto senti che ti stanno “iarmandu na carretta” così, così, così e così… Gli ho detto io ma che cazzo stai dicendo?».

LA RICOSTRUZIONE DELL’AVVOCATO Secondo quanto racconta il legale, dopo aver appreso la notizia si sarebbe presentato in Procura per chiarire la situazione. «Gli ho detto e se vuoi saperne di più caro signor procuratore, chiama il colonnello Pellegrini e fatti spiegare come ho avuto questa cosa e perché l’ho avuta. Gli ho detto e non ti permettere di metterti queste cose in testa, che io non sono un criminale… quando voglio fare il criminale, un giorno se divento… se decido di diventare criminale, vengo e te lo comunico io che faccio il criminale e poi ci facciamo la sfida se tu sei capace di arrestarmi o no».

ACCREDITAMENTO «Fandonie» dice oggi il sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Roma, Franco Mollace. «Quell’incontro non c’è mai stato e mai nessuno si sarebbe potuto permettere di rapportarsi in questo modo». Più che altro – dice il magistrato – «all’epoca Marra era conosciuto perché si accompagnava al colonnello Cuneo e al colonnello Pellegrini». A guerra di ‘ndrangheta finita da poco, non era difficile che le forze dell’ordine mantenessero contatti privilegiati con informatori e confidenti. Marra – emerge oggi – si era accreditato come tale. E nel tempo è anche riuscito a mantenere i rapporti con gli ufficiali con cui era entrato in confidenza. O quanto meno con uno di loro, il generale Pellegrini.

AL TELEFONO CON IL COMMISSARIO Negli anni duemila l’ufficiale torna in Calabria. Non è più a capo della Dia, ma commissario del consorzio Piana Sicura, creato nel settembre 2002 grazie a un protocollo sottoscritto fra il ministro dell’Interno del tempo, Giuseppe Pisanu, l’allora vice ministro dell’Economia, Gianfranco Miccichè, e dall’ex governatore della Calabria, Giuseppe Chiaravalloti. Si tratta di una serie di interventi da realizzare «nella Piana di Gioia Tauro e nel porto omonimo per elevarne i livelli di sicurezza sia con interventi infrastrutturali che con iniziative nel campo dell’educazione alla legalità e della formazione per le forze di polizia e per gli operatori dello scalo». Quando Marra nel 2008 viene intercettato, gli investigatori registrano diverse conversazioni fra i due. Argomenti? I più vari. Dalle piante ai pettegolezzi, passando agli innumerevoli appuntamenti per un caffè. Un paio di conversazioni però richiamano l’attenzione di chi ascolta, che si preoccupa di trascriverle.

LINEA DIRETTA  Una è del 2010. Marra è con il delegato regionale ai trasporti dell’epoca, Fausto Orsomarso. Si tratta dell’unica conversazione in cui emerga il politico. In quell’occasione, Marra contatta il generale. «Sono con l’assessore regionale… Orsomarso – dice – e parlavamo di quel progetto (…) al consiglio dei ministri… dell’autodromo. E ci vediamo qualche volta, organizziamo». Pellegrini sa di cosa stia parlando, infatti ribatte a tono: «Volentieri, se vogliono che il consorzio… po, eh… mandi avanti progetti… il consorzio ha tutta la, la disponibilità, e tutta la cosa di fare queste cose qua». E il legale coglie l’occasione per mettere il generale direttamente in contatto con l’assessore. 

CHIAMA LEI NITTO? Orsomarso spiega che la Regione può finanziare solo in parte i progetti di Piana sicura, ma poi «in parallelo, tutto quello che può eh… diventare anche investimento per, su questa materia, avere insomma degli strumenti in più… io, ad esempio suggerivo, ci sono i Pon che dipendono da Nitto Palma che finanzia interventi soprattutto in quelle aree lì, dove c’è il discorso… del contrasto alla criminalità». Per questo, lascia cadere lì Orsomarso, «bisogna incontrarsi per un protocollo e spingere». Il generale non raccoglie e il consigliere regionale alla fine dice chiaro: «Io consiglierei di parlare appunto con Nitto Palma, perché nell’ambito anche del Pon, perché avranno fatto dei progetti, magari».

TELEFONATE AD ARTE? Ma è un’altra la conversazione che più ha destato sorpresa negli investigatori. Risale al 2008. E per Marra è un periodo particolare. Insieme a don Pino Strangio, l’avvocato Marra ha tentato di disinnescare la pressione dello Stato sulla Locride, offrendo in pasto due latitanti. Una manovra poi saltata e che fa preoccupare il legale delle possibili conseguenze. Per questo, probabilmente consapevole di essere intercettato, fa una serie di telefonate. Una di queste è diretta proprio al colonnello Pellegrini.

«NON CI SONO PIÙ IO» «Sentite una cosa, ma voi conoscete il colonnello Giardina», chiede Marra che, di fronte alla risposta negativa dell’ufficiale, si lamenta: «Mi stanno facendo qualche… mi hanno fatto fare una figura di merda in questo periodo… perchè era venuto Anastasio che… per il fatto di San Luca… l’ho messo in contatto con Don Pino… abbiamo preso degli accordi, stavano per arrestare due latitanti e a un certo punto sta cosa se ne è andata a vaffanculo e non si è fatto più niente». La storia – chiariranno poi le indagini tra il 2008 e il 2009 – non è andata proprio come la racconta M arra, ma quello che lascia perplessi gli investigatori è la risposta di Pellegrini. «Ma voi che pensate, di lavorare tutti quanti quando c’ero io. Aiutare chi? Ma voi dovete aiutare a me, no ad altri… io almeno non vi ho mai esposto».

INFORMATORE A COMANDO Quello che i magistrati vogliono capire è perché Marra si affannasse tanto a stringere rapporti con investigatori, graduati e no. L’ipotesi è che fosse un’attività strumentale ai programmi e ai progetti dell’associazione segreta che Paolo Romeo nel tempo ha costruito e Marra con lui. A suffragarla è lo stesso legale.

A RAPPORTO DAL SISDE Intercettato mentre parla con Paolo Romeo all’interno della sua azienda, Marra racconta di essere stato convocato dal generale Mori, all’epoca prefetto e direttore del Sisde, il Servizio Informazioni per la Sicurezza Democratica. La chiamata arriva su suggerimento di Dell’Aglio, un funzionario dei servizi all’epoca di stanza a Reggio, con cui il legale è in contatto. « Mi hanno convocato a Roma ai tempi in cui nel Sisde… c’era il Generale Mori e abbiamo parlato… mi hanno fa… ha pagato il biglietto dell’aereo, andata e ritorno» racconta il legale «…e ci siamo incontrati io, il maresciallo Dell’Aglio, il capitano Di Lollo, il capitano De Caprio, che poi era “Ultimo” ed il generale Mori». Ascoltato in ambientale, mentre parla con il suo “capo”, Marra – è la valutazione degli investigatori – non ha ragione di mentire o millantare. E neanche Romeo. Che quando il suo braccio operativo inizia a raccontare commenta ironico «Insomma, tutti clienti di Valentino».

PROPOSTA IRRICEVIBILE Ma Marra non si fa distrarre. «Ci siamo incontrati… mi dice… noi sappiamo che lei è un avvocato stimato, qua e la…mi hanno fatto una “camiciata”, dice: A noi ci servono delle persone come lei…gli ho detto io: Ma per fare che…? Dice… no, voglio dire… se lei ci relaziona su quelle che sono i cambiamenti, i mutamenti, quelli che…quello che lei apprende…a si, gli ho detto io, un bel lavoro! Gli ho detto: E come funziona…? Dice, no… purtroppo dice, noi la dobbiamo iscrivere ne, nei nostri…perché ormai non possiamo utilizzare più le persone senza…le notizie se non sono riconducibili a chi ce le ha date». Ed è proprio questa circostanza che a Marra non è piaciuta. Per niente. «Azzo, gli ho detto io, meglio ancora, più bello è così Gli ho detto io…no, un bel lavoro…allora, prima di incazzarmi, no…? Ciccio Dell’Aglio mi ha dato un calcio sotto la scrivania, no…? Gli ho detto io…comunque, va bene, gli ho detto…ma è una cosa che uno deve decidere subito o può… ha tem… no, dice…lei ci può pensare quanto vuole…ma il generale è, il generale è un “cristianu… un bellu cristianu va”».

NIENTE FORMALITÀ Il problema – lascia intendere la conversazione intercettata – era proprio la formalizzazione del rapporto di collaborazione. «Non era un fatto come ti devo dire…truffaldino» spiega a Romeo il legale, che dopo scende anche in dettagli «io mi sono spaventato proprio Paolo…ho detto io, ma perché io devo prendere una fucilata in vecchiaia, non ho capito…cioè, voglio dire, questi qua poi domani mattina hanno il mio nome, tutte cose, mi chiudono da qualche parte e mi dicono di fare il testimone in qualche processo… cioè, voglio dire, è una cosa… per davvero delicata, voglio dire… chi cazzo lo manda a uno, non lo so».

BACIAMENTI A CAMIONATE Paolo Romeo concorda. «Certo, che è a rischio – dice – nel senso che uno lo può pure fare però, voglio dire deve cambiare o deve avere un sistema di relazioni diverso». Ma Marra non ne vuol sapere. « Ma quando mai… io qua “baciamenti e cose a camionate”… dove cazzo devo andare io… io chi sono… incomprensibile… dove dovevo andare con una proposta di queste». Quasi una dichiarazione di appartenenza che per gli inquirenti non fa che confermare il pesantissimo quadro accusatorio a carico dell’avvocato Marra.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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