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Catanzaro, è solo una battaglia sui nomi

Che brutto destino! Nessun segno concreto, almeno fino ad ora, che induca alla speranza per Catanzaro. La città continua ad essere preda del vecchio sistema che la condiziona e la soffoca ormai da …

Pubblicato il: 14/02/2017 – 7:44

Che brutto destino! Nessun segno concreto, almeno fino ad ora, che induca alla speranza per Catanzaro. La città continua ad essere preda del vecchio sistema che la condiziona e la soffoca ormai da molti anni fino a farle elemosinare una classe politica che sappia assumersi la responsabilità di restituirle il prestigio sottrattole.
Si coglie nell’aria l’anelito di voler riprendere a volare, di riprendere a percorrere quel ruolo centrale cui è stata destinata non soltanto dalla sua condizione geografica, ma soprattutto dal grande equilibrio (forse anche troppo!) con cui ha saputo in passato svolgere il suo ruolo nella regione.
C’è veramente di che abbandonarsi alla disperazione e incrociare le dita nella speranza che il destino restituisca sui Tre Colli ciò che gli uomini gli hanno tolto.
I segnali che arrivano danno purtroppo una rappresentazione del nulla: il Pd sta dimostrando di approcciarsi al destino di Catanzaro, e quindi alla campagna elettorale, frammentato come di più non si potrebbe; tanto che sconforta constatare che un partito che fino a qualche mese fa sembrava avviato a non avere avversari nel riconquistare la guida della città, oggi dà la sensazione di essersi scompensato. Sembra che denunzi un malessere diffuso, che va dal centro alle periferie. La percezione è, infatti, che a Catanzaro gli stessi iscritti mal digeriscono che si continui a parlare di tutto tranne che di programma.
Il presidente della Provincia, Enzo Bruno, emulando Ponzio Pilato, si chiama fuori dalla prossima competizione elettorale e si limita ad auspicare «un progetto condiviso con le forze che in questi anni hanno costruito una seria opposizione al sindaco Abramo…». Ma, prima di chiamarsi fuori da ogni iniziativa, si intuisce che sente il bisogno di elargire apprezzamenti ai dirigenti del suo partito, compreso il presidente della Giunta regionale. Per cosa non si sa. Forse è solo un modo surrettizio per dire… fregatevela voi!
Nicodemo Oliverio, parlamentare di lungo corso, si spinge un po’ oltre e sostiene che sarebbe opportuno «allargare il perimetro dell’alleanza di centrosinistra aprendo alle liste civiche» purché non siano espressione di chi ha sostenuto Sergio Abramo.
Il segretario regionale Magorno, che pure aveva avocato a sé la responsabilità politica della Federazione di Catanzaro, nei fatti dimostra di attendere che sia qualcun altro a portargli su un piatto d’argento la soluzione quale, per esempio, l’organismo composto da dirigenti locali e regionali; e quindi deciderà se accettare o respingere al mittente l’alleanza con il Ncd e con l’Udc. Questo modo di fare fa storcere il muso a molti non tanto o non solo perché non condividono quelle coalizioni, quanto per i dicktat che i due partiti minori porrebbero: l’Unione democratica di centro sarebbe disponibile anche con la semplice presenza nel governo della città; diversa è la posizione del Nuovo Centrodestra che pretende la poltrona di sindaco. E la chiede anche dopo che si è vista bruciare la probabile candidatura del suo leader catanzarese, il senatore Piero Aiello sostanzialmente fatto fuori dalla Procura Generale della Repubblica che ha impugnato la sua assoluzione nell’inchiesta “Perseo” che prefigurava una ipotesi di reato di voto di scambio.
Fatto fuori Aiello, dal cilindro del Ncd è uscito Antonio De Marco, un dirigente regionale vicino al senatore Aiello sin dai tempi della sua esperienza di assessore regionale. L’obiezione è che De Marco sia, ancorché bravo, solo un tecnico e a rilanciare una città importante come il capoluogo di Regione che ha bisogno di essere rivoltata come un calzino forse ci sarebbe bisogno più che mai di un politico capace, che sappia programmare la rinascita e il rilancio di Catanzaro tanto da conferirle quello smalto di cui ha tanto bisogna.
Fin qui le schermaglie che si raccontano tra gli addetti ai lavori perché la cittadinanza sembra rimanere ancora a guardare, quasi refrattaria a tutto ciò che si muove attorno alle strategie elettorali. Ma, anche se si aspetta che il fuoco si accenda, tutto viene considerato soltanto come un assaggio, come un tentativo per “provocare” le reazioni. Forse c’è ancora da attendere qualche altra settimana e dare il tempo che dagli incontri partoriscano veri accordi e, dunque, cominciare a parlare di candidature vere.
Per il momento rimangono tre le iniziative certe: quella di Sergio Abramo “usurata” dal tempo; quella di Nicola Fiorita di “Cambiavento” e quella di Maurizio Mottola di Amato sostenuta dal “Patto per Catanzaro”. Entrambe, se dovessero rimanere senza accordi politici, però, appaiono destinate a fare poca strada.
Questi i fatti che non sono interpretabili almeno finché i numeri rimangono tali e conservano il potere di parlare da soli.
Ciò che manca, invece, è una campagna elettorale non già sui nomi (qualcun’altro verrà sicuramente nei prossimi giorni) ma sulle proposte; su cosa bisogna fare per la città e dare risposte ai bisogni dei cittadini. Si avverte, infatti, la mancanza di un minimo di campagna comunicativa, di rapporto di credibilità che è riscontrabile nel programma elettorale attraverso il quale partecipare ai catanzaresi cosa si intende fare per quanto riguarda la politica organizzativa del territorio. Insomma manca una campagna elettorale sulle proposte per fornire una visione d’insieme del futuro della città.
Così come è auspicabile che il confronto esca dal chiuso degli accordi e si manifesti sui fatti di cui Catanzaro ha bisogno. Che si esaurisca la fase della tattica e si cominci a parlare finalmente di strategia di sviluppo della città che, appunto, è strettamente connessa con il programma elettorale sul quale i catanzaresi vogliono vederci chiaro pretendendo che vi sia l’impegno di ciascun candidato a sindaco di realizzarlo. Pena la gogna a vita!

*giornalista

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