Duplice delitto di mafia a Cosenza, i pentiti sfileranno in aula

COSENZA Saranno ascoltati dalla Corte di Assise di Cosenza diversi pentiti nel processo che dovrà fare luce sul duplice omicidio di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti, avvenuto nel febbraio del 1986. Dopo 30 anni su richiesta della Dda di Catanzaro sono stati rinviati a giudizio Franco Pino, storico pentito cosentino, Franco Patitucci, Gianfranco Bruni e Gianfranco Ruà. Mentre Bruni e Ruà hanno scelto il rito abbreviato, per Pino e Patitucci si è dato il via al processo ordinario che si svolge in Corte d’Assise. Lo storico pentito, difeso dall’avvocato Vittorio Colosimo (oggi sostituito dalla collega Mariarosaria Gabriele) era collegato in videoconferenza dalla località protetta. Mentre Franco Patitucci, difeso dagli avvocati Marcello Manna (sostituito da Giuseppe Manna) e Luigi Gullo, era presente in aula.
Il duplice omicidio è rimasto senza colpevoli per molto tempo: un anno fa la Dda ha tirato fuori dagli archivi il caso dell’agguato ai due giovani esponenti della mala locale, riaprendo il caso e iscrivendo sul registro degli indagati Franco Pino e altri elementi di spicco della ‘ndrangheta cosentina come Francesco Patitucci, Gianfranco Bruni e Gianfranco Ruà. Per Bruni e Ruà è in corso il rito abbreviato a Catanzaro.
La Corte (presieduta dal giudice Giovanni Garofalo, a latere la collega Manuela Gallo) si è riservata la decisione sulla nullità del decreto che dispone il giudizio che era stata avanzata dalla difesa di Patitucci nella scorsa udienza.
L’udienza è proseguita con l’ammissione delle prove documentali. L’accusa – oggi rappresentata dal pm Giuseppe Cava in sostituzione del pm della Dda Pierpaolo Bruni – ha chiesto di poter ascoltare nel corso del processo alcuni collaboratori di giustizia del Cosentino e di procedere poi con l’esame degli imputati. Quest’ultima richiesta è stata avanzata anche dalle difese. La Corte ha ammesso tutte le richieste di prova.
Il processo è stato aggiornato al prossimo 10 aprile per ascoltare i primi testimoni dell’accusa.

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it