La nuova strategia del Goi
REGGIO CALABRIA Prove tecniche di chiarimento fra il Goi e Libera dopo le dure parole pronunciate da don Luigi Ciotti sul palco di Locri? Forse. O almeno così annuncia il Gran Maestro Stefano Bisi, s…

REGGIO CALABRIA Prove tecniche di chiarimento fra il Goi e Libera dopo le dure parole pronunciate da don Luigi Ciotti sul palco di Locri? Forse. O almeno così annuncia il Gran Maestro Stefano Bisi, secondo dal presidente della nota associazione antimafia sarebbero arrivate «una lettera e una telefonata cordiale con il Gran Maestro Bisi per chiarire la sua uscita forte sulla Massoneria e dare la disponibilità per un prossimo incontro in cui parlarsi senza pregiudizi».
LA MISSIVA DI DON CIOTTI Il testo della missiva inviata da don Ciotti non viene riportato, ma nella sintesi proposta da Bisi si legge che il «fondatore di Libera ha voluto precisare che il suo riferimento alla Massoneria, nel corso della manifestazione di Locri, riguardava la realtà emersa nel corso dell’operazione Gotha, il cui processo penale si sta svolgendo a Reggio Calabria». Il generico riferimento alla massoneria sarebbe stato «solo un equivoco».
Inoltre, riporta la nota del Gran Maestro del Goi, don Ciotti ci avrebbe tenuto a sottolineare che «è importante per la massoneria così come per ogni associazione – incluse quelle antimafia – vigilare sulle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata, sempre più diffusa e sempre più capace di nascondere la sua presenza sotto mentite spoglie».
LA POLEMICA Parole con cui il presidente di Libera avrebbe risposto alla lunga, indispettita lettera che Bisi gli ha inviato all’indomani della manifestazione di Locri del 21 marzo scorso.
Quel giorno, dal palco, don Ciotti aveva detto: «Siamo qui perché amiamo la vita, per sostenere quella Calabria che non accetta di essere identificata con la ‘ndrangheta, la massoneria, la corruzione». Un’affermazione che a Bisi non era piaciuta per niente. Tanto da spingerlo a prendere carta e penna per scrivere a don Ciotti.
L’INDIGNATA LETTERA DI BISI Dicendosi «personalmente ferito come uomo e come massone» il Gran Maestro si è scagliato contro il presidente di Libera, affermando «dal suo pulpito calabrese e con un populismo di facile presa Lei ha arringato la folla ed attaccato gli appartenenti alla Libera Muratoria come delle persone che non fanno parte della categoria buona del Paese ma della componente cattiva secondo quella che è la sua idea profondamente e vergognosamente sbagliata degli ideali e dei principi filantropici e umanitari portati avanti da 300 anni dai massoni in tutto il Mondo». Un concetto più volte ripetuto dal Gran Maestro.
APERTURE «Mi spiace e sono deluso – ha ribadito il Gran Maestro – che una personalità del suo calibro si metta in prima fila fra i tanti, facili opportunisti e professionisti dell’antimafia e che inneggi pure lei alla caccia alle streghe che qualcuno ha voluto forzosamente mettere in atto». Magnanimo, a nome di tutta la sua obbedienza, Bisi ha scritto infine «pur offesi nell’animo, non portiamo rancore nei confronti di nessuno, e siamo convinti che anche il più acerrimo avversario può redimersi, La invitiamo sin d’ora ad incontrarci».
Ma non solo. «La invitiamo a sfilare insieme a noi contro la malavita organizzata – ha concluso il Gran Maestro – che non deve avere bandiere, colori, coalizioni ma essere un monito costante di tutti i liberi cittadini italiani. Fra i quali ci sono certamente anche i fratelli del Grande Oriente d’Italia».
QUESTIONE DI IMMAGINE Uno scambio epistolare che si inquadra nella nuova “politica di comunicazione” del Goi, che da qualche tempo sembra aver voglia di far conoscere e pubblicizzare le proprie iniziative. Una “politica di emersione” seguita al sequestro degli elenchi degli iscritti di Calabria e Sicilia ordinata dalla commissione antimafia, non nuova nella storia della massoneria. Qualcosa di simile è successo proprio a Reggio Calabria tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
CORSI E RICORSI Nel 1894, una delle prime logge reggine, la Stefano Romeo dell’Oriente di Reggio è stata demolita, con l’ordine di selezionare solo «i migliori, più disciplinati ed operosi elementi» per ricostituirla. Un’iniziativa probabilmente non slegata dalle documentate relazioni fra molti “fratelli”, particolarmente attivi sulla scena politica, e la criminalità organizzata dell’epoca, più volte sollecitata in periodo elettorale. Circostanze ampiamente note all’esterno dell’obbedienza, tanto che dieci anni dopo, nel corso di un congresso dei maestri elementari di Reggio Calabria e Messina, organizzato al teatro Cilea, nessuno si è scandalizzato più di tanto ascoltando il professore Mancini, che ha concluso il proprio intervento dicendo che «bisognava abbattere tutte le camorre non esclusa quella che si copre con il manto umanitario della massoneria».
LA GRANDE MANIFESTAZIONE Un segnale d’allarme per “i liberi muratori” reggini, che negli anni successivi hanno dato il via ad una campagna per «rafforzare l’immagine esterna» delle logge, culminata in una grande manifestazione pubblica, con tanto di corteo, organizzata nel settembre del 1908 da un comitato presieduto dal marchese Genoese- Zerbi. «La celebrazione – riferiscono le cronache dell’epoca – si concluse nei locali del teatro comunale con i discorsi dell’onorevole Biagio Camagna e dell’avvocato Gaetano Ruffo». Nel frattempo però, in gran segreto, il medesimo Oriente è stato costretto nuovamente ad abbattere un paio di logge nel reggino.
GUAI ATTUALI Da quei fatti sono passati più di cent’anni. E il Grande Oriente torna ad avere non solo problemi di immagine, ma anche qualche rogna con l’Antimafia, che rischia di tracimare nel penale. Il 18 marzo il collegio difensivo di nove avvocati messo in piedi dal Goi ha presentato un’istanza di revisione per l’annullamento o per la revoca del sequestro entro dieci giorni, pena una pioggia di querele «al fine di ottenere, anche nei confronti dei singoli parlamentari membri della commissione, il ripristino della propria onorabilità e reputazione».
Obiettivo numero uno, i deputati Davide Mattiello e Claudio Fava, “colpevoli” di aver presentato due proposte di legge finalizzate ad escludere gli iscritti alla massoneria da ruoli nella pubblica amministrazione. Iniziative – dicono dal Goi – che farebbero da «preludio di una deriva populista e autoritaria».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it