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ERACLE | In manette i buttafuori dei clan che terrorizzavano la movida – VIDEOINTERVISTA

REGGIO CALABRIA Finisce in manette il branco che per anni ha terrorizzato la movida di Reggio Calabria. Quindici persone sono state fermate questa mattina all’alba a Reggio Calabria per ordine del pr…

Pubblicato il: 27/04/2017 – 5:22
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ERACLE | In manette i buttafuori dei clan che terrorizzavano la movida – VIDEOINTERVISTA

REGGIO CALABRIA Finisce in manette il branco che per anni ha terrorizzato la movida di Reggio Calabria. Quindici persone sono state fermate questa mattina all’alba a Reggio Calabria per ordine del procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho, e dei pm Stefano Musolino, Sara Amerio, Giovanni Gullo e Walter Ignazzitto perché accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, tentata estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, intestazione fittizia di beni, maltrattamento di animali, con l’aggravante del metodo mafioso.

I RAMPOLLI DEI CLAN L’operazione, eseguita dagli uomini della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dei carabinieri del comando provinciale, ha colpito le giovani leve di storici casati mafiosi di Reggio Calabria, come i Condello, in collaborazione con i Tegano, che per anni hanno funestato e controllato le notti reggine.

GUARDIANIA 2.0 «Sui locali c’era una vera e propria guardiania ha detto il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho – grazie ad una serie di buttafuori abusivi che controllavano il territorio. Alcuni di loro sono da considerarsi veri e propri uomini dei clan». Quando arrivavano i controlli delle forze dell’ordine, si mischiavano ai normali avventori. Ma erano loro a “garantire” che le serate ai lidi trascorressero senza incidenti. E la cosa non disturbava in alcun modo i gestori che su quella “sicurezza parallela” hanno sempre fatto silenzio.

IL SISTEMA DI CONTROLLO DEI LOCALI A gestire la rete era Domenico Nucera, conosciuto da tutti come Mimmone, che ai lidi gestiva l’ordine secondo le regole dei clan. Ascoltandolo, gli investigatori hanno scoperto gli interessi degli arcoti in centro città e i sistemi utilizzati per proteggerli. La security dei Condello – è emerso nel corso di diverse perquisizioni – era armata anche di mazze ferrate, tirapugni e coltelli. Ma non si occupava solo di “ordine pubblico” nei locali. Anche lo spaccio.

SERVIZIO COCA Nei lidi su cui “vigilavano”, i buttafuori avevano anche la facoltà di far girare la cocaina degli arcoti. «Abbiamo scoperto il sistema di controllo dei locali notturni in città – afferma con soddisfazione il Questore, Raffaele Grassi – e dato un segnale importante ai gestori e alla città, che quest’anno potrà trascorrere un’estate più serena». 

LE REGOLE DEI CLAN  Ma “il servizio d’ordine dei Condello” non veniva imposto solo su lidi e locali. Anche fuori. A farne le spese è stato un ventottenne di Gallico, che dopo una serata passata al Niù ha pagato con un pestaggio e una gambizzazione gli screzi avuti poco prima al lido. All’epoca, nessuno ha visto nulla, nessuno ha sentito nulla, nessuno ha saputo dire. È toccato agli uomini della Squadra mobile ricostruire con pazienza il quadro. Ad occuparsi di “punire” chi aveva osato turbare la serata, ci ha pensato la squadra di buttafuori «che è riduttivo definire picchiatori – dice il capo della Squadra Mobile, Francesco Rattà – sono sodali dei Condello, che attraverso di loro avevano messo le mani sui locali notturni». Ma l’indagine potrebbe non essere finita qui. «Oggi abbiamo eseguito una serie di provvedimenti urgenti – spiega il procuratore Cafiero de Raho – ma indagini e approfondimenti sono in corso». 

IL FORTINO ARGHILLÀ Al servizio del medesimo clan – è emerso dall’indagine – c’erano anche uomini della comunità rom di Arghillà. Per “gli arcoti”, gli uomini di Cocò Morelli facevano gli armieri, spacciavano cocaina e marijuaha, forse sparavano su commissione. «Gente pericolosa, che spara» si dice in quella che è considerata la “loro” zona. «Questa mattina ad Arghillà sono intervenuti in duecento fra uomini dell’Arma e della Polizia di Stato perché siamo consapevoli che si tratta di una zona calda», spiega il comandante provinciale dei carabinieri, Giancarlo Scafuri.

I CAVALLI DELLE ‘NDRINE Violenze, raid e spaccio non erano però l’unica attività del branco. L’inchiesta ha fatto emergere anche un giro di corse clandestine di cavalli. Animali da competizione, tutti dopati, venivano fatti correre la domenica mattina all’alba sulla strada a scorrimento veloce Gallico- Gambarie, scortati da un corteo di moto che apriva loro la strada e si preoccupava che nessuno interrompesse la corsa dei destrieri.

AL TROTTO IN CITTÀ Allenamenti e passeggiate si svolgevano invece sulle strade cittadine, dove non era difficile in crociare splendidi puledri che trottavano con agganciato un calessino. Un’attività – e un business legato a un giro di scommesse clandestine – tradizionale per i clan della città e non solo, che alle imprese drogate dei loro cavalli hanno storicamente affidato l’affermazione di un prestigio criminale che a nessuno permettono di ignorare. Pena, una scia di violenza feroce e gratuita. 

 Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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