Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 14:24
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

Sigilli ai beni di un imprenditore dei clan – VIDEO

REGGIO CALABRIA «Le operazioni non finiscono quando si fanno gli arresti Per noi, il lavoro inizia lì, andiamo a cercare il malloppo. E quasi sempre lo troviamo». Parola del comandante regionale dell…

Pubblicato il: 12/05/2017 – 5:50
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Sigilli ai beni di un imprenditore dei clan – VIDEO

REGGIO CALABRIA «Le operazioni non finiscono quando si fanno gli arresti Per noi, il lavoro inizia lì, andiamo a cercare il malloppo. E quasi sempre lo troviamo». Parola del comandante regionale della Guardia di Finanza, il generale Miglioli, confermate dal sequestro di beni per oltre 28 milioni di euro eseguito oggi dai militari del Comando provinciale della Gdf di Reggio, del Nucleo speciale Polizia valutaria e dello Scico nei confronti dell’imprenditore.

BILANCIO DI “GUERRA” L’ennesima battaglia (vittoriosa) da registrare nel corso di una guerra che solo nella piana di Gioia Tauro ha inflitto ai clan perdite per quasi 650 milioni di euro, tutti sottratti ad affiliati o imprenditori vicini ai clan e restituiti allo Stato «per dare alla gente – spiega il militare – la possibilità di scegliere». Un bilancio cui sono da aggiungere i 28milioni di Restuccia, messi oggi sotto sigilli.

L’IMPRENDITORE DEI CLAN Noto imprenditore, uscito indenne da diverse indagini che ne hanno messo in luce i comportamenti più o meno ambigui e le frequentazioni più o meno imbarazzanti, Restuccia è stato “incastrato” – quanto meno a livello patrimoniale – grazie alla minuziosa ricostruzione della Guardia di Finanza. Mettendo insieme gli elementi emersi in inchieste come “Bucefalo”, “Mediterraneo” e “Tirreno”, tutte coordinate dal pm Roberto Di Palma, i militari hanno ricostruito il profilo di un vero e proprio imprenditore di mafia, che solo grazie al rapporto con importanti clan come i Piromalli di Gioia Tauro e i Mancuso di Limbadi è riuscito a prosperare. In cambio, non avrebbe esitato a fare da bancomat per la ‘ndrangheta.

MUTUO SCAMBIO «Le indagini, corroborate dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori e testimoni di giustizia – spiega il procuratore capo Federico Cafiero de Raho – hanno permesso di appurare come Restuccia non solo conoscesse da tempo i vertici della cosca “Mancuso”, ma li frequentasse e si rapportasse con loro, attraverso un rapporto duraturo e vincolante». Stessa cosa avveniva con i Piromalli ed identica era la natura del rapporto: lo scambio. «Angelo Restuccia – afferma il procuratore aggiunto Gaetano Paci, coordinatore della sezione che in Dda si occupa di misure di prevenzione – veniva non a caso definito “u patri nostru” da importanti esponenti dei clan. L’organizzazione mafiosa sapeva di poter sempre contare con una riserva di liquidità costantemente disponibile».

E I CONTROLLORI? Un dato confermato – sottolineano i finanzieri – anche dall’enorme quantità di liquidi rinvenuta questa mattina nel corso delle perquisizioni. Fra casa e uffici di Restuccia, sono stati trovati oltre 50 mila in contanti. Al riguardo, dice il comandante del nucleo tributario di Roma, Giovanni Padula, «qual è l’apporto di banche e liberi professionisti del settore nella lotta al riciclaggio? Questo è un punto critico perché l’apporto informativo continua ad essere estremamente scarso». Ed è un problema soprattutto in Calabria che, indagine dopo indagine, si dimostra – afferma – «territorio inquinato».

PROBLEMA LIQUIDITA’ Una triste caratteristica – aggiunge al riguardo il comandante provinciale Alessandro Barbera, di recente diventato generale – che sposta il piano della sfida soprattutto sull’aggressione patrimoniale. «Non basta tagliare, bisogna estirpare – evidenzia – Oggi il criminale di spessore è formalmente nullatenente, perché sono tutti quelli, spesso insospettabili, che lo circondano a gestire la sua liquidità». Per il procuratore Cafiero de Raho «I professionisti continuano ad essere elementi significativi del meccanismo con cui la ‘ndrangheta si muove in campo economico».

SPEREQUAZIONE INSPIEGABILE Uomini – spiegano gli investigatori – come Angelo Restuccia. Analizzando patrimonio e disponibilità finanziarie di cui lui e i suoi familiari hanno disposto tra il 1985 e il 2017, è stata accertata una clamorosa sproporzione tra il profilo reddituale e quello patrimoniale. Un dato che, unito agli elementi investigativi che lo indicano come imprenditore vicino ai clan, hanno indotto inquirenti e investigatori a sostenere che il patrimonio accumulato altro non sia che il frutto o il reimpiego dei proventi di attività illecite.

I BENI SEQUESTRATI Una conclusione condivisa dalla sezione Misure di prevenzione del Tribuna di Reggio Calabria, che per questo ha ordinato il sequestro dell’intero patrimonio aziendale di 4 imprese e delle rispettive quote societarie, di 27 immobili, fra cui un appartamento di lusso nella centralissima via del Babuino a Roma, e di svariati rapporti finanziari e assicurativi.

LE ATTIVITA’ DI RESTUCCIA Una delle ditte, La Restuccia costruzioni S.p.a., interamente riconducibile a Angelo Restuccia, ha realizzato una consistente parte dei lavori edili del centro commerciale Annunziata S.r.l., finito al centro dell’indagine che ha portato dietro le sbarre il suo omonimo patron, come di altre megaopere nella Piana di Gioia Tauro. In passato invece, soprattutto nel vibonese, il noto imprenditore si era occupato per lo più di edilizia pubblica, per conto del Comune di Vibo e delle Asp di Vibo e Catanzaro.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it