JONNY | «Il prete riciclava soldi in Svizzera»
CATANZARO «Il prete» di Isola Capo Rizzuto era potentissimo. Gestiva la Misericordia, con il suo giro di cifre a sei zeri. Si occupava della squadra di calcio, e di recuperare sponsorizzazioni che –…

CATANZARO «Il prete» di Isola Capo Rizzuto era potentissimo. Gestiva la Misericordia, con il suo giro di cifre a sei zeri. Si occupava della squadra di calcio, e di recuperare sponsorizzazioni che – secondo i pentiti – erano estorsioni mascherate. Avrebbe addirittura riciclato denaro in Svizzera grazie a suo fratello. Voleva sapere tutto, don Edoardo Scordio. Era forte il sentore che gli inquirenti indagassero sul sistema che aveva messo in piedi. Eppure lui, il parroco di Maria Assunta ad Nives, non compare in alcuna intercettazione. Anche se di quelle captazioni era a conoscenza; alcune le avrebbe addirittura lette. Lo ha scoperto il Ros dei carabinieri che ascoltava gli indagati all’interno di una barberia. È lì che «il prete» avrebbe ricevuto «da parte di sicuri “infedeli” operatori di Polizia giudiziaria l’informazione che il locale era monitorato». E avrebbe «addirittura preteso, da parte di qualche carabiniere, l’ostensione delle registrazioni per catechizzare i dipendenti e/o i collaboratori della Misericordia che sparlavano di lui». Don Scordio si muoveva in paese come uno Spirito santo che tutto conosce. E molto vuole tenere per sé: gli inquirenti, che hanno monitorato i versamenti a favore della parrocchia annotano «fra le erogazioni più ingiustificate (…) una serie di note di debito (…) pagate da Misericordia fino alla concorrenza di 132.665 euro per non meglio chiarita assistenza spirituale». Sono cari i costi di preghiere e ispirazioni.
L’ascesa del denaro in Svizzera, invece, è una deduzione del pentito Giuseppe Giglio. Ma, secondo i pm di Catanzaro, è «testimoniata e corroborata» da un’intercettazione che risale al lontano 2005. In quel caso, la moglie di un uomo considerato un professionista al servizio del clan Arena segnala Scordio come un «imprenditore mafioso» e offre un parziale riscontro alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia. «Lui è un imprenditore, non è un prete – spiega –. (…) Lui ha un fratello in Svizzera, che tutti i soldi li manda là da Isola».
Il coro dei pentiti è unanime: il religioso è il vero gestore della Misericordia. Lo dice anche Santo Mirarchi. Secondo le sue rivelazioni, il sacerdote sarebbe stato utilizzato « per contattare una serie di imprenditori, costretti a pagare l’estorsione alla criminalità organizzata isolitana, anche sotto forma di sponsorizzazione alla squadra di calcio di Isola Capo Rizzuto, gestita occultamente dallo stesso sacerdote». E poi ci sono i contatti con i carabinieri, che gli avrebbero «fatto ascoltare alcune conversazioni in cui si sparlava di lui». La sua reazione – cioè i severi rimbrotti nei confronti degli intercettati – secondo i magistrati è «da vero ‘ndranghetista». Sono le parole degli ‘ndranghetisti che hanno saltato il fosso a mettere nei guai il prete. Giglio racconta agli inquirenti che «l’affare relativo alla gestione del campo profughi era stato suggerito ai fratelli Pino e Pasquale Arena, da Edoardo Scordio». Francesco Oliverio, colaboratore che ha svelato i segreti delle ‘ndrine in Sila, conferma. E spiega che «Scordio era stato il tramite fra gli Arena e Leonardo Sacco, nel senso che era stato proprio don Edoardo a proporre agli Arena il nome dell’imprenditore come gestore della Misericordia». Vincenzo Marino, ex boss della cosca Vrenna-Bonaventura, riconosce il sacerdote in una foto e lo addita «come colui il quale gestiva il campo profughi, quale intraneo alla famiglia Arena, per conto della quale addirittura custodiva stupefacente proveniente dalla cosca Aquino del Reggino». Ma è, ancora, Santo Mirarchi a offrire elementi di accusa contro don Scordio. Parla dei suoi incontri con un membro del clan, Paolo Lentini, che «qualificava don Edoardo come “un uomo nostro”». E di quella volta che avrebbe visto il parroco consegnare a Lentini una busta con 20mila euro nei pressi di alcuni campi da calcio. Denaro che sarebbe servito al presunto ‘ndranghetista per pagare spese legali.
Ma è (anche) pescando nel passato del parroco che la Dda trova elementi utili a supportare la propria tesi, e cioè che ci si trova davanti a un religioso anomalo. È seguendo i soldi che fluiscono dalla cosca Arena a Francesco Anselmo Cavarretta, un intermediario finanziario legato al clan, che gli investigatori si imbattono in una serie di assegni circolari che arrivano da don Edoardo e poi vengono girati su conti corretti intestati a una società, allo stesso Cavarretta e al proprio suocero. Sono 10 assegni da 10mila euro ciascuno, «richiesti in data 3 maggio 2005 dal rappresentante legale della “Parrocchia dell’Assunta ad Nives”, don Edoardo Scordio», attraverso l’addebito sul contocorrente della parrocchia. In tutto fanno 100mila euro di transazioni tra parrocchia e Misericordia, «con gravissime violazioni alla normativa antiriciclaggio». Disinvolto, spregiudicato, capace di far girare centinaia di migliaia di euro. Sembra la descrizione di un imprenditore scafato. E invece è «il prete» di Isola. Quello che vendeva l’assistenza spirituale alla modica cifra di 132mila euro. Amen.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it