REGGIO CALABRIA Una commissione d’inchiesta che indaghi su cosa sta realmente succedendo all’interno dell’Azienda sanitaria di Cosenza. È la richiesta formale avanzata oggi, durante la seduta della commissione Sanità, dal capogruppo dei Democratici progressisti in consiglio regionale Giuseppe Giudiceandrea. «È questa la strada da perseguire – spiega l’esponente della maggioranza – preso atto delle gravi situazioni denunciate dal dottore Raffaele Mauro (dg dell’Asp, ndr), in ordine alle ingerenze dell’ufficio del commissario della Sanità sulle scelte politiche e sui rallentamenti e criticità non risolte, compresa la presentazione dell’atto aziendale, che ancora ad oggi, dopo un anno e mezzo dall’insediamento del direttore Mauro, solo a Cosenza non vede la luce. La commissione d’inchiesta dovrà eliminare ogni dubbio sulle responsabilità che ricadono, inevitabilmente, sulla salute dei calabresi».
Che l’Asp di Cosenza fosse nel mirino anche di segmenti del centrosinistra non era una cosa nuova. La novità riguardano semmai le prese di posizioni in una sede ufficiale come quella della commissione Sanità. C’era molta attesa, infatti, per l’audizione del manager – più volte rimandata nel corso degli ultimi mesi – finito più volte al centro dell’attenzione dei media per via di alcune scelte discutibili.
Dunque, non solo l’iniziativa di Giudiceandrea. Ma anche quella di Carlo Guccione, a capo della fronda interna al governatore Mario Oliverio, che ha chiesto l’accesso agli atti dell’Asp attraverso un servizio ispettivo della commissione di Vigilanza. In ogni caso, la commissione d’inchiesta – se la richiesta di Giudiceandrea dovesse raccogliere parere favorevole in Aula – «dovrà ascoltare il commissario Scura, il dg Mauro, i rappresentanti parlamentari della provincia di Cosenza, onde dipanare – annuncia il capogruppo dei Dp – in via definitiva ogni questione, portare chiarezza, stigmatizzare le responsabilità e contribuire a dipanare in brevissimo tempo i problemi della sanità cosentina, nel solo interesse dei cittadini calabresi che adesso, davvero, non ne possono più».
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