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Ecco chi ha affondato Villa Aurora
REGGIO CALABRIA Ci sono quattro indagati per la torbida acquisizione e la disastrosa gestione della casa di cura Villa Aurora. Si tratta di Giorgio Rea, prima socio della Gruppo Sant’Alessandro, dall…
Pubblicato il: 31/05/2017 – 21:35
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REGGIO CALABRIA Ci sono quattro indagati per la torbida acquisizione e la disastrosa gestione della casa di cura Villa Aurora. Si tratta di Giorgio Rea, prima socio della Gruppo Sant’Alessandro, dall’ottobre scorso unico titolare del 95% clinica, il suo ex socio A. C., e degli amministratori Domenico Mangiapelo e Francesco Margiotta. Per la procura, sono loro – a vario titolo – i responsabili del rapido naufragio di Villa Aurora, scoperchiato anche grazie alle denunce della socia di minoranza, Adele Briatico e dell’ex socio di Rea nella Gruppo Sant’Alessandro.
LE ACCUSE Per gli inquirenti, i quattro indagati hanno a vario titolo partecipato ad un’operazione di acquisizione in realtà destinata solo a spogliare la clinica. Una manovra in cui ognuno ha avuto un ruolo e un peso diverso, come emerge dai capi di imputazione. Le contestazioni più gravi vengono mosse a Giorgio Rea, accusato di truffa aggravata, concorso in appropriazione indebita e false comunicazioni sociali, mentre diversa appare la posizione dell’ex socio, accusato solo di concorso in appropriazione indebita. Pesanti anche le accuse mosse agli amministratori, entrambi indagati per appropriazione indebita, cui si aggiunge, per il solo Mangiapelo, la contestazione di false comunicazioni sociali.
REGIA Traduzione, secondo il pm Massimo Baraldo, che insieme al procuratore Gerardo Dominijanni ha coordinato l’indagine, il motore dell’intera operazione ha un nome, Giorgio Rea. Ex socio al 50% della Gruppo Sant’Alessandro e per lungo tempo presidente del cda, è l’unico accusato di truffa aggravata nei confronti degli antichi proprietari di Villa Aurora. Con «artifizi e raggiri», Rea avrebbe infatti simulato una capacità economica in realtà del tutto inesistente, ma sufficientemente credibile da convincere gli ex proprietari a cedere alla Gsa la maggioranza della clinica.
LE PRIME ANOMALIE Un’acquisizione che per la procura «presenta già ad un primo esame elementi di anomalia». La Gruppo Sant’Alessandro è stata infatti costituita solo pochi mesi prima dell’acquisto delle quote di Villa Aurora, per di più con un capitale di 120mila euro, di cui solo 30mila effettivamente versati. Eppure – sottolineano gli investigatori – ha acquistato una società del valore ben più cospicuo.
ALLARMI A VUOTO Campanelli d’allarme che forse avrebbero dovuto mettere sull’avviso gli ex proprietari, cha invece hanno accettato la transazione, forse rassicurati dalla fidejussione con la Lombard Merchant Bank, sottoscritta a garanzia del pagamento rateale delle quote. Invano. Poco dopo la fiduciaria è stata dichiarata fallita e – al di là della quota iniziale di 598.500 euro – i vecchi soci sono rimasti a bocca asciutta. Una truffa in piena regola per gli inquirenti, di cui Rea, amministratore e legale rappresentante della Gsa ai tempi dell’operazione, è chiamato a rispondere.
TRUFFATO O TRUFFATORE? E il suo ex socio? La sua posizione è più complessa. L’imprenditore, con Rea ha tagliato i ponti nell’autunno del 2016, estromettendo il socio dalla Gruppo Sant’Alessandro e lasciandogli l’intero pacchetto azionario di Villa Aurora. Ma non gratis. Almeno sulla carta, Rea ha comprato le quote per circa 1,4 milioni di euro, anche in questo caso in realtà mai versati. Per questo, nel corso dell’ultimo anno, persino prima di Briatico, A.C. ha denunciato in sede penale e civile l’ex socio, arrivando a chiedere persino il sequestro delle quote.
PROBLEMA FINANZIAMENTI Questo però per i magistrati non salva l’imprenditore. Il problema (per lui) è che nei primi mesi del 2016, dalle disastrate casse della clinica sono partiti 12 finanziamenti infragruppo con destinazione Gsa. A.C. sostiene di non averne mai saputo nulla e di aver scoperto la reale situazione contabile dell’azienda e l’esistenza di quei finanziamenti solo quando ha venduto le quote di Villa Aurora all’ex socio. A riprova della sua versione dei fatti, in allegato ad una delle denunce presentate nel corso dell’anno, ha depositato una lettera della Grs, con cui Rea si sarebbe assunto l’onere di ripianare il debito con la clinica.
LE ACCUSE «Appare pertanto improbabile – si legge infatti nelle carte – che A.C. non fosse a conoscenza dell’incapacità finanziaria del Rea». Inoltre, puntualizzano gli inquirenti, «quale amministratore del Gruppo Sant’Alessandro spa è il soggetto giuridicamente obbligato alla restituzione del finanziamento». Come a rispondere dell’accusa di appropriazione indebita per quei 12 finanziamenti infragruppo che hanno mandato a gambe all’aria Villa Aurora. È questa la contestazione che la procura muove a lui, come a Rea e agli amministratori. Tutti quanti sarebbero a vario titolo responsabili di aver avallato o disposto l’operazione o di non aver preteso la restituzione di quel denaro. Per quanto riguarda gli amministratori però non si tratta dell’unica accusa.
GIUSTIFICAZIONI A POSTERIORI Nominato amministratore come uomo di fiducia di Rea, nel giugno del 2014 – dunque ancor prima che la Gsa acquisisse le quote di Villa Aurora – secondo gli inquirenti per lungo tempo Mangiapelo avrebbe collaborato alla gestione (illecita) della clinica. È stato lui a firmare le varie delibere che hanno autorizzato i 12 finanziamenti infragruppo, nonostante il profondo stato di crisi economica dell’epoca la clinica, legittimandole – «in modo postumo» dicono i magistrati – con un’opportuna modifica dello statuto.
DEBITI DOUBLE FACE Al collegio sindacale e alla socia di minoranza, che inutilmente hanno chiesto spiegazioni al riguardo, Mangiapelo si è limitato a dire che «i finanziamenti sono stati eseguiti su richiesta del socio di maggioranza al fine di porre rimedio ad esigenze di liquidità dell’allora Gruppo Sant’Alessandro spa». In bilancio invece, quel debito si è trasformato in un «credito verso controllante». Peccato che nel frattempo la controllante fosse cambiata e nessuno abbia mai neanche iniziato a far tornare quei soldi in cassa. Una manovra spericolata costata a Rea e Mangiapelo l’accusa di false scritture contabili. Un parente povero del reato di falso in bilancio, stravolto dalle ultime evoluzioni legislative.
IL NODO BILANCIO Ma non è tutto. Quando il collegio sindacale ha iniziato a segnalare con allarme la voragine finanziaria che si stava aprendo nei conti della clinica, sottolineando che «la perdita abbatte ulteriormente il capitale sociale portandolo al di sotto del limite legale», Mangiapelo si è limitato ad annotarlo nella relazione di bilancio, ignorando le indicazioni dell’organismo di controllo. Non si è allarmato neanche Rea, nel frattempo convertitosi nel proprietario della maggioranza delle quote. Anzi. A dispetto del no della socia di minoranza e dei dubbi del collegio sindacale, limprenditore ha approvato il bilancio a maggioranz
a. Motivo sufficiente per la dottoressa Briatico – proprietaria del 5% delle quote di Villa Aurora – per presentarsi in procura per la prima di molte denunce. Il titolare della Grs invece si è limitato a far sparire Mangiapelo.
GIOCHI (DI PRESTIGIO) SOCIETARI Al suo posto, nel dicembre 2016 arriva il giovane Francesco Margiotta ma a Villa Aurora non cambia l’andazzo. Anzi, se possibile peggiora. L’azienda continua a depauperarsi e ad accumulare perdite su perdite, i dipendenti collezionano stipendi arretrati e anche i contributi non vengono versati. La voragine che nell’anno precedente aveva inghiottito l’intero capitale sociale si allarga. Invece di colmarla, ci si limita (tentare di) occultarla con un gioco di prestigio (societario). Villa Aurora spa diventa Villa Aurora srl, con capitale sociale di soli 10mila euro. E senza ripianare le perdite in precedenza accumulate. Nessun trucco però può farle sparire. Anche se il neo- amministratore dell’epoca ci prova.
POSTE CREATIVE Lo denuncia direttamente in procura la presidente del collegio sindacale, Anna Turchetta, secondo la quale nel bilancio provvisorio del 2016 sarebbe stata riportata una perdita nettamente inferiore a quella reale, cancellando una posta di quasi 2 milioni di euro iscritta al passivo relativa al fondo “rischi e oneri”. Un dato confermato da un’altra denuncia, presentata della commercialista Cristina Bucca, assunta da Margiotta per tenere la contabilità e defenestrata dopo essersi rifiutata di avallare l’operazione.
VENDITA IMPOSSIBILE Metodi grossolani, come quello usato per inscenare l’ultimo atto della Grs a Villa Aurora. Tre giorni dopo l’arrivo in clinica di un avviso di pignoramento spedito da A.C. all’indirizzo del suo ex socio Rea, quest’ultimo vende le proprie quote di Villa Aurora a Marco Petricca, suo storico collaboratore. Per i magistrati, si tratta di una manovra finalizzata a «trasferire velocemente la partecipazione in Villa Aurora al fine di ritardarne il fallimento e di mantenere il controllo indiretto tramite una persona di fiducia. Appare infatti del tutto anomalo che una persona che non risiede nel territorio di Reggio Calabria acquisti una società srl (gerente una casa di cura) con un capitale di 10mila euro e notevole esposizione debitoria, in tempi così rapidi e con modalità così ambigue».
IL VERO BOTTINO Ma questo non è che l’ultimo di una serie di atti da cui – sostengono inquirenti e investigatori – «emerge che sin dall’origine, alla base dell’acquisizione del pacchetto azionario di Villa Aurora non vi fosse una reale finalità economica, quale quella di risanare e sviluppare l’azienda secondo un preciso piano industriale – commerciale, bensì esclusivamente la finalità di depauperare il patrimonio della stessa attraverso la spoliazione delle sue attività». Anche perché, fra le prime mosse della Gruppo Sant’Alessandro a Villa Aurora, c’è stato il tentativo di ottenere dall’Asp un doppio pagamento per la medesima fattura. E il conto presentato era di oltre 6 milioni di euro. Circostanze oggetto di un altro procedimento, ma che per il pm Baraldo possono aiutare il giudice ad inquadrare la questione. Che è grave e seria.
MISURE URGENTI «Le spericolate manovre societarie alle quali abbiamo sinora assistito – sintetizza il pm – e l’alterazione dei dati di bilancio più volte denunciati, costituiscono la premessa per la reiterazione di una serie di reati (sottrazione di beni o risorse, falsità di bilancio e/o dei dati contabili, omesso pagamento di imposte e contributi)». Tutti elementi che hanno spinto la procura a disporre – l’immediato sequestro delle quote insieme a quello dell’immobile. «Si ritiene – sottolinea il pm Baraldo – che ci siano ragioni d’urgenza che non consentono di attendere i tempi di una richiesta in via ordinaria, dato il succedersi di continui eventi che incidono sulla compagine sociale, e di riflesso, sulla gestione della stessa».
Alessia Candito a.candito@corrierecal.it
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