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Senza voto disgiunto il Tedeschellum è a rischio incostituzionalità

Il cancellierato tedesco poteva costituire un valido modello di riferimento nel recente tentativo di revisione costituzionale. Così non è stato perché quella forma di governo tanto stabile ed effic…

Pubblicato il: 06/06/2017 – 6:15
Senza voto disgiunto il Tedeschellum è a rischio incostituzionalità

Il cancellierato tedesco poteva costituire un valido modello di riferimento nel recente tentativo di revisione costituzionale. Così non è stato perché quella forma di governo tanto stabile ed efficace nel suo indirizzo politico non era riuscita a convincere della sua bontà i redattori di quella sfortunata riforma costituzionale. Quando invece si riflette alla legge elettorale, il marketing tedesco sembra aver venduto molto bene. Nello scenario segnato dagli effetti dirompenti soprattutto per il partito di maggioranza relativa che aveva scommesso le proprie sorti future (e quelle del suo capo) sull’approvazione dell’Italicum e della riforma costituzionale, la legge elettorale tedesca, pertanto, ha goduto di un ottimo marketing ai fini della predisposizione della bozza della nuova legge elettorale da parte dei quattro partiti più votati del Paese (Pd, Fi, Movimento 5 Stelle, Lega/Fratelli d’Italia). Ma si è trattato solo di fumo negli occhi. La legge elettorale italiana in preparazione, tranne che per lo sbarramento del 5%, ha poco a che fare con la influenza della legge elettorale tedesca.
A parte lo snodo fondamentale costituito dalle previsioni costituzionali sulla forma di governo e quelle sul regime costituzionale dei partiti (art. 21 LFB), se si vuole cogliere la struttura di fondo della legge elettorale tedesca, occorre ricordarne alcune fondamentali caratteristiche. A partire dalla considerazione che l’elettore dispone di due voti. Con il primo di essi vota, a scrutinio uninominale, per l’elezione del 50% dei deputati, in altrettante circoscrizioni elettorali. Con il secondo voto, l’elettore vota la seconda metà dei deputati, con sistema proporzionale, in base allo scrutinio di lista, secondo i voti riportati in ogni singolo Land dalle liste dei singoli partiti. Il riparto dei seggi avviene, con l’applicazione del metodo d’Hondt, fra le diverse liste di partiti in competizione, in proporzione ai voti riportati dalle singole forze politiche a livello nazionale, che abbiano superato il 5% dei secondi voti in tutto il territorio della Federazione (ovvero che siano riusciti a conseguire almeno tre mandati diretti). Se si fa eccezione per i partiti che non superano lo sbarramento del 5% (ovvero che, qualora ottengano meno del 5%, abbiano vinto almeno in 3 collegi uninominali), pertanto, tale sistema elettorale opera come un sistema proporzionale puro.
Diversamente, allo stato, si prevede fin qui nella bozza di legge elettorale. Tale bozza sulla quale hanno convenuto le quattro forze politiche più votate del Paese si differenzia fortemente dalla legge tedesca in ragione degli effetti dell’attribuzione all’elettore di due voti, e non di uno soltanto, come si prevede al contrario nella bozza italiana. Modalità – quest’ultima – di non insignificante rilievo nell’ottica della stessa dubbiosità costituzionale che una simile modalità di assegnazione dei seggi sulla base del voto espresso possa costituire un vulnus al principio della natura personale e diretta del voto, sancita nell’art. 48 Costituzione Né, d’altra parte, potrebbe pensarsi che un simile dubbio non abbia attraversato le aule parlamentari che, a partire dagli scranni più alti, non hanno certo omesso di evidenziarlo nei loro interventi. L’esito, invero, di quella sottolineatura problematica non è stato del tutto vano quando si rifletta alle (sicuramente importanti) modifiche dell’ultima ora, con riguardo in particolare al superamento della previsione sui capilista bloccati nell’assegnazione dei seggi e al superamento del meccanismo delle pluricandidature, la cui natura di (discutibile) meccanismo di protezione degli eligendi è quanto mai evidente (ma che è anche fortemente invisa all’interno delle stesse forze politiche, per ragioni più che comprensibili). Nell’ottica di tali importanti modifiche, l’emendamento dell’ultima ora ha anche previsto una riduzione del numero dei collegi (da 303 a 225), avvalendosi per la relativa perimetrazione di quelli utilizzati per l’elezione del Senato con la legge Mattarella. La novità più significativa dell’ultima ora tuttavia ha avuto riguardo al capovolgimento del precedente criterio previsto per l’assegnazione dei seggi, che ora (più correttamente dal punto di vista costituzionale) prevede, in ciascuna circoscrizione, l’assegnazione dei seggi partendo dal vincitore del seggio nel collegio uninominale e soltanto in seguito passando ai componenti le liste bloccate (da un minimo di  due ad un massimo di sei).
Ne risulta pertanto che diversi limiti sono stati indubbiamente superati rispetto alle prime formulazioni delle bozze presentate in commissione Affari costituzionali, rimanendo la sola previsione sul voto disgiunto prevista nel sistema tedesco ma il cui emendamento volto a inserirlo nel testo della futura legge è stato decisamente respinto dai “quattro partiti dell’accordo”, che evidentemente hanno assunto una simile richiesta emendativa come incompatibile rispetto alle loro strategie politiche future. Se tale vincolo non sarà rimosso nel seguito del dibattito alla Camera o al Senato, sarà pressocché inevitabile che anche la terza formulazione recente della legge elettorale possa incorrere nel sospetto di illegittimità costituzionale, per violazione degli articoli 48  (voto personale) e 56-58 Costituzione (voto diretto). Un simile convincimento è argomentato anche dall’avvocato Besostri che ha sollevato con successo le questioni di costituzionalità contro l’Italicum, e che sospetta della illegittimità costituzionale delle stesse previsioni della bozza di legge che prevedono un onere eccessivo di sottoscrizioni per le liste dei candidati e l’esenzione dei partiti già presenti in Parlamento
È difficile scommettere che la bozza non conoscerà altre modifiche e che pertanto l’accordo convenuto resista anche rispetto ai dubbi sollevati da più parti. I limiti del progetto di legge in itinere tuttora aperti riguardano indubbiamente il rifiuto di adottare, come avviene in Germania, il voto disgiunto e il rifiuto (quest’ultimo probabilmente cadrà nel dibattito parlamentare) di procedere al ridisegno della mappa dei collegi che rimane ancora fermo al 1991. A questi limiti formali occorrerà aggiungere quelli sostanziali costituiti dalla tetragona volontà delle quattro forze politiche che hanno stipulato l’accordo di porre in questione la ratio politica delle liste bloccate e con essa il superamento della obiezione sul “Parlamento dei nominati”. Questo era e rimane uno delle principali sospetti giuridici e politici nei confronti della bozza di legge elettorale. Combinando gli esiti dell’aggiudicazione dei seggi nel collegio uninominale e quelli delle liste bloccate nella quota proporzionale l’esito è quanto mai chiaro ed è il pieno controllo degli eletti da parte dei quattro partiti politici che si contenderanno i seggi in palio. Almeno questa è l’ipotesi attesa dalle medesime forze politiche che in queste ore tendono solo a interrogare gli esperti di sondaggi e molto poco politologi, sociologi e giuristi. Pochi in verità si chiedono quale sarà il comportamento elettorale di quella rilevante quota di cittadini che da tempo si astengono dal voto. Una quantità di cittadini che si è fin qui addensata nelle pieghe del Paese e che pare alla ricerca di una idea un po’ più precisa se si trovi di fronte ad un sistema definitivamente chiuso e pertanto del tutto disinteressato alla sua opinione e alla sua domanda rappresentativa o se al contrario si trovi ancora nelle condizioni di esprimere un possibile “voto utile”.

*Costituzonalista

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