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MANDAMENTO | I clan padroni dei cantieri – VIDEO INTERCETTAZIONI

REGGIO CALABRIA Ben 291 indagati per un totale di 140 capi di imputazione contestati.  Non si è ancora conclusa l’operazione “Mandamento”, che questa notte ha portato in carcere 116 persone indagate…

Pubblicato il: 04/07/2017 – 10:12
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MANDAMENTO | I clan padroni dei cantieri – VIDEO INTERCETTAZIONI

REGGIO CALABRIA Ben 291 indagati per un totale di 140 capi di imputazione contestati.  Non si è ancora conclusa l’operazione “Mandamento”, che questa notte ha portato in carcere 116 persone indagate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, turbativa d’asta, illecita concorrenza con violenza e minaccia, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, truffa e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e numerosi altri delitti, tutti aggravati dalle finalità mafiose. 
In queste ore, oltre mille carabinieri del Ros, del Comando provinciale di Reggio Calabria, degli Squadroni eliportati Cacciatori di Calabria, Sicilia e Sardegna e del Battaglione Calabria stanno procedendo a perquisizioni e sequestri in tutti i principali centri della Locride: Roghudi, Condofuri, San Lorenzo, Bova, Melito Porto Salvo, Palizzi, San Luca, Bovalino, Africo, Ferruzzano, Bianco, Ardore, Platì, Cirella di Platì, Careri, Natile di Careri, Portigliola, Sant’Ilario. È il cosiddetto “mandamento jonico” della provincia reggina, zona fisica e simbolica dove i clan sarebbero riusciti a controllare da vicino vita pubblica e appalti milionari. “Mandamento” racchiude i risultati investigativi inclusi in altre operazioni come “Reale”, “Edera”, “Intreccio” e “Arcadia”. Gli inquirenti ora ritengono di essere in possesso di uno spaccato completo delle dinamiche e delle alleanze che riguardano le principali cosche della Locride. Sono state infatti individuate le gerarchie e gli organigrammi di ogni “locale”, a partire dalla cosca Ficara-Latella, egemone nella zona Sud di Reggio Calabria, per proseguire lungo l’intera fascia jonica. Una radiografia capillare che ha permesso di identificare gli autori di estorsioni, truffe e danneggiamenti, nonché di monitorare le infiltrazioni negli appalti pubblici e nei lavori privati. L’indagine, soprattutto, ha consentito di definire ulteriormente il complesso sistema di regole e rituali della ‘ndrangheta, individuando nuove cariche, doti e “strutture sovraordinate” di cui l’organizzazione si era da ultimo dotata per migliorare la sua efficienza operativa. 

LE FAMIGLIE Un ruolo di primo piano, secondo la Dda di Reggio, continua a essere esercitato dalla famiglia Pelle-Gambazza, centrale non solo nel mandamento jonico ma in tutta l’organizzazione provinciale. Le intercettazioni dimostrano il collaudato sistema di estorsioni, basato sul 10% del valore delle opere, nonché le infiltrazioni negli appalti pubblici, tra cui quello relativo ai lavori della linea ferroviaria Sibari-Melito Porto Salvo nella tratta Condofuri-Monasterace, del valore di 500mila euro. Così come protagoniste assolute sono le cosche Cataldo e Cordì di Locri, capaci di raggiungere una pax dopo la faida sanguinosa degli anni 90 per riattivare il locale e rientrare nel cosiddetto consesso ‘ndranghetista, lì dove si prendono le decisioni che contano e che permettono di fare affari. Anche per questi due clan i core business restano le infiltrazioni negli appalti pubblici, tra cui quello per la realizzazione del nuovo palazzo di giustizia, dell’ostello della gioventù, del centro di solidarietà Santa Marta e di istituti scolastici.

GLI ORGANIGRAMMI Gli investigatori hanno tracciato la nuova geografia mafiosa in tutte le storiche piazze di ‘ndrangheta. Ad Africo, Platì, Natile di Careri, dove le cosche sono riuscite a turbare appalti pubblici dei Comuni e della Comunità montana Aspromonte orientale in favore di ditte “controllate”, secondo le logiche spartitorie dettate dagli equilibri mafiosi tra i Barbaro di Platì, i Ietto-Cua-Pipicella di Natile e i Pelle  di San Luca. E le infiltrazioni avrebbero riguardato anche i cantieri della Bovalino-Platì-Zillastro-Bagnara, appaltati dalla Provincia di Reggio Calabria e in gran parte eseguiti da imprese controllate dalle cosche.

IL CONSORZIO È COSA MIA Rosario Barbaro detto “Rosi”, ritenuto il capo locale di Platì, esercitava il suo controllo assoluto sugli operai del “Consorzio di bonifica dell’Alto Jonio Reggino”, i quali – spiega la Dda – venivano sistematicamente e indebitamente impiegati per eseguire lavori edili di manutenzione nelle sue proprietà, ma ufficialmente lavoravano per bonificare zone pubbliche. Per non parlare della indebita percezione di contributi comunitari destinati all’agricoltura, con tutta una serie di truffe ai danni dell’Inps commesse dai Perre-Barbaro nel periodo che va dal 2009 al 2013.

LA CORONA Ad Ardore, poi, era stata attivata una struttura intermedia, la “Corona”, con tanto di cariche singole, che aveva lo scopo di accrescere il prestigio dei 5 locali che la compongono.

E REGGIO? L’indagine ha riguardato da vicino anche la cosca Latella-Ficara di Reggio. Uno dei vertici, Francesco Pangallo, in particolare, avrebbe riferito sistematicamente a Giuseppe Pelle notizie coperte da segreto istruttorio, grazie alle soffiate della cosiddetta “antenna” dei clan, Giovanni Zumbo, all’epoca amministratore giudiziario del Tribunale di Reggio. E sempre Pangallo è sospettato di aver avuto un ruolo operativo nella vicenda dell’auto imbottita di armi ed esplosivo ritrovata dai carabinieri il 21 gennaio del 2010 lungo il tragitto che avrebbe dovuto seguire l’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it